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Un porto
sicuro
anticamera della morte
Il 28 luglio 1943,
quando il primo convoglio arrivò ai campi
di barbabietole, all'ingresso del Tunnel, non si
parlava ancora di infermeria. Erano stati
mandati soltanto dei detenuti di Buchenwald
ritenuti in buona salute e non era previsto che
potessero ammalarsi subito: ove, tuttavia, si
fosse verificata tale eventualità, le SS
avevano ordine di prendere in considerazione
soltanto i casi gravi, di segnalarli per posta e
di attendere la decisione. Naturalmente le SS
non scoprirono mai malattie gravi: tutti coloro
che sono stati militari capiranno
facilmente.
Quell'anno fece un
tempo da cani. Pioveva e pioveva. Ci si misero
di mezzo la polmonite e la pleurite, che ebbero
buon giuoco tra quegli uomini deboli,
maltrattati, che stavano bagnati per tutta la
giornata e che la sera, per giunta, dormivano
nelle umide anfrattuosità della roccia.
In capo ad otto giorni gli infelici erano
stroncati da ciò che alle SS sembrava una
febbricola che si era complicata verso la fine,
non sapevano bene perché. Il regolamento
prevedeva che non si era ammalati al di sotto di
39.5 di febbre, nel qual caso si poteva
beneficiare di uno Schonung o dispensa
dal lavoro: finché non si raggiungeva
questa temperatura si era costretti al lavoro e,
quando la si raggiungeva, era la
morte.
Venne ciò che
noi chiamavamo la dissenteria, ma che in
realtà non era altro che una diarrea
irrefrenabile. Un bel giorno, senza ragione
apparente, si era presi da disturbi gastrici,
che si trasformavano presto in una intolleranza
totale: il cibo (le rape cotte invariabilmente a
stufato, il pane di cattiva qualità) e le
intemperie (una pioggia o un colpo di freddo nel
corso della digestione). Nessun rimedio:
bisognava aspettare che il disturbo cessasse da
solo, e stando a digiuno. Così per otto,
dieci, quindici giorni, a seconda dello stato di
resistenza dell'ammalato che si indeboliva,
finiva per cadere, non aveva più la forza
di muoversi, nemmeno per i suoi bisogni; poi la
febbre connessa a queste condizioni lo portava
via. Questa malattia, per fortuna più
facilmente diagnosticabile della polmonite e
della pleurite, portò le SS a prendere
delle misure per fermarla con i mezzi a
disposizione: ordinarono la costruzione di un
Bud (1) dove i diarroici erano ammessi
con pezze giustificative e senza condizione di
temperatura, nella misura dei posti
disponibili.
Il Bud poteva contenere
una trentina di persone: presto vi furono
cinquanta, cento candidati e oltre, il loro
numero crescendo di continuo mano a mano che
arrivavano i nuovi convogli da Buchenwald e che
il campo si estendeva. Generalmente, i diarroici
vi erano mandati nell'ultima fase del male e ci
andavano a morire. Erano ammucchiati sul nudo
suolo, incastrati gli uni negli altri, facendosi
tutto addosso: era un'infezione. A tal punto
che, per scrupolo d'igiene, le SS incaricarono
la prima H-Fühurung di designare un Pfleger
o infermiere per disciplinare gli ammalati e
aiutarli a mantenersi puliti. Il posto fu
affidato a un verde -- naturalmente! --,
falegname di mestiere e condannato per omicidio:
fu una bella pensata!...
Per giorni interi si
faceva la fila all'ingresso del Bud: il Pfleger,
gummi in mano, calmava le impazienze. Ogni tanto
un cadavere veniva fatto uscire dal fetore e
liberava un posto che veniva preso d'assalto. Il
numero dei diarroici non faceva che aumentare:
le SS si accorsero che lo Pfleger non era
all'altezza del suo compito, ma questi le
convinse che il lavoro era troppo per lui solo;
allora gli venne aggiunto un aiuto, che
però le SS pretesero fosse del mestiere.
Il posto toccò a un medico olandese che
era stato fino ad allora impiegato al trasporto
di materiale dalla stazione al Tunnel. Da quel
momento in poi il Bud si umanizzò, il
Pfleger diventò Kapo, l'olandese
lavorò sotto i suoi ordini facendo
prodigi di diplomazia: riuscì a salvare
un diarroico del quale ebbe cura di nascondere
la guarigione per tenerselo vicino come
infermiere. Con dosi massicce di carbone
vegetale la diarrea fu arginata, le SS si
dichiararono soddisfatte, il Bud poté
servire ad altro: era nata la prima
infermeria.
L'olandese ottenne,
infatti, che, nella misura dei posti lasciati
disponibili dai diarroici, al Bud si curassero
le polmoniti e le pleuriti conclamate, a partire
dai 38 gradi di febbre: ma a prezzo di quali
discussioni col suo Kapo! Si mise perfino a
pretendere che, con un po' di carbone, fosse
possibile curare efficacemente le diarree senza
ricovero, se venivano prese in tempo, e che in
questo modo si poteva far posto agli affetti da
polmonite e da pleurite. Il duello fu omerico.
Un medico SS, che era stato assegnato al campo e
che era arrivato in novembre con l'inquadramento
di un convoglio, dopo essere rimasto a lungo
indifferente a questo conflitto, che lo
divertiva, finì col dare ragione
all'olandese: ebbe inizio la costruzione di un
Block, poiché il Bud era diventato presto
insufficiente.
Poi fu la volta delle
nefriti. La nefrite era organica alla vita del
campo: la sottoalimentazione, le soste in piedi
troppo prolungate, le conseguenze delle
intemperie, delle polmoniti, delle pleuriti, il
salgemma, il solo che esistesse in Germania, del
quale i cuochi facevano un uso esagerato e che
pare fosse nocivo perché non conteneva
iodio: Gli edèmi erano legione, tutti
avevano le gambe più o meno
gonfie.
-- Passa, si diceva,
è il sale.
E non ce se ne
preoccupava di più. Quando si trattava di
un normale edèma, accadeva che passasse!
Quando l'edèma era conseguenza della
nefrite, un bel giorno ce se ne andava in una
crisi di uremìa.
L'olandese ottenne che
anche i nefritici fossero ricoverati:
bisognò costruire un altro
Block.
Poi fu la volta dei
tubercolotici, e così di
seguito.
E così, il 1o
giugno 1944 l'infermeria comprende i Block 16,
17, 38, 39, 126, 127 e 128, raggruppati in cima
alla collina. Vi si possono ricoverare 1.500
ammalati in ragione di uno per letto, ossia un
decimo della popolazione del campo. Ogni Block
è diviso in sale dove sono riunite le
malattie affini.
Il Block 16 è il
centro amministrativo di tutto l'edificio.
L'olandese è stato promosso al grado di
medico-capo. Nel frattempo le SS hanno
rimpiazzato il Lagerältester verde con uno
rosso e nella H-Fühurung c'è stato
un gran scompiglio. Il Kapo dell'infermeria
è stato la prima vittima del nuovo
Lagerältester: si è combinato in
modo da sorprenderlo mentre stava rubando il
cibo dei suoi ammalati, per rappresaglia lo si
è mandato a Ellrich e rimpiazzato con
Pröll.
* *
*
Pröll è un
giovane tedesco di 27-28 anni. Nel 1934, si
proponeva di diventare un medico. Figlio di un
comunista e comunista lui stesso, fu arrestato
quando era ancora un fanciullo.Ha sulle spalle
dieci anni in campi diversi.
Inviato dapprima a
Dachau, fu unicamente grazie alla sua giovane
età che sopravvisse alle durezze del
campo nascente: generalmente né le SS
né i detenuti si accanivano sui
fanciulli, i primi per una specie di ritegno
davanti all'innocenza indubbia, i secondi per
una tenerezza particolare nutrita in loro dalla
speranza di vederli diventare dei finocchietti.
Grazie a questa doppia circostanza Pröll
riuscì ad infilarsi all'infermeria come
Pfleger, a restarci qualche anno e ad essere poi
mandato a Mauthausen con le stesse mansioni. La
H-Führung di Mauthausen se ne
sbarazzò a profitto di Auschwitz, che a
sua volta lo incluse nel primo convoglio in
partenza per Natzweiler. Fu a Natzweiler che
fece il soggiorno più lungo: vi fu Kapo
del Lagerkommando e aiutante del
Lagerältester. I detenuti, rari, è
vero, che l'avevano conosciuto in quel campo,
erano unanimi nel dichiarare che non avevano mai
visto un simile bruto. Una rivoluzione di
palazzo nella H-Führung di Natzweiler
determinò il suo invio a Buchenwald, da
dove fu spedito a Dora come uomo di fiducia dei
comunisti e Kapo
dell'infermeria.
A Dora Pröll si
comporta come tutti gli altri Kapo, né
meglio né peggio. Intelligente, organizza
l'infermeria uscita dall'apostolato
dell'olandese, il quale, nonostante tutto, lo
considera un aiuto prezioso perché
competente. Certo, non sempre obbedisce agli
imperativi morali della medicina: è
brutale e nella composizione dell'esercito di
Pfleger di cui ha bisogno per assicurare il
funzionamento del settore antepone le referenze
politiche a quelle professionali. E così
che il fabbro Heinz, che era comunista e che era
riuscito a infilarsi all'infermeria già
sotto il regno del Kapo verde, come
Oberpfleger, (2) ebbe sempre tutta la sua
fiducia contro il parere di tutti gli altri
medici. E così che a uno studente di
medicina le cui opinioni politiche sa non
combaciare con le sue preferisce sempre
qualsiasi aguzzino tedesco, ceco, russo o
polacco. Ha una grande ammirazione per i russi e
un debole per i cechi, i quali, ai suoi occhi,
erano stati abbandonati a Hitler dagli
anglosassoni e dai francesi, che disprezza. Ma
è un organizzatore di
prim'ordine.
In meno di un mese
l'infermeria è organizzata secondo i
principi dei grandi ospedali: al Block 16,
l'amministrazione, le entrate e le cure urgenti:
al 17 e al 39, la medicina generale, le nefriti
e le nevriti, al 38, la chirurgia; al 126, le
polmoniti e le pleuriti; al 127 e al 128, i
tubercolotici. In ogni Block, un medico
responsabile assistito da un Oberpfleger; in
ogni sala, un Pfleger per le cure e un
Kalifaktor per le varie corvées. Per gli
ammalati, solo letti a due piani, con
pagliericcio in trucioli di legno, lenzuoli e
coperte. Tre regimi alimentari:
l'Hauskost, o vitto simile sotto tutti
gli aspetti a quello del campo, per gli ammalati
il cui apparato digerente è sano; lo
Schleimkost, o zuppa magra di semola
(niente pane, niente margarina, niente
salsiccia), per quelli il cui stato richiede la
dieta; il Diätkost, che consiste
ogni giorno in due zuppe di cui una zuccherata,
pane bianco, margarina e marmellata, per quelli
che hanno bisogno di rinvigorirsi.
Non si può dire
di essere molto ben curati all'infermeria: la
SS-Führung concede soltanto pochissimi
medicinali e Pröll preleva sul contingente
tutto quello che è necessario alla
H-Führung, lasciando filtrare fino agli
ammalati soltanto quello di cui essa non ha
bisogno. Ma si sta a letto nel pulito, si
è a riposo e la razione alimentare,
quando non è di qualità migliore
di quella del campo, è comunque sempre
più abbondante. Pröll stesso limita
l'espletamento del suo mestiere di Kapo a una
visita che ogni giorno è accompagnata da
qualche urlo e da qualche percossa generosamente
distribuita al personale e agli ammalati colti
in flagrante delitto di inosservanza dei
regolamenti dell'infermeria. La vita che vi si
conduce stonerebbe col regime che vige nel resto
del campo se Pfleger e Kalifktor, tanto per
eccesso di zelo e per fedeltà alle
tradizioni quanto per timore del Kapo, non
mettessero tutta la loro volontà nel
cercare di renderla intollerabile.
* *
*
Tutte le sere, dopo
l'appello, la ressa si organizza all'ingresso
del Block 16. Il Block 16 comprende, oltre
l'apparato amministrativo dell'infermeria, una
Aussere-Ambulanz e una
Innere-Ambulanz. (3) La prima dà
cure immediate a tutti coloro, malati o
infortunati, che non sono nelle condizioni
richieste per essere ricoverati, la seconda
decide, previo esame, se gli altri saranno o no
ospedalizzati.
A parte la gente della
H-Führung, tutti gli altri abitanti del
campo sono degli ammalati e, nel mondo normale,
tutti sarebbero ricoverati senza eccezione e
senza esitazione non foss'altro per l'estrema
debolezza generale. Al campo va in tutt'altra
maniera, la debolezza generale non conta. Si
cura soltanto il sovrappiù, e solo in
certe condizioni extraterapeutiche, oppure
quando non c'è modo di fare diversamente.
Ogni detenuto è dunque un cliente
più o meno in titolo dell'infermeria:
è stato necessario stabilire un turno che
cade in media ogni quattro giorni.
Prima di tutto, ci sono
i foruncoli: tutto il campo soffre di
suppurazione, la foruncolosi, conseguenza della
mancanza di carne e di cibi crudi
nell'alimentazione, imperversa allo stato
endemico come l'edèma normale e la
nefrite. Poi, ci sono le piaghe alle mani, ai
piedi o a tutt'e due. Le Holzschuhe feriscono e,
con le mani la cui carne si lacera così
facilmente, si debbono tanto spesso fare dei
lavori inattesi! Da ultimo, ci sono le dita
troncate o le gambe fratturate, ecc. Tutto
ciò forma la clientela
dell'Aussere-Ambulanz e, dal 1 o giugno 1944,
dipende dal negro Johnny, la cui competenza come
medico aveva finito per essere così
discussa all'infermeria di Buchenwald che,
nonostante le garanzie politiche che aveva
fornite, egli venne inviato da noi con un
trasporto. Come medico, naturalmente, ma
accompagnato da una nota che precisava come
fosse più prudente impiegarlo quale
infermiere. Pröll ha pensato che il suo
posto fosse indicatissimo all'Aussere-Ambulanz e
gliene ha affidato la responsabilità.
(4)
Johnny ha ai suoi
ordini tutta una compagnia di Pfleger tedeschi,
polacchi, cechi o russi che non sanno nulla del
lavoro del quale sono stati incaricati e che
fanno, disfano e rifanno a caso le medicazioni.
Foruncoli o piaghe, il rimedio è uno
solo: la pomata. Questi signori hanno davanti a
sé dei barattoli di pomata di tutti i
colori: per lo stesso caso, un giorno ti viene
messa con gravità quella nera, un altro
giorno quella gialla o quella rossa, senza che
si possa indovinare la ragione interiore che ha
determinato la scelta. E davvero una fortuna
straordinaria che tutte le pomate siano
antisettiche!
All'Innere-Ambulanz si
presentano quelli che hanno la speranza di esser
ricoverati. Ogni sera sono da cinque a seicento,
tutti malati, gli uni quanto gli altri. A volte
ci sono dieci o quindici letti disponibili:
mettetevi al posto del medico che deve scegliere
i dieci o quindici eletti... Gli altri vengono
rimandati via con o senza Schonung; si
ripresentano l'indomani e tutti i giorni fino
che hanno la fortuna di essere ammessi: non si
contano quelli che muoiono prima che il loro
caso sia stato deciso nel senso da essi
desiderato.
Ho conosciuto dei
detenuti che non si presentavano mai alle docce
perché avevano paura di vedere gli
apparecchi vomitare gas (5) anziché
acqua; un giorno, alla visita settimanale al
Block, gli infemieri li trovano infestati dai
pidocchi. Allora veniva loro inflitto, per
disinfestazione, tale un trattamento che ne
morivano. Così pure, ho conosciuto anche
dei detenuti che non si presentavano mai
all'infermeria: avevano paura di essere presi
come cavie o di venir soppressi con
un'iniezione. Tenevano duro, tenevano duro,
tenevano duro, contro tutti i consigli, e, una
sera, il loro Kommando riportava il loro
cadavere sul piazzale dell'appello.
A Dora non vi era Block
di cavie e non si praticavano iniezioni mortali.
Del resto, generalmente e in tutti i campi,
l'iniezione non era utilizzata contro i semplici
detenuti, bensì, una contro l'altra,
dalle due cricche della H-Führung: i verdi
impiegavano questo mezzo per sbarazzarsi
elegantemente di un rosso la cui stella
sentivano ascendere nel cielo SS, o
viceversa.
* *
*
Un felice insieme di
circostanze ha fatto sì che riuscissi ad
entrare all'infermeria l'8 aprile 1944: da una
quindicina di giorni trascinavo nel campo un
corpo febbricitante che si gonfiava a vista
d'occhio.
Il gonfiore era
cominciato dalle caviglie:
-- Ich auch,
blöder Hund!, (6) aveva dichiarato il
mio Kapo.
E mi era toccato
continuare ad andare a caricare i vagoncini
dello Strassenbauer 52. Una bella mattina
dovetti presentarmi sul piazzale dell'appello
tenendo sul braccio i pantaloni che non ero
riuscito a infilarmi:
-- Blöder
Hund, dichiarò il mio Kapo, du
bist verrückt! Geh mal zu Revier!
(7)
E sottolineò
questo ordine con qualche vigoroso cazzotto. Era
il 2 aprile.
All'infermeria mi
trovai nella ressa. Dopo un'ora di attesa venne
il mio turno di passare davanti al
medico.
-- Hai soltanto 37,8 di
febbre, impossibile ricoverarti: tre giorni di
Schonung. Resta disteso al Block con le gambe in
alto, passerà. Se non passa,
ritorna.
In quanto a riposo, fui
adibito per tre giorni ai lavori di pulizia del
Block dagli spietati Stubendienst. Allo scadere
del termine mi ripresentai in uno stato
sensibilmente peggiorato.
-- Certo, dovresti
essere ricoverato, mi disse il medico, ma ci
sono soltanto tre posti disponibili e siete
almeno trecento candidati, e ve ne sono in uno
stato peggiore del tuo. Altri tre giorni di
Schonung: tornerai...
Sentii entrare in me la
certezza del crematorio. Rassegnato, tornai al
Block dove mi attendeva il mio primo pacco,
grazie al quale potei ottenere dagli
Stubendienst che mi lasciassero disteso sul
letto invece di adoperarmi nelle
corvées.
L'8 aprile, quando
venne il mio turno di ripresentarmi, un
pacchetto di sigarette mi collocò fra i
tre o quattro eletti. Quel che v'è di
peggio nel mio caso è che non ho trovato
anormale la cosa.
Prima di raggiungere il
letto che mi era assegnato, dovetti ancora
depositare all'ingresso i miei abiti e le mie
calzature, che, naturalmente, furono rubati
durante il ricovero, e passare sotto una doccia
individuale che un Kalifaktor polacco mantenne
il più fredda che poteva.
La doccia era l'ultima
formalità da compiere. Era prevista
calda, ma, quando non si trattava di un ceco, di
un polacco o di un tedesco, il Kalifaktor
giurava per tutti i santi che l'apparecchio era
guasto. Il numero dei ricoverati per polmonite o
per pleurite che ne sono morti è
incalcolabile.
Ho fatto cinque
soggiorni all'infermeria: dall'8 al 27 aprile,
dal 5 maggio al 30 agosto, dal 7 settembre al 2
ottobre, dal 10 ottobre al 3 novembre, dal 6
novembre al 23 dicembre e dal 10 marzo 1945 fino
alla liberazione. Fin dalla prima ho perduto di
vista Fernand, mandato in trasporto a Ellrich,
dove è morto...
Ero ammalato, questo
era molto evidente, gravemente ammalato, anche,
dato che lo sono ancora, ma...
* *
*
La vita all'infermeria
è regolata minuziosamente.
Tutti i giorni, sveglia
alle 5,30, un'ora dopo la sveglia del campo.
Toeletta: a qualunque gruppo di ammalati si
appartenga, si abbia 40 di febbre o 37, bisogna
lazarsi, andare al bagno e al ritorno rifarsi il
letto. In via di principio il Pfleger e il
Kalifaktor sono lì per aiutare quelli che
non ce la fanno, ma, salvo rare eccezioni, essi
si limitano, sotto la minaccia delle percosse,
ad esigere dagli ammalati che provvedano da soli
a queste necessità.
Quando questo primo
lavoro è fatto, il Pfleger prende le
temperature mentre il Kalifaktor lava la sala a
tutt'acqua.
Verso le 7 il medico
del Block passa fra i letti, guarda i fogli
delle temperature, ascolta le osservazioni del
Pfleger, le doglianze degli ammalati, dice una
parola ad ognuno e prescrive le cure particolari
o le medicine da prendere nella giornata. Se non
è tedesco, polacco o ceco, il medico
è generalmente un uomo buono e
comprensivo. Forse un po' troppo fiducioso nel
Pfleger, il quale valuta gli ammalati a seconda
delle loro opinioni politiche, della loro
nazionalità, della loro professione o dei
pacchi che ricevono, ma è raro che si
lasci influenzare da lui nel senso cattivo,
benché sempre si lasci influenzare nel
buono. Un ammalato grave rischia a volte una
domanda:
--
Crematorio?
-- Ja, sicher...
Drei, vier Tage. (8)
Si ride. Lui passa
oltre senza preoccuparsi dell'effetto che la sua
risposta produce sull'interessato. Arriva
all'ultimo letto, lascia la sala; è
finita, non lo si rivedrà più fino
all'indomani.
Alle 9, distribuzione
delle medicine. E presto fatto: le medicine sono
il riposo e la dieta, -- ogni tanto una
compressa di aspirina o di piramidone, elargite
molto parsimoniosamente.
Alle 11, la zuppa. Il
Pfleger e il Kalifaktor mangiano
abbondantemente, si servono attingendo ad ogni
regime e distribuiscono il resto agli ammalati:
ciò non è grave, rimane abbastanza
per assicurare una razione regolamentare onesta
a tutti, persino per dare un piccolo supplemento
agli amici.
Il pomeriggio si fa la
siesta fino alle 16, dopo di che le
conversazioni scorrono fino alla misurazione
della temperatura e allo spegnimento delle luci.
Si interrompono soltanto quando la nostra
attenzione è più particolarmente
captata dalle lunghe file di cadaveri che gli
uomini del Totenkommando portano al crematorio,
passando sotto le nostre finestre.
Alcuni favoriti -- io
sono uno di loro -- ricevono dei pacchi: sono un
po' più depredati che al campo
perché debbono passare per un
intemediario in più prima di arrivare al
destinatario. Il tabacco che contengono non
viene consegnato: lo si deposita all'ingresso,
ma i Pfleger sono accomodanti e, con un'onesta
retribuzione, con un'onesta spartizione, si
può ricevere anche il proprio tabacco ed
essere autorizzati a fumare di nascosto. Con lo
stesso procedimento, spartendo il resto, si
ottiene dal Pfleger che trucchi le temperature e
si prolunga il proprio soggiorno
all'infermeria.
D'estate, la siesta del
pomeriggio si fa all'aperto, sotto i faggi: i
Kommando che lavorano all'interno del campo ci
guardano con invidia e noi temiamo tanto
più l'ora della guarigione che ci
rimanderà tra loro.
***
Nell'ottobre 1944 i
diarroici non sono più ammessi
all'infermeria se non molto di rado: tutte le
sere si presentano al Block 16, li si
ingozza di carbone vegetale e li si rimanda
indietro. Accade che il male passi. Accade anche
che persista oltre gli otto giorni previsti,
che si complichi di una febbre qualsiasi, e
allora li si ricovera nella misura in cui
casualità di ogni genere lo
permettono.
Sono riuniti al Block
17, sala 8, il cui Pfleger è il russo
Ivan che si dice docente» alla
Facoltà di Medicina di Karkhov, e
Kalifaktor il polacco Stadjeck. La sala è
l'inferno dell'infermeria: tutti i giorni
fornisce al crematorio due, tre o quattro
cadaveri.
Per ogni diarroico che
entra il medico ordina, oltre al carbone, un
regime di dieta sorvegliata: pochissimo da
mangiare, nulla se possibile, nessuna bevanda.
Consiglia a Ivan di non dare nulla il primo
giorno, di suddividere un litro di zuppa fra due
o tre all'indomani, e così
progressivamente, il ritorno alla razione
completa essendo determinato dalla sparizione
del male. Ma Ivan tiene presente di essere
Pfleger per curare se stesso, non gli ammalati:
seguirli è un lavoro troppo faticoso per
lui, e, in ogni caso, fuori posto in un campo di
concentramento; trova più semplice
applicare la dieta assoluta, spartire con
Stadjeck le razioni degli ammalati, nutrirsene
abbondantemente e commerciare col
sovrappiù. Perciò i disgraziati
non mangiano nulla, assolutamente nulla: al
terzo giorno, a parte rare eccezioni, sono in
uno stato tale che non possono più
alzarsi e si fanno tutto addosso, perché
Stadjeck ha altro da fare che portare loro la
padella quando la chiedono. Da quel momento sono
condannati a morte.
Stadjeck si mette a
sorvegliare specialmente il letto del
disgraziato al quale ha appena rifiutato la
padella. Tutto ad un tratto sente l'odore e
diventa furioso. Comincia col somministrare un
buon carico di botte al delinquente, poi lo fa
uscire dal letto, lo spinge nel bagno vicino, e
lì una buona doccia fredda, perché
l'infermeria deve restare un luogo pulito e gli
ammalati che non vogliono lavarsi bisogna pur
lavarli...
Poi, imprecando,
Stadjeck toglie il lenzuolo e la coperta dal
letto, cambia il pagliericcio: appena è
di nuovo disteso, l'ammalato viene ripreso dal
bisogno, ridomanda la padella che gli viene
rifiutata, se la fa addosso, è di nuovo
sottoposto alla doccia fredda, e così di
seguito. In genere, ventiquattro ore dopo
è morto. Da mattina a sera si sentono le
grida e le suppliche dei disgraziati che il
polacco Stadjeck sottopone alla doccia. Due o
tre volte il Kapo o un medico sono passati
lì vicino durante l'operazione. Hanno
aperto la porta. Stadjeck ha
spiegato:
-- Er hat sein Bett
ganz beschiessen... Dieser blöde Hund ist
so faul... Keine warme Wasser.
(9)
Il Kapo o il medico
hanno chiuso la porta e se ne sono andati senza
dir nulla. Perché, naturalmente, la
spiegazione era ineccepibile: bisogna pur lavare
gli ammalati incapaci di farlo da sé, e
quando non c'è acqua calda...
* *
*
All'infermeria si
è tenuti suppergiù al corrente
degli avvenimenti della guerra. I giornali
tedeschi vi arrivano, specie il
Völkische-Beobachter», e tutto il
personale ascolta regolarmente la radio.
Evidentemente, si hanno solo le notizie
ufficiali, ma le si ha rapidamente, e questo
è già qualcosa.
Si è anche
tenuti al corrente di quello che avviene negli
altri campi: degli sventurati che prima di
arenarsi a Dora ne hanno passati due o tre
raccontano per giornate intere la vita che vi
hanno fatta. E così che si conoscono gli
orrori di Sachsenhausen, Auschwitz, Mauthausen,
Oranienburg, ecc. E pure così che si
apprende che esistono anche campi molto
umani.
In agosto, per una
decina di giorni, fu mio vicino di letto il
tedesco Helmuth. Arrivava direttamente da
Lichtenfeld, vicino a Berli-no. In questo campo
erano in 900 e, sorvegliati dalla Wehrmacht,
procedevano allo sgombero delle macerie dei
sobborghi bombardati; dodici ore di lavoro, come
dappertutto, ma tre pasti al giorno, e tre pasti
abbondanti (zuppa, carne, legumi, spesso vino),
niente Kapo, niente H-Führung, e
perciò niente percosse. Una vita dura, ma
sopportabilissima. Un giorno furono richiesti
degli specialisti: Helmuth era un aggiustatore,
si alzò, lo mandarono al Tunnel di Dora,
dove gli fu messa in mano la perforatrice per la
roccia. Otto giorni, e sputava
sangue.
In precedenza avevo
visto arrivare vicino a me un detenuto che era
stato un mese a Wieda e che mi aveva raccontato
come i 1.500 occupanti di quel campo non fossero
poi troppo disgraziati. Naturalmente si
lavorava, e si mangiava poco, ma si viveva in
famiglia: la domenica pomeriggio gli abitanti
del villaggio venivano a ballare ai limiti del
campo al suono delle fisarmoniche dei detenuti,
scambiavano con essi parole fraterne e perfino
portavano loro delle vettovaglie. Pare
però che questo non sia durato, che le SS
se ne siano accorte e che in meno di due mesi
Wieda sia diventato inumano quanto
Dora.
Ma la maggioranza di
quelli venuti da altre parti raccontano soltanto
cose orrificanti; tra essi, quelli di Ellrich
sono i più spaventosi. Ci arrivavano in
uno stato inimmaginabile e bastava guardarli per
convincersi che non si inventavano nulla. Quando
si parla dei campi di concentramento si citano
Buchenwald, Dachau, Auschwitz, ed è
un'ingiustizia: nel 1944-45 era la volta di
Ellrich ad essere il peggiore di tutti. Non vi
si era né alloggiati, né vestiti,
né nutriti, non vi era infermeria e si
era adibiti soltanto a lavori di scavo sotto la
sorveglianza della feccia dei verdi, dei rossi e
delle SS.
E all'infermeria che ho
fatto la conoscenza di Jacques Gallier, detto
Jacky, clown di Medrano. Era un duro tra i duri.
Quando ci si lamentava dei rigori della vita al
campo rispondeva invariabilmente:
-- Io, sai, ho fatto
due anni e mezzo di Calvi (10): dunque, ci sono
abituato.
E
continuava:
-- Vecchio mio, a Calvi
era la stessa cosa: stesso lavoro, stessa
insufficienza di cibo, di meno vi erano soltanto
le percosse, però c'erano i ferri e la
cella di segregazione, e
perciò...
Champale, marinaio del
Mar Nero , (11) che aveva fatto 5 anni a
Clairvaux, lo smentiva a fatica; e, quanto a me,
che un tempo ero stato testimone della vita dei
Joyeux (12) in Africa, mi domandavo se
non avessero ragione. (13)
* *
*
Il 23 dicembre sono
uscito dall'infermeria con la ferma intenzione
di non rimetterci più piede. Si erano
verificati vari incidenti.
In luglio Pröll si
era fatto da sè, in un braccio,
un'iniezione di cianuro di potassio. Il
perché non lo si è mai saputo:
è corsa voce che fosse sul punto di
essere arrestato, e con la prospettiva di essere
impiccato per complotto. Era stato sostituito da
Heinz, il fabbro comunista.
Heinz era un bruto: un
giorno sorprese un febbricitante cui l'acqua era
stata vietata, mentre si inumidiva le labbra, e
lo caricò di botte fino a farlo morire.
Lo si diceva capace di tutto: al Block della
chirurgia voleva darsi da fare ad operare di
appendicite, all'insaputa del chirurgo
responsabile, il ceco Cespiva... Si raccontava
che, ai primi tempi dell'infermeria, sotto il
regno del Kapo verde, aveva prestato le sue cure
ad un algerino che nel Tunnel aveva avuto
maciullato fra due vagoni un braccio: Allora lui
aveva disossato l'articolazione della spalla,
esattamente come avrebbe potuto fare un
macellaio con un prosciutto, e, invece di dare
l'anestesia alla sua vittima, la aveva, prima,
intontita a suon di pugni... Un anno dopo tutta
l'infermeria risuonava ancora delle urla del
disgraziato.
Si raccontavano anche
molte altre cose. Fatto sta che con lui gli
ammalati non si sentivano al sicuro. Per
ciò che mi riguarda, un giorno, alla fine
di settembre, era passato vicino al mio letto
con Cespiva e aveva deciso che per guarirmi
occorreva asportarmi il rene destro: avevo
subito pregato uno dei miei compagni, affetto da
un altro male, di orinare in mia vece, e avevo
ottenuto un'analisi negativa, cosa che mi valse,
come desideravo, di essere rimandato al
Kommando. Non avendo potuto reggere al lavoro,
mi ero ripresentato all'infermeria qualche
giorno dopo -- giusto il tempo di lasciar
passare la bufera --, ed ero stato riammesso con
facilità.
Tutto era andato bene
fin verso dicembre, data in cui Heinz fu a sua
volta arrestato, per complotto, come il suo
predecessore, e sostituito con un polacco. Nella
stessa retata delle SS figuravano: Cespiva, un
certo numero di Pfleger, tra i quali l'avvocato
Boyer, di Marsiglia, e varie figure in vista del
campo. Non si è mai nemmeno saputo
perché, ma è verosimile che fosse
per aver fatto circolare notizie sulla guerra
che essi dicevano di aver sentite alla radio
straniera, ascoltata clandestinamente, e che le
SS giudicarono sovversive.
Col nuovo Kapo, i
polacchi invasero l'infermeria e nuovi medici
furono posti alla testa del Block: il nostro era
un polacco ignorante. Al suo arrivo decise che
la nefrite era una conseguenza della cattiva
dentizione e diede ordine che ai nefritici
fossero tolti tutti i denti. Il dentista fu
convocato d'urgenza e cominciò ad
eseguire l'ordine senza capire, ma
meravigliandosi e protestando. Per salvare i
miei denti, feci in modo di uscire di nuovo
dall'infermeria con un biglietto di Leichte
Arbeit, ossia di lavoro leggero.
Una combinazione di
circostanze eccezionalmente favorevoli fece
sì che fossi assegnato come Schwunk
(ordinanza) presso la SS
Oberscharführer (14) che comandava
la compagnia dei cani.
Al mio ritorno alla
vita comune trovai il campo molto
cambiato.
NOTE
1.
Piccola baracca in
legno [ndt].
2. Sorvegliante generale infermiere.
3. Ambulatorio esterno e ambulatorio
interno.
4. Ho saputo in prosieguo che Johnny era stato
abbastanza scaltro da ottenere nel contempo la
protezione di Katzenellenbogen, quel detenuto
che si diceva di origine americana, che era
medico generale del campo e che commise
abbastanza angherie da esser considerato, alla
liberazione, un criminale di guerra!
5. Le camere a gas che certe SS negavano e che
altri motivavano con gli stessi ragionamenti di
Simone de Beauvoir, non esistevano a Dora. Non
esistevano nemmeno a Buchenwald. Noto, di
passata, che di tutti coloro che hanno descritto
così minuziosamente gli orrori di questo
genere di supplizio, d'altronde perfettamente
legale negli USA, non vi è, a mia
conoscenza, nessun testimonio de visu
fatta eccezione per Höss, Lagerkommandant a
Auschwitz, la cui testimonianza va presa con
riserva in ragione tanto delle condizioni atroci
in cui è stata redatta, quanto di quelle
rocambolesche nelle quali è stata
pubblicata (vedi più avanti). Vi è
anche la testimonianza di Miklos Nyiszli e
quella di Gerstein, ambedue chiaramente
testimonianze false, oltre che quasi certamente
apocrife (vedi, di nuovo, più
avanti).
6. Anch'io, idiota!
7. Idiota, tu sei pazzo! Va' subito
all'infermeria!
8. Sì, di certo... Tra tre o quattro
giorni.
9. Ha riempito di merda il letto... Questo
imbecille è così pigro... e non
c'è acqua calda.
10. Carcere militare francese
[ndt].
11. Cioè uno degli ammutinati del
1918.L'episodio è celebre
[ndt].
12. Battaglioni di disciplina nell'esercito
francese [ndt].
13. Ne La Lie de la Terre Arthur Koestler
fa della vita nei campi di concentramento
francesi un quadro che, in seguito, ha ancora
confermato il mio punto di vista. Come, del
resto, il libro di Julien Blanc, Joyeux, fais
ton fourbi.
14. Aiutante-capo.
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