La
Menzogna d'Ulisse
Paul Rassinier
4
La barca di
Caronte
How was this done? In old-fashioned,
time-tested ways.
3. La barca di
Caronte
La nostra presa in consegna da parte di Dora si
è svolta nei modi propri
all'ambiente.
Discesa dai vagoni,
corsa sfrenata in mezzo alla congerie dei
materiali, nel fango fino alle caviglie, sotto
la neve che si squaglia, le ingiurie e le
minacce urlate, i latrati, le
percosse.
Traversata
dell'SS-Lager: una cinquantina di Block
in ordine, ma senza strade che conducano
dall'uno all'altro -- dei sentieri fangosi
attraverso i campi.
L'ingresso
dell'H-Lager: due Block in legno (tutto
è in legno), sui due lati di un cavallo
di frisia che si apre davanti a noi. Ci
contano.
-- Zu fünf! Zu
fünf! Mensch blöder Hund!
(1)
Giù un calcio.
Giù una frustata. Giù un
pugno.
Al di là del
cavallo di frisia, il campo. Una decina di
Block, al più una dozzina, sparsi, messi
lì come per caso, senza che sia visibile
un'intenzione di coordinamento. Al passaggio
possiamo leggere da lontano i numeri sui Block:
4, 35, 24, 107, 17.
-- E i Block intermedi
dove sono?
Una pista tempestata da
una moltitudine di orme parte dall'entrata e
sale su per la collina senza che si possa dire
che conduce da qualche parte: ce la fanno
seguire e arriviamo al gemeinde Abort
(latrina pubblica); è lì
che ci mettono, in attesa di ordini. La latrina
pubblica è un Block nel quale ci sono
soltanto water closets, orinatoi e
bacini-lavabo. (2) Impossibile sedersi o
distendersi, vietato uscire. Siamo sfiniti.
Siamo anche affamati. Verso le sei di sera una
minestra, 300 grammi di pane, una stecca di
margarina, una fetta di salsiccia. Osservia-mo
che le razioni sono più abbondanti che a
Buchenwald. Un vento di ottimismo passa su di
noi.
-- Lavoreremo, ma
almeno mangeremo, ci si sussurra di orecchio in
orecchio.
Gli uomini col
bracciale appaiono alle otto: viene portato un
tavolo e prende posto uno scribacchino. Uno a
uno, gli sfiliamo davanti declinando il nostro
numero di matricola, cognome, nome di battesimo,
professione. Quelli col bracciale sono cechi e
polacchi internati per delitti vari: hanno la
mano pesante, e per di più appesantita
dal gummi del quale fanno largo uso.
-- Hier ist Dora!
Mensch! Blöder Hund! (3)
E giù,
giù colpi.
A mezzanotte le
operazioni sono terminate. Tutti fuori. Questa
volta facciamo la strada in senso inverso, nella
notte, e sempre inquadrati da Kapo e SS. Ad un
tratto ci troviamo di fronte ad un immenso scavo
che si apre nel fianco della collina: il Tunnel.
I due enormi battenti di ferro si aprono: ecco,
ci siamo, stiamo per esser sotterrati, a nessuno
viene in mente che per noi i battenti di ferro
potrebbero riaprirsi prima della Liberazione.
Gli orrori che abbiamo sentito a Buchenwald su
questo sotterraneo» ci torturano lo
spirito.
Entriamo in massa.
Visione dantesca. Fuori, c'era
l'oscurità; dentro, piena luce. Due
binari paralleli di un metro: dunque, i treni
fanno la spola nel ventre del mostro. Un
convoglio di vagoni carichi e ricoperti di
teloni: le torpedo, le famose V1 e V2, immensi
proiettili più lunghi dei vagoni che li
portano. Si dice che hanno 13 metri di lunghezza
e, a vederli, sembra che il loro diametro
oltrepassi l'altezza di un uomo.
-- Debbono fare un bel
po' di lavoro dove cadono!
Si accende una
discussione sul meccanismo e il sistema di
lancio delle V1 e V2, delle quali sentiamo
parlare e che vediamo per la prima volta. Con
mio grande stupore mi accorgo che vi sono tra
noi persone infomatissime le quali forniscono
sui congegni in questione dei dettagli
precisissimi con aria serissima; in seguito,
però, si riveleran-no come i più
fantasiosi ballisti.
Avanziamo verso
l'interno. Da tutte le parti uffici,
anfrattuosità sistemate a laboratori.
Raggiungiamo la parte del Tunnel ancora in
gestazione: delle impalcature, degli uomini
pallidi, magri e diafani (delle ombre), che,
appollaiati un po' dappertutto, incollati alle
pareti come pipistrelli, perforano la roccia. A
terra le SS passeggiano con le armi in pugno, i
Kapo urlano a dei disgraziati che vanno e
vengono in tutte le direzioni portando sacchi o
spingendo carriole cariche di materiali di
scavo. Il rumore delle macchine, dei cadaveri
allineati ai lati.
Un'anfrattuosità
è sistemata a Block di abitazione: stop!
All'ingres-so, due tinozze e una quindicina di
cadaveri. All'interno, uomini che corrono
all'impazzata, liti individuali o collettive tra
le file di cuccette a tre, quattro o cinque
piani. Fra loro, gravi e imponenti, degli
Stubendienst che tentano invano di
ristabilire l'ordine. E lì che dovremo
passare la notte. Gli Stubendienst interrompono
la loro missione poliziesca per occuparsi di
noi.
-- Los! Los! Mensch!
Hier ist Dora! (4)
Entrano in giuoco i
gummi, o, piuttosto, cambiano soltanto di
bersaglio. Il capo Block, un grosso tedesco, sta
a guardare, con uno sguardo allo stesso tempo
divertito, canzonatorio e minaccioso. Ci
rendiamo subito conto che questo Block è
abitato da russi la cui squadra di giorno
è a riposo. Ci buttiamo tutti vestiti sui
pagliericci che ci vengono indicati. Finalmente!
All'alba, ci risvegliamo: tutte le nostre scarpe
e ciò che ci restava dei viveri
distribuiti il giorno prima, più nulla;
perfino le nostre tasche sono completamente
vuote: ammiriamo la destrezza dei russi che
hanno compiuto questo saccheggio generale senza
svegliarci. Soltanto due o tre si sono fatti
cogliere in flagrante: le vittime li hanno
allora condotti dal capo Block ma sono state
ricondotte al loro pagliericcio a colpi di
frustino dagli Stubendienst complici.
-- Hier ist Dora,
mein lieber! (5)
Una cosa è
certa, siamo capitati in un covo di briganti, la
loro legge è quella della
giungla.
Appena svegliati, ci
fanno risalire all'aperto. Si respira: allora,
non siamo ancora definitivamente sotterrati. Si
trascorre la mattinata in piedi davanti
all'Arbeitsdienst, pestando nel fango e nella
neve: siamo congelati, e di nuovo abbiamo fame.
Nel pomeriggio ci suddividono in Kommando:
Fernand e io ci troviamo assegnati allo
Strassenbauer 52. (6) Subito ci
mettono al lavoro: fino al momento dell'appello
trasportiamo, al galoppo, degli abeti dal campo
alla stazione.
Alle diciotto, appello:
durerà fino alle ventuno.
Ore ventuno: direzione,
il Block 35. Stavolta abbiamo la certezza che
non saremo sotterrati nel Tunnel, ma veniamo a
sapere che un discreto numero dei nostri,
essendosi per pura fantasia spacciati per operai
specializzati nella speranza di venire addetti
all'officina, vi sono stati mandati e con ogni
probabilità non ne usciranno prima della
liberazione.
Il capo del Block 35
è un ceco, e così pure gli
Stubendienst. Il Block stesso è
ancora nudo: dormiremo ammucchiati sul piancito,
senza coperte e tutti vestiti. Come preliminare,
ci viene distribuito in un incredibile
parapiglia un litro di zuppa di rape che
mangiamo in piedi: quel giorno non abbiamo
mangiato altro.
Alle ventidue possiamo
addormentarci con quest'altra certezza: adesso
facciamo davvero parte integrante di
Dora.
-- Dora!...
* *
*
La prima giornata di
lavoro...
Ore quattro e trenta:
un gong risuona quattro volte in questo embrione
di campo, le luci del Block si accendono, gli
Stubendienst, gummi in pugno, fanno irruzione
nello Schlafsaal.
-- Aufstehen!
Aufstehen! Los waschen! (7)
Poi, senza
intervallo:
-- Los, Mensch! Los,
waschen! (8)
I duecento uomini si
alzano come fossero uno solo, attraversano in
massa la Esszimmer nudi fino alla cintola
e arrivano nello spazio prospiciente la porta
del bagno nello stesso momento in cui vi
arrivano i duecento dell'altro Flügel. Il
bagno può contenere una ventina di
persone. All'ingresso, due Stubendienst,
l'idrante in mano, fanno diga a questa
invasione.
-- Langsam,
langsam... langsam, lumpe! (9)
E contemporaneamente
l'idrante entra in azione. I disgraziati
retrocedono... ma altri due Stubendienst che
hanno previsto la manovra, fanno a loro volta
diga al ripiegamento.
-- Los, los!
Schnell, Mensch! Ich sage: waschen!
(10)
E i gummi si abbattono
senza pietà sulle spalle nude e
magre.
Tutte le mattine
sarà la stessa tragicommedia. Che
però non si limita a questo. Dopo la
toeletta viene la distribuzione dei viveri per
la giornata: si passa in fila indiana, tenendo
in mano la contromarca rilasciataci al bagno
(non si può ricevere il cibo se non dopo
aver provato che ci si è lavati) che
bisogna consegnare a uno Stubendienst. Nuovo e
altrettanto inenarrabile parapiglia. L'ora che
viene accordata dal regolamento per compiere
questa doppia formalità è presto
finita.
Ore cinque e trenta: i
Kapo, bene imbacuccati contro il freddo, sono
sul piazzale dell'appello e vi aspettano
l'arrivo della massa umana. Eccola che si
precipita verso di loro da tutti i Block,
correndo nel mattino glaciale, mentre finisce di
vestirsi e di mandar giù l'ultimo boccone
della magra porzione che è stata presa
nella razione quotidiana, per la prima
colazione. I Kapo procedono a riunire i Kommando
e fanno l'appello dei loro uomini, i colpi e le
ingiurie piovono. Finito l'appello, i Kommando
si mettono in moto in un ordine calcolato che
tiene conto della distanza dal luogo dove vanno
a lavorare. Ve ne sono che vanno a sei e a otto
chilometri: partono per primi. Vengono poi
quelli che hanno una sola ora di marcia, poi
quelli che ne hanno per una mezz'ora. Il
Kommando 52 è a 20 minuti: parte alle sei
e quaranta. Alle sette precise tutti sono sul
posto di lavoro. I Kommando del Tunnel sono
regolati da un altro orario: sveglia alle sette
del mattino per la squadra di giorno, alle sette
di sera per quella di notte, e tutti i
preliminari del lavoro hanno luogo nel Tunnel
stesso.
Ore sette: ecco dunque
il Kommando 25 nel suo cantiere per il trasporto
del materiale di sterro; vi è arrivato
dopo aver preso parte alle operazioni della
toeletta e della distribuzione dei viveri,
stando ore in piedi tremante per il freddo, con
i piedi in venti centimetri di fango, nella
posizione dello Stillgestanden per un'ora e
dieci minuti, superati a passo cadenzato i due
chilomettri circa che lo separano dal campo,
già esausto molto prima di cominciare il
lavoro.
Il lavoro: costruire
una strada che va dalla stazione al campo,
valendosi del fianco della collina. Una ellissi
di strada ferrata Decauville, il cui diametro
maggiore può essere di 800 metri,
è posata lì, in declivio. Due
convogli di otto vagoni a benne oscillanti,
trainati da una locomotiva a petrolio, fanno una
specie di circuito perpetuo sui binari. Mentre
32 uomini -- quattro per vagone -- caricano il
convoglio che si trova sulla cima della collina,
32 altri scaricano quello che si trova ai suoi
piedi, avendo cura di livellare il materiale.
Quando il convoglio vuoto arriva in cima,
l'altro deve ripartire pieno: così ogni
venti minuti. Generalmente, la prima partenza
è assicurata nel tempo prescritto. Alla
seconda, vi sono dei ritardi che provocano i
brontolii del Meister, del Kapo e dei
Vorarbeiter. Alla terza, il convoglio vuoto
è già lì da cinque minuti e
ne occorreranno altri cinque prima che sia
pronto per partire: il Meister sorride
ironicamente e alza le spalle, il Kapo urla e i
Vorarbeiter si scagliano su di noi. Nessuno
sfugge alla sua bastonatura. Il ritardo si
accresce del tempo che occorre a 3 uomini per
bastonarne 32, e da questo momento in poi non lo
si recupererà più; e così
la macchina è sregolata per il resto
della giornata.
Al quarto viaggio,
nuovo ritardo, nuove bastonature. Al quinto,
Kapo e Vorarbeiter capiscono che non c'è
nulla da fare e si stancano di picchiare. La
sera, invece dei trentasei viaggi previsti in
ragione di tre all'ora, a fatica si arriva
sì e no a contarne quindici o
venti.
Mezzogiorno: un mezzo
litro di caffè caldo viene distribuito
sul luogo stesso di lavoro. Lo si beve in piedi,
mangiando del pane, della margarina e della
salsiccia distribuite la mattina.
Mezzogiorno e venti:
ripresa del lavoro.
Il pomeriggio, il
lavoro si trascina. Gli uomini affamati e gelati
hanno giusto la forza di reggersi in piedi. Il
Kapo sparisce, i Vorarbeiter si ammansiscono, il
Meister stesso ha l'aria di capire che non
c'è da tirar fuori nulla da relitti umani
quali noi siamo e lascia correre. Si fa finta di
lavorare: anche questo è faticoso,
bisogna fregarsi le mani, battere i piedi per
lottare contro il freddo. Ogni tanto passa una
SS. I Vorarbeiter, sul chi vive, la vedono
venire da lontano e la segnalano; quando arriva
all'altezza del Kommando, tutti si danno
effettivamente da fare. Lancia una parola al
Meister:
-- Wie geht's?
(11)
Gli risponde un'alzata
di spalle scoraggiata.
-- Langsam, langsam.
Sehr langsam! Schauen Sie mal diese lumpen: was
machen mit? (12)
A sua volta la SS alza
le spalle, brontola e passa oltre, oppure, a
seconda del suo umore, dà in ingiurie,
distribuisce a caso qualche pugno, minaccia con
la pistola e se ne va. Quando non è
più a portata di mano, il Kommando si
distende di nuovo:
-- Aufpassen!
Aufpassen!, (13) dice il Meister quasi
paterno.
Le sei di sera arrivano
in un rilassamento generale.
-- Feierabend,
(14) dice il Meister.
Il Kapo, riapparso da
qualche istante, riprende in mano i suoi uomini
per il riordino degli arnesi, manda qualche urlo
che sollecita i Vorarbeiter, distribuisce
qualche colpo: ritorno alla disciplina per mezzo
del terrore.
Ore sei e quaranta: il
Kommando, in fila per cinque, prende la
direzione del campo a passo di marcia. Alle
sette, raggruppati per Block, e non per
Kommando, aspettiamo di nuovo, tremando di
freddo, con i piedi nel fango, che quei signori
abbiano finito di contarci: ci vogliono due o
tre ore.
Fra le otto e le nove,
arriviamo al Block. Uno Stubendienst, gummi in
pugno, sta sull'ingresso: bisogna togliersi le
scarpe, lavare gli Holzschuhe, (15)
entrare tenendoli in mano e soltanto se sono
stati riconosciuti ben netti. Al passaggio nella
Esszimmer bisogna depositarli bene in fila,
porgere la gavetta, nella quale un altro
Stubendienst versa teoricamente un litro di
minestra, mangiare in piedi, in un parapiglia
indescrivibile. Compiute queste
formalità, un terzo Stubendienst ci
autorizza a raggiungere la Schlafsaal dove ci si
lascia cadere in mucchio su quel po' di paglia
che vi è stata portata durante la
giornata. Sono le dieci e mezza. Siamo rimasti
in piedi 17 o 18 ore, senza la minima
possibilità di sederci, siamo contratti,
abbiamo fame e freddo. Addormentandoci pensiamo
che il lavoro che ci viene imposto ha ben poca
parte nella nostra stanchezza.
L'indomani si
ricomincia alle quattro e mezza. Durante la
notte, i russi hanno rubato gli Holzschuhe che
su ingiunzione degli Stubendienst avevamo con
tanta cura allineate nella Esszimmer: occorre,
oltre alla toeletta e alla distribuzione dei
viveri, organizzarne» un altro paio prima
di buttarsi fuori correndo, mentre ci si finisce
di vestire, e mandando giù un ultimo
boccone della magra colazione, nella notte e nel
freddo, per raggiungere il piazzale dell'appello
dove i Kapo aspettano.
L'indomani e tutti i
giorni: alla fine della settimana siamo
diventati le ombre di noi stessi.
* *
*
Vi sono dei Kommando
peggiori del nostro: il Kommando Ellrich, il
Transport-Eins e tutti i Kommado di
trasporto, lo Steinbruch, il
Gärtnerei...
All'altra
estremità del Tunnel si costruisce il
campo di Ellrich. Un Kommando molto numeroso,
circa mille uomini, vi si reca tutte le mattine
con un treno di ghiaia che lascia la stazione di
Dora alle quattro e trenta: ci sono cinque
chilometri da percorrere. A piedi, basterebbe
partire alle cinque e trenta per essere al
lavoro alle sette, ma sarebbe troppo semplice:
le SS hanno deciso di mostrarsi umane e di
risparmiare al Kommando la fatica della marcia,
dato che era possibile servirsi del treno. Il
Kommando Ellrich viene perciò svegliato
alle tre: fa la sua toeletta, riceve le razioni
e si trova sul piazzale dell'appello alle
quattro. Partenza per la stazione. Il treno, che
deve passare alle quattro e trenta, non ha mai
meno di un'ora di ritardo: attesa. Alle sei al
più presto, alle sei e mezza al
più tardi, arrivo a Ellrich. Lavori di
scavo tutto il giorno. Alle diciotto e trenta,
fine del lavoro. Teoricamente si dovrebbe
prendere il treno di ritorno alle diciotto e
trenta ma, come quello del mattino, esso non
ritarda mai meno di un'ora: altra attesa. Verso
le venti e trenta nel migliore dei casi, spesso
verso le ventuno, e anche le ventidue, rientro a
Dora. Formalità d'ingresso al Block,
lavaggio delle calzature, distribuzione della
zuppa. Verso le 23, la gente di Ellrich
può finalmente distendersi e dormire:
cinque ore di sonno, poi nuova sveglia,
radunata, partenza, attesa. Il succedersi dei
giorni è spietato, la misura di
umanizzazione che le SS credono o fingono di
credere di aver presa si traduce in una tortura
supplementare: si è uccisi dallo
spostamento prima di esserlo dal lavoro. A
ciò bisogna aggiungere che i Kapo
dell'Ellrich Kommando sono bruti tra i bruti,
che i colpi piovono più fitti che da
qualsiasi altra parte, che il lavoro è
estremamente e rigorosamente controllato:
è il Kommando della morte, tutte le sere
riporta indietro dei cadaveri.
Al campo stesso
c'è il Transport-Eins. Quelli del
Transport-Eins cominciano la giornata allo
stesso modo e allo stesso tempo degli altri:
scaricano i vagoni e portano in spalla pesanti
materiali dalla stazione al Tunnel o dalla
stazione al campo. Dalla mattina alla sera li si
vede girare intorno come cavalli da circo, per
quattro trasportando larghi pannelli di legno,
per gruppi di due con delle traversine da
ferrovia, in file di otto o dieci con delle
rotaie, in fila indiana con dei sacchi di
cemento. Girano adagio adagio, piegando sotto il
peso, senza sosta: girano, girano. Il loro Kapo
è un polacco col triangolo rosso, passa
dagli uni agli altri bestemmiando, minacciando e
colpendo.
Il Gärtnerei o
Kommando del giardino: cavalli da circo come
quelli del Transport-Eins, ma trasportano
escrementi anziché materiale. Il Kapo
è un verde; stesso metodo del
Transport-Eins, stessi risultati.
Lo Steinbruch, la
famosa cava di tutti i campi: si estrae la
pietra, la si mette sui carri e si tirano o si
spingono i carichi verso i luoghi dove viene
frantumata per servire all'inghiaiatura delle
strade del campo. Quelli dello Steinbruch hanno
la sfortuna supplementare di lavorare a mezza
costa nell'apertura della cava: il minimo
incidente che può procurar loro uno
schiaffo li fa precipitare di sotto, dove si
ammazzano. Tutti i giorni riportano dei morti
sul piazzale dell'appello: quattro di loro
portano il cadavere, ognuno tenendolo per un
piede o per un braccio. Eins, zwei, drei,
vier, fa in testa il Kapo che ritma la
marcia del Kommando, ploc, ploc, ploc, fa
in coda la testa del cadavere battendo contro il
suolo. Ogni tanto nel campo si sente dire che un
disgraziato dello Steinbruch, avendo ricevuto un
pugno, ha perso l'equilibrio ed è caduto
nel frantoio o nell'impastatrice senza che le
macchine siano state nemmeno fermate.
Vi sono anche dei
Kommando migliori, tutti quelli che formano
l'amministrazione del campo, il
Lager-Kommando, lo Holzhof, la
Bauleitung, gli Schwunk.
All'Effektenkammer si
tiene la contabilità del vestiario tolto
ai detenuti alla loro entrata nel campo e vi
è mantenuto in stato di pulizia: lavoro
di tutto riposo. E anche lucrativo: ogni tanto
si può rubare un paio di pantaloni, un
orologio, una penna stilografica, che sono una
preziosa moneta di scambio per del cibo. Alla
Wäscherei si lava la biancheria che
teoricamente i detenuti cambiano ogni quindici
giorni. Si è al riparo, al caldo, e vi si
hanno anche non poche opportunità di
procurarsi da mangiare. Alla Schusterei
si riparano le scarpe, alla Schneiderei
si ripara il vestiario e la biancheria
strappata, alla Küche...
Il miglior Kommando
è senza alcun dubbio quello della cucina
o Küche. A coloro che ne fanno parte non si
lesina il cibo e il lavoro non è pesante.
Per cominciare, hanno la razione che tutti
ricevono al Block prima di partire per il
lavoro. Sul luogo stesso di lavoro ricevono
ufficialmente una razione supplementare. Poi,
ogni volta che nel frattempo hanno fame, possono
attingere ai viveri che maneggiano, e mangiare.
Infine, rubano per procurarsi tabacco, calzini,
vestiario, favori. Per soprammercato, sono
esentati dall'appello. Fanno la vita dei cuochi
di caserma. Occorre una certa spinta per
arrivare a farsi adibire al Küche-Kommando:
i francesi non vi hanno accesso, i posti essendo
riservati ai tedeschi, ai cechi e ai
polacchi.
Nella stessa categoria
ci sono l'Arbeitsstatistik e quelli
dell'infermeria. Né gli uni né gli
altri fanno l'appello. Non c'è l'usanza
di picchiare. All'Arbeitsstatistik si fa un
lavoro d'ufficio, si mangia a volontà
perché quelli che sono stati favoriti
pagano in natura, si è vestiti bene
grazie allo stesso mezzo, si ha tabacco a
volontà. Ho conosciuto due francesi che
erano riusciti ad introdursi
nell'Arbeitsstatistik, tutti gli altri erano
tedeschi, cechi e polacchi, come alla
cucina.
All'infermeria ci sono
i medici, i Pfleger e i
Kalifaktor; i primi fanno diagnosi, i
secondi curano, gli altri assicurano la pulizia.
Come aggiunta, un mucchio di scribacchini,
generalmente ex-ammalati, i quali mangiano a
volontà, lavorano poco o nulla e non
vengono picchiati.
Poi viene il
Lager-Kommando, o Kommando di manutenzione del
campo. In via di principio dovrebbero esservi
addetti tutti coloro che sono riconosciuti
cagionevoli di salute. In realtà,
però, vi sono tutti i protetti, gli efebi
dei Kapo e Lagerschutz, quelli che hanno un
amico influente all'infermeria o alla cucina,
quelli che ricevono dei bei pacchi. Il
Lager-Kommando assicura tutti i servizi di
raccolta della carta straccia, di scopatura, di
sbucciatura dei legumi nelle cucine delle SS,
degli Häftling e dei lavoratori
liberi dei dintorni, alimenta
l'Altver-wertung o sezione di recupero
della roba vecchia. All'inizio, quando il campo
era ancora piccolo e il Kommando vi era
proporzionato, questo era un posto molto
ricercato. In prosieguo la situazione divenne
insostenibile, salvo che per i raccomandati,
essendo il Lager-Kommando giunto al punto di
comprendere centinaia e centinaia di individui,
tra i quali si attingeva per completare i
Kommando in cui il materiale umano
scarseggiava.
Due altri Kommando sono
pure ricercati: il Tabakfabrik e lo
Zuckerfabrik. Tutti e due vanno a
lavorare a Nordhausen trasportati su camion. La
sera ritornano, quelli del primo, con le tasche
piene di tabacco che scambiano con pane e zuppe;
quelli del secondo imbottiti di zucchero. In
seguito un terzo Kommando fu assegnato ai
mattatoi di Nordhausen e introdusse nel campo il
commercio della carne.
Avere un buono o un
cattivo Kommando è una questione di
fortuna che le relazioni nell'Arbeitsstatistik
propiziano potentemente: la caccia al buon
Kommando è la preoccupazione di tutti i
detenuti e si svolge di continuo utilizzando le
armi e i mezzi più incompatibili con la
dignità umana
* *
*
I Kommando del Tunnel
sono considerati allo stesso tempo il migliore e
il peggiore. Sono raggruppati in un Kommando
unico: Zavatsky, dal nome del capo
dell'impresa che ha il Tunnel in
accomandita.
Hanno alla loro testa
un generale -- il grande Giorgio -- che ha ai
suoi ordini un'intera squadra di Kapo i quali
inquadrano i detenuti secondo le loro
specializzazioni. Essere assegnati a un Kommando
che lavora in una delle dieci o quindici
officine al riparo nel Tunnel è la
certezza di fare un lavoro leggero, di esser
protetti dal vento, dalla pioggia e dal freddo.
E questo è molto apprezzabile. E anche la
certezza di evitare gli appelli: non vi è
appello per quelli del Tunnel. Però vi
è anche la certezza di non risalire mai
all'aperto, di respirare, nelle gallerie male o
punto arieggiate, i miasmi di ogni genere, la
polvere, per mesi e mesi, e di rischiare di
morire prima della liberazione. Mentre
all'aperto si lavora con qualsiasi tempo; piova,
nevichi, tiri vento, col sole a piombo come con
la tempesta, il lavoro non si ferma mai.
Più ancora: gli stessi appelli non sono
né soppressi, né accorciati. In
tempo piovoso ci è accaduto, per un
periodo da quindici giorni a tre settimane, di
non poter asciugare gli stracci che ci servivano
di vestiario: la sera, rientrando al Block, li
si metteva sotto il pagliericcio, con la
speranza che il calore del corpo arrivasse a
vincere l'umidità, e l'indomani mattina
li si infilava caldi ma umidi e ci si immergeva
di nuovo nella pioggia. La polmonite semplice o
doppia regnava allo stato endemico fra quelli
che lavoravano all'aperto e ne mandava molti al
crematorio, ma almeno era, appunto, all'aperto
che si viveva. E, nella buona stagione...
L'opinione era divisa fra il desiderio di
lavorare al Tunnel e quello di rimanere
all'aperto.
-- Bisognerebbe potersi
infilare nel Tunnel l'inverno e risalire
l'estate, mi diceva Fernand.
Evidentemente, questo
era impossibile, e io non ero neanche sicuro che
sarebbe stata una buona soluzione.
Ciò che si
denominava Tunnel era un sistema di due gallerie
parallele che attraversavano la collina da una
parte all'altra. Ad un'estremità c'era
Dora, all'altra il suo inferno, Ellrich. Queste
due gallerie principali, ognuna di quattro o
cinque chilometri di lunghezza, erano collegate
da una cinquantina di gallerie trasversali o
halls di 200 metri circa di lunghezza e
di 8 metri su 8 di sezione. Ogni hall ospitava
un'officina. Nell'aprile 1945 il Tunnel era
finito, messo a punto, e, se non fosse stato per
il sabotaggio, avrebbe potuto dare il massimo
rendimento. Si calcola che in quel momento
contasse da 13 a 15 chilometri di gallerie
scavate e sistemate, contro i 7 o 8 che
esistevano nell'agosto 1943, al momento della
nascita di Dora: queste due cifre danno la
misura dello sforzo che fu imposto ai detenuti.
Occorre inoltre tener presente che i due campi
di Dora e Ellrich riuniti non potevano mai
mettere al lavoro un personale superiore ai
15.000 uomini, i quali dovevano, inoltre,
montare le baracche e produrre ognuno un dato
numero di V1, V2, di motori o di telai di aerei
e di armi secondarie. Se poi, d'altro canto, si
vuole assodare il prezzo di questo lavoro, si
aggiungano ai franchi o ai marchi le 20-25.000
vite umane che è costato in meno di due
anni.
Tutti i giorni, dunque,
e per due volte al giorno, alle sette del
mattino e alle sette di sera, i Kommando del
Tunnel, che dormono nelle gallerie o nelle
porzioni di galleria sistemate a Block, vengono
svegliati per metà. Dispongono di meno
acqua, perciò l'igiene è minore,
le pulci e i pidocchi abbondano.
Alle 9 del mattino e
alle 9 di sera, a seconda della Schicht alla
quale appartengono, sono al lavoro.
Nel Tunnel ci sono
anche dei cattivi Kommando: quelli che perforano
le gallerie, che sono addetti al trasporto
dell'attrezzatura e del materiale di scavo.
Quelli sono veri forzati e muoiono come le
mosche, con i polmoni avvelenati dalla polvere
di ammoniaca, vittime della tubercolosi. Ma per
lo più i Kommando sono buoni. La
standardizzazione è spinta all'estremo:
un Kommando passa il suo tempo seduto davanti ai
trapani a spingere uno dopo l'altro i pezzi
sotto la punta; un altro verifica i giroscopi;
un terzo, dei contatti elettrici; un quarto
leviga delle lamiere; un quinto è formato
da tornitori e aggiustatori. Ve ne sono, infine,
che non sono né buoni né cattivi:
quelli che montano le V1 e V2. In linea
generale, il rendimento è scarso: si
impiegano dieci uomini che lavorano controvoglia
dove ne basterebbero uno o due che fossero di
buona volontà. La cosa più
faticosa consiste nel far sempre finta di
lavorare, nello stare in piedi tutto il tempo,
nell'assumere un'aria indaffarata e specialmente
nel vivere in mezzo a quel rumore e a quei
miasmi, ricevendo dall'esterno poca aria
attraverso cattive e troppo scarse bocche di
aerazione.
Verso la metà di
marzo, su richiesta di Zavatsky, che voleva
sopprimere una delle cause essenziali, ai suoi
occhi, del cattivo rendimento, si
cominciò a far risalire all'aperto i
Kommando del Tunnel per far loro mangiare
la zuppa al campo invece di portarla loro
giù. A fine aprile-principio di maggio,
la squadra operante all'aperto aveva messo in
piedi suppergiù tutti i Block previsti
fino al numero 132: allora fu deciso di non far
più dormire nessuno nel Tunnel, tutti i
Kommando risalirono e non scesero più se
non per lavorare, cioè per 12 ore al
giorno.
Per completare il
quadro occorre dire che anche dei civili sono
impiegati nelle diverse officine del Tunnel.
Nell'aprile 1945 erano da 6 a 7.000: dei
tedeschi che sono Meister, degli STO o dei
volontari venuti da tutte le nazioni d'Europa.
Sono anch'essi raggruppati in Kom-mando, vivono
in un campo a 2 km. da Dora, fanno dieci ore al
giorno, ricevono stipendi alti e un cibo poco
variato, ma sano e abbondante. Infine, sono
liberi entro un raggio di 30 km.: al di
là di esso occorre loro un permesso
speciale. Tra loro vi sono molti francesi che si
tengono a distanza da noi, nei loro occhi si
legge continuamente la paura di dovere un giorno
condividere la nostra sorte.
* *
*
31 marzo 1944. Da circa
otto giorni i Kapo, i Lagerschuz e i capi Block
sono particolarmente irritati. Parecchi detenuti
sono morti sotto le percosse: sono stati trovati
dei pidocchi, non soltanto nel Tun-nel, ma anche
nei Kommando dell'esterno, e la SS-Führung
ha reso la H-Führung responsabile di questo
stato di cose. Per giunta, ha fatto un tempo
spaventoso durante tutta la giornata: il freddo
è più rigido del solito e una
pioggia glaciale mista a nevischio è
caduta incessantemente. La sera arriviamo al
piazzale dell'appello gelati, inzuppati e
affamati ad un punto indicibile: purché
l'appello non vada troppo per le lunghe!
Sfortuna: alle 10 di sera siamo ancora in piedi
sotto le raffiche ad aspettare l'Abtrete
(16) che ci libererà. Alla fine, ci
siamo, è finita, possiamo andare a
mangiare in fretta la zuppa calda e a lasciarci
cadere nella paglia. Arriviamo al Block:
pulitura delle calzature, poi, facendoci a gesti
segno di restar fuori, il capo Block, in piedi
nell'inquadratura della porta, ci fa un
discorso. Ci annuncia che, essendo stati trovati
dei pidocchi, tutto il campo verrà
disinfettato... Si comincia questa sera: cinque
Block, fra i quali il 35, sono stati designati a
passare all'Entlaüsung (17)
questa notte. Perciò stasera
mangeremo la zuppa soltanto dopo l'operazione.
Ci indica le formalità alle quali dovremo
sottometterci e passa all'esecuzione.
-- Alles da drin!
(18)
Entriamo nella
Esszimmer con le calzature in mano.
-- Ausziehen!
(19 )
Ci spogliamo, mettiamo
il nostro vestiario in un mucchio, il numero in
vista.
-- Zu
fünf!
Siamo
terrorizzati...
-- Zu
fünf!
Eseguiamo. Gli
Stubendienst, portando il nostro vestiario
avvolto in coperte, ci inquadrano e, tutti nudi,
nel freddo, sotto la pioggia e la neve,
prendiamo la direzione dell'edificio dove saremo
disinfettati: vi sono circa ottocento metri da
percorrere.
Arriviamo. Gli altri
quattro Block, nudi come noi, stanno già
accalcandosi all'ingresso; sentiamo la morte
scendere tra noi. Quanto tempo durerà
tutto ciò? Siamo lì, circa un
migliaio, che ci spingiamo contro le porte,
tutti nudi, tremanti nel freddo umido della
notte che ci penetra fino nelle ossa. Possiamo
passare soltanto in quaranta alla volta. Si
verificano scene atroci. Da principio si vuole
entrare a forza: quelli dell'Entlaüsung ci
respingono con getti d'acqua. Allora si vuol
tornare al Block per aspettarvi il proprio
turno: impossibile, i Lagerschutz, gummi in
pugno, ci hanno accerchiati. Si deve star
lì, stretti tra i getti d'acqua e il
gummi, annaffiati e picchiati. Ci stringiamo gli
uni agli altri. Ogni dieci minuti, quaranta sono
ammessi ad entrare, in una ressa spaventosa che
è una vera e propria lotta contro la
morte. Si danno gomitate, ci si batte, i
più deboli vengono calpestati senza
pietà e i loro cadaveri verranno trovati
all'alba.Verso le 2 del mattino riesco a
penetrare all'interno, con Fernand che mi segue,
nel turno che mi sono conquistato: barbiere,
disinfestazione, doccia. All'uscita ci danno una
camicia e delle mutande e con questi indumenti
ci lanciamo nella notte per tornare al Block. Ho
l'impressione di compiere un autentico atto di
eroismo. Arriviamo al Block. Entriamo nella
Esszimmer dove uno Stubendienst ci tende il
nostro vestiario tornato dalla disinfezione
prima di noi. La zuppa e poi a letto.
Alla sveglia la
sinistra commedia è appena terminata.
Almeno la metà del Block è tornata
appena in tempo per vestirsi, mangiare la zuppa,
prendere la razione quotidiana e balzare sul
piazzale dell'appello per andare al lavoro. E ce
ne sono che mancano: quelli che sono morti
durante il compimento stesso di queste dure
prove. Altri sono sopravvissuti soltanto per
qualche ora o per due o tre giorni e poi sono
stati portati via dall'inevitabile congestione
polmonare conseguente: verosimilmente
l'operazione ha ucciso tanti uomini quanti erano
i pidocchi.
Cos'è
accaduto?
La SS-Führung si
è limitata a decidere la disinfezione in
ragione di cinque Block al giorno e la
H-Führung è stata lasciata padrona,
completamente padrona, delle modalità di
esecuzione. Avrebbe potuto prendersi il disturbo
di stabilire un orario, un turno per ciascun
Block: alle 11 il 35, a mezzanotte il 24,
all'una il 32, ecc... I capi Block avrebbero
potuto, ad esempio, nel quadro di questo orario,
mandarci a gruppi di cento a intervalli di 20
minuti, e tutti vestiti, ciò che avrebbe
già rappresentato qualcosa di abbastanza
pesante dopo la giornata di lavoro. Ma no: era
troppo semplice.
Invece...
Quando gli avvenimenti
della notte del 31 marzo arrivano all'orecchio
della SS-Führung, questa fissa
dall'indomani stesso un orario preciso per i
Block che ancora debbono essere
disinfettati.
* *
*
2 aprile 1944: Pasqua.
La SS-Führung ha deciso 24 ore di riposo
che non saranno disturbate altro che da un
appello generale, al quale, cioè, gli
effettivi del Tunnel parteciperanno al pari di
quelli che lavorano all'aperto. Il tempo
è bellissimo: sole radioso in un cielo
puro e sereno. Gioia: gli dei sono con
noi!
Sveglia alle 6 invece
che alle 4,30: toeletta, distribuzione di viveri
a rilento, pausa.
Ore 9: tutti i Kommando
sono sull'attenti sul piazzale. I Lagerschutz
circolano tra i gruppi, i capi Block sono al
loro posto. Il Lagerältester
chiacchiera familiarmente col
Rapportführer. Tiene in mano un foglio: la
situazione dettagliata degli effettivi del campo
stabilita dall'Arbeitsstatistik. Una trentina di
SS, con l'elmetto, pistola nella fondina, sono
ammassate all'ingresso del campo: i
Blockführer. Tutto sembra dovere andar
liscio.
Un fischio: i
Blockführer si dirigono a ventaglio, ognuno
verso il Block che ha compito di controllare.
Ognuno conta e confronta il risultato con la
situazione degli effettivi del Block, che gli
viene pòrta, dopo la conta, dal capo
Block.
-- Richtig.
(20)
Uno ad uno i
Blockführer vanno a rendere conto al
Rapportführer che aspetta con la matita in
mano e che annota i risultati via via che gli
pervengono.
Nessuna nota
discordante, non durerà a lungo: le SS
vogliono approfittare di questa domenica, fanno
alla svelta. Noi esultiamo: un giorno di riposo,
niente da fare, mangiare la nostra zuppa e
starcene sdraiati al sole.
Ma, un momento... il
totale ottenuto dal Rapportführer non
corrisponde alla cifra fornita
dall'Arbeitsstatistik, sul piazzale dell'appello
ci sono 27 uomini in meno di quelli segnati sul
foglio. Problema: che è stato di
loro?
Il Kapo
dell'Arbeitsstatistik è convocato
d'urgenza. Viene pregato di rifare
immediatamente le sue somme. Ritorna un'ora
dopo: gli risulta la stessa cifra.
Forse, allora, si sono
sbagliate le SS: si riconta un'altra volta e il
Rapportführer trova ancora la stessa
cifra.
Si va a frugare nei
Block, si va a frugare nel Tunnel: non si trova
nulla.
E mezzogiorno. I circa
diecimila detenuti sono sempre sul piazzale ad
aspettare che l'Arbeitsstatistik e la
SS-Führung si trovino d'accordo. Si
comincia a trovar lungo il tempo, alcuni
svengono, coloro per i quali è la volta
di morire cadono per non rialzarsi più,
gli ammalati di dissenteria si fanno addosso i
loro bisogni, i Lagerschutz sentono che il
cedimento è lì lì per
giungere e si mettono a picchiare. Le SS, la cui
domenica è compromessa, sono furiose:
decidono di andare a mangiare, ma, noi, noi
restiamo lì. Alle 14
ritornano.
Tutto ad un tratto, il
Kapo dell'Arbeitsstatistik arriva di corsa: ha
trovato un'altra cifra. Un mormorio di speranza
sale dalla massa. Il Rapportführer esamina
il nuovo numero e si adira violentemente:
mancano ancora otto uomini. Il Kapo
dell'Arbeitsstatistik riparte. Torna alle 16:
adesso mancano soltanto cinque uomini. Alle
venti, ne manca solo uno e noi siamo ancora
lì, pallidi, disfatti, sfiniti da 11 ore
passate in piedi e a stomaco vuoto: le SS
decidono di mandarci a mangiare. Partiamo:
dietro di noi il Totenkommando raccoglie una
trentina di morti.
Alle 21 si ricomincia
per trovare l'ultimo mancante: alle 23,45, dopo
varie operazioni, questo mancante è a sua
volta trovato, la SS-Führung e
l'Arbeitsstatistik sono d'accordo. Rientriamo al
Block e possiamo andare a dormire, lasciando
ancora una decina di morti dietro di
noi.
Ora avete la
spiegazione della lunghezza degli appelli: gli
uomini impiegati all'Arbeitsstatistik,
analfabeti o quasi, sono diventati contabili
soltanto per favoritismo e sono incapaci di
redigere di primo acchito una situazione esatta
degli effettivi. Il campo di concentramento
è un mondo in cui il posto di ognuno
è determinato dalla sua disinvoltura e
non dalle sue capacità: i contabili
utilizzati come muratori, i carpentieri sono
contabili, i carrai sono medici e i medici
aggiustatori, elettricisti o
sterratori.
* *
*
Tutti i giorni un
vagone di dieci tonnellate pieno di pacchi
provenienti da tutte le nazioni dell'Europa
occidentale, salvo che dalla Spagna e dal
Portogallo, arrivava alla stazione di Dora: a
parte qualche rara eccezione, quei pacchi erano
intatti. Eppure, al momento della consegna
all'interessato, il loro contenuto era stato del
tutto o per tre quarti depredato. In numerosi
casi si riceveva soltanto l'etichetta con
l'indirizzo accompagnata dall'elenco del
contenuto, oppure da un sapone da barba, o da
una saponetta, o da un pettine, ecc. Un Kommando
di cechi e di russi era adibito allo scarico del
vagone. Da lì si portavano alla
Poststelle, dove gli Schreiber e
Stubendienst di ogni Block venivano a prenderli
in consegna. Poi il capo Block li rimetteva lui
stesso all'interessato. Era su questo percorso
limitato che i pacchi venivano
saccheggiati.
Il meccanismo del
saccheggio era semplice. Anzitutto, erano
specialmente i pacchi francesi, rinomati per la
ricchezza del loro contenuto, a farne le spese.
Sul luogo stesso di scarico, il vagone veniva
aperto dal Kapo del Kommando sotto gli occhi di
una SS incaricata di controllare le operazioni.
Il pacco passava per tre mani: dal vagone un
ceco lo lanciava ad un russo che stava a terra e
che doveva prenderlo al volo per rilanciarlo ad
un altro russo o ad un altro ceco il cui compito
era di disporlo sul carro. Ogni tanto il russo
del vagone diceva: Franzous!» e il
ceco tirava indietro le mani: il pacco cadeva a
terra sfasciandosi, il contenuto si spargeva sul
suolo e russi e cechi se ne empivano le tasche o
il tascapane. Se qualcosa del pacco sventrato le
piaceva, la SS tendeva la mano, e così
veniva comprata la sua
complicità.
Il carro pieno, tirato
da sei uomini, si avviava verso la Poststelle;
su questo primo percorso, molti pacchi sparivano
o venivano a loro volta sventrati.
Il regolamento
prescriveva che alla Poststelle i pacchi
dovevano essere minuziosamente esaminati e che
dovevano esserne tolti i medicinali, il vino,
gli alcolici, le armi e o i vari oggetti che
potevano essere utilizzati come armi. Questa
perquisizione ufficiale era fatta da una squadra
di detenuti, tedeschi o slavi, sotto la
sorveglianza di due o tre SS: nuovo
prelevamento. Le SS stesse si lasciavano tentare
da un pezzo di lardo, da una tavoletta di
cioccolata della quale l'amichetta aveva voglia,
da un pacchetto di sigarette, da un
accendisigari. Si assicuravano il silenzio dei
detenuti chiudendo gli occhi sulle ruberie che
questi commettevano.
Dalla Poststelle al
Block, gli Schreiber e gli Stubendienst si
ingegnavano per effettuare un terzo prelevamento
e, alla fine della corsa, c'era il capo Block
che effettuava il quarto e ultimo, dopo di che
rimetteva il resto all'interessato.
La cerimonia della
consegna all'interessato aveva qualcosa di
grottesco. Il detenuto veniva chiamato per
numero e invitato a recarsi dal capo Block.
Sullo scrittoio di questi c'era il suo pacco
aperto e inventariato. Ai piedi dello scrittoio,
una grande cesta sormontata da un cartello:
Solidarität». Ogni detenuto era
moralmente costretto a lasciarvi cadere un po'
di quello che riceveva per coloro che non
ricevevano mai niente, soprattutto i russi e gli
spagnoli, i bambini, i diseredati di ogni
nazionalità che non avevano parenti o dei
quali i parenti ignoravano l'indirizzo, ecc.
Tutto questo in teoria, perché in pratica
il capo Block, dopo ogni distribuzione, si
appropriava puramente e semplicemente di
ciò che era caduto nella cesta e lo
spartiva col suo Schreiber e con gli
Stubendienst.
Dopo ogni arrivo le SS,
i Kapo, i Lagerschutz, i Blockältester,
tutti coloro che avevano un grado qualsiasi
nella SS-Führung o nella H-Führung,
erano abbondantemente provvisti di prodotti
francesi, il che mi aveva persuaso che le
ruberie erano opera di una banda
organizzata.
Ricevetti il mio primo
pacco il 4 aprile 1944; mancavano tutta la
biancheria, una tavoletta di cioccolata, credo,
e un barattolo di marmellata, ma restavano tre
pacchetti di sigarette, un buon chilo di lardo,
una scatola di burro e varie altre piccole
derrate commestibili. Avevamo cambiato di Block
due giorni prima, eravamo all'11, e il nostro
capo Block era un tedesco con il triangolo
nero.
Gli domandai che cosa
avrebbe gradito:
-- Nichts, geh
mal. (21)
Risolutamente gli tesi
un pacchetto di sigarette; poi, mostrando la
cesta di Solidarität», lo interrogai
con gli occhi:
-- Brauchst nicht!
Geh mal, blöde Kerl! (22)
Avevo puntato bene. Due
giorni dopo, fui di nuovo chiamato: questa volta
avevo tre pacchi. Di uno di essi rimaneva solo
l'etichetta, ma gli altri due erano
suppergiù intatti: in uno, un enorme
pezzo di lardo.
-- Dein Messer,
(23) dico al capo Block.
Ne taglio una buona
metà e gliela tendo, poi me ne vado senza
nemmeno domandare se dovevo lasciare qualcosa
alla Solidarität». Mentre mi allontano
mi guarda con gli occhi sgranati: i francesi
avevano fama, da essi del resto giustificata, di
essere gelosi dei loro pacchi e poco generosi.
Ad un tratto mi richiama:
-- Dein Nummer?
(24)
Lo scrive,
poi:
-- Höre mal,
Kamerad, deine Paketten werden nie mehr
gestollen werden, mi dice. Das sage ich.
Geh mal, jetzt! (25)
Infatti, da quel
giorno, i miei pacchi mi furono consegnati tutti
e pressoché intatti: il capo Block aveva
fatto passare il mio numero alle varie fasi
dello svaligiamento con l'ingiunzione di non
toccare». E a ciò che io debbo di
avere avuta salva la vita, perché i
pacchi che arrivavano dalla Francia, oltre
all'integrazione che recavano all'alimentazione
del campo, erano una preziosa moneta di scambio
con la quale ci si potevano procurare esenzioni
dal lavoro, vestiario supplementare, posti
privilegiati. A me hanno permesso di passare
all'infermeria un otto mesi che altri, malati
quanto me, hanno dovuto passare facendo una
ginnastica della quale sono morti.
A proposito dei pacchi,
è accaduto un altro fenomeno tragico: la
maggior parte dei francesi, anche di famiglia
molto agiata, ne ricevevano uno, per tre quarti
saccheggiato, poi più nulla. Ebbi la
spiegazione di ciò alla liberazione:
all'arrivo al campo i detenuti scrivevano una
volta alla loro famiglia, precisando che avevano
il diritto di scrivere due volte al mese. La
famiglia spediva un pacco e, dato che era il
primo, aspettava che gliene fosse accusata
ricevuta prima di inviare il secondo, ma questa
non arrivava mai perché, a parte la prima
lettera, soltanto una su dieci delle lettere che
scrivevamo in prosieguo giungeva a destinazione.
Al campo il detenuto che scriveva regolarmente
si domandava cosa mai stesse accadendo e, mentre
moriva di fame, in Francia la sua famiglia era
persuasa che non valesse la pena di mandargli un
secondo pacco: dato che non aveva accusato
ricevuta del primo, certamente era morto. Mia
moglie, che mi mandò regolarmente un
pacco tutti i giorni, mi ha detto che lo faceva
soltanto a scarico di coscienza e contro ogni
speranza, avendo mia madre stessa cercato di
persuaderla che lo spediva ad un morto e che al
lutto sicuro si aggiungeva del denaro
buttato.
* *
*
Il 1o giugno 1944 il
campo è irriconoscibile.
E dal 15 marzo che i
convogli non cessano di arrivare (di 800, 1.000
e 1.500 uomini) una o due volte alla settimana,
e la popolazione del campo è salita a
circa 15.000 unità. Se non ha
oltrepassato tale cifra è perché
la morte ha falciato in una proporzione molto
vicina alla totalità degli arrivi: ogni
giorno da cinquanta a ottanta cadaveri hanno
preso la strada del crematorio. La
H-Führung comprende da sola un decimo della
popolazione del campo: da 1.400 a 1.800
privilegiati, onnipotenti e tronfi della loro
importanza, regnano sul vulgus pecus
fumando sigarette, mangiando zuppe e bevendo
birra a volontà.
Si sta montando il
Block 141, destinato a diventare il
Theater-Kino, e il bordello è pronto a
ricevere donne. Tutti i Block, geometricamente e
piacevolmente disposti in collina, sono
collegati tra loro da strade asfaltate: scale in
cemento e a gradini che conducono ai Block siti
più in alto: davanti ad ognuno di essi,
pergolati con piante rampicanti, giardinetti con
praticelli di fiori; qua e là, piccole
rotonde con fontanella o statuetta. Il piazzale
dell'appello, che si estende per circa mezzo
chilometro quadrato, è interamente
pavimentato, pulito da non smarrirci uno
spillo.
Una piscina centrale
con trampolino, un campo sportivo, ombre fresche
a portata di mano, un vero campo da soggiorno in
vacanza; e qualsiasi passante che vi fosse stato
ammesso per visitarlo in assenza dei detenuti ne
sarebbe uscito persuaso che vi si conduceva una
vita piacevole, piena di poesia silvestre e
particolarmente invidiabile, in ogni caso fuori
di ogni paragone con quei rischi della guerra
che sono appannaggio degli uomini in
libertà. Le SS hanno autorizzato la
creazione di un Kommando della musica. Tutte le
mattine e tutte le sere un complesso di una
trentina di strumenti a fiato sostenuti da
piatti e da una grancassa ritma il passo dei
Kommando che vanno al lavoro o che ne ritornano.
Durante il giorno si esercita e assorda il campo
con i più straordinari accordi. Il
pomeriggio della domenica dà dei concerti
nell'indifferenza generale, mentre i
privilegiati giuocano al football o fanno
acrobazie sul trampolino.
Le apparenze sono
cambiate ma la realtà è rimasta la
stessa. La H-Führung è sempre quella
che era: i politici vi si sono introdotti in
numero notevole e i detenuti, invece di essere
maltrattati da comuni, lo sono dai comunisti o
sedicenti tali. Ogni individuo riceve
regolarmente uno stipendio: da due a cinque
marchi la settimana. Questo stipendio è
incassato dalla H-Führung, che in genere lo
distribuisce il sabato sera sul piazzale
dell'Arbeitsstatistik, ma procedendo in modo
tale, organizzando tali resse, che manifestare
la pretesa di riceverlo equivale a porre la
propria candidatura al crematorio. Pochissimi
sono i temerari che si presentano. I Kapo, capi
Block, Lagerschutz, si spartiscono ciò
che così sono dispensati dal distribuire.
Si distribuiscono anche delle sigarette -- 12
sigarette ogni dieci giorni -- contro 80
pfennig. Non si ha denaro per pagarle e i
capi Block incaricati della ripartizione
esigono, da coloro che di denaro ne hanno, tali
virtù di igiene e di contegno che
è pressoché impossibile entrare in
possesso della propria razione. Infine, si
distribuisce della birra: come norma, a tutti;
ma, anche lì, bisogna poter pagare. Le
famiglie dei detenuti sono autorizzate a mandar
loro ogni mese 30 marchi, che essi non ricevono,
così come, del resto, non ricevono il
loro salario settimanale o le loro sigarette,
per le stesse ragioni. E così via per
tutto: un giorno quelli della H-Führung
decisero di spartirsi il vestiario e gli oggetti
vari dei quali eravamo stati depredati al nostro
arrivo a Buchenwald.
Bisogna aggiungere che,
per ottenere questo risultato, migliaia e
migliaia di detenuti sono passati per il
crematorio, sia che ci siano finiti in modo del
tutto naturale, in conseguenza della vita che si
faceva far loro, sia che vi siano stati mandati
per motivi diversi, specie per sabotaggio,
facendo prender loro la strada degli
Strafkommando, del Bunker e della forca.
Dal marzo 1944 all'aprile 1945 non è
passata settimana che non vedesse i suoi tre o
quattro impiccati per sabotaggio. Alla fine li
si impiccava a dieci, a venti per volta, gli uni
sotto gli occhi degli altri. L'operazione aveva
luogo sul piazzale dell'appello, alla presenza
di tutti. Erigevano una forca, i condannati
arrivavano, in bocca un bavaglio di legno in
forma di morso, le mani dietro la schiena.
Montavano su uno sgabello, passavano la testa
nel nodo scorsoio. Con un calcio il Lagerschutz
di servizio spostava lo sgabello. Ma non tutto
in una volta: i disgraziati impiegavano quattro,
cinque, sei minuti per morire. Una o due SS
sorvegliavano. Terminata l'operazione, tutta la
popolazione del campo sfilava davanti ai
cadaveri appesi alla fune.
Il 28 febbraio 1945 ne
impiccarono 30 che salirono il patibolo a dieci
per volta. I primi dieci infilarono la testa nel
nodo scorsoio, mentre i dieci successivi
aspettavano il loro turno sull'attenti, vicino
agli sgabelli, e gli ultimi dieci si tenevano a
cinque passi aspettando il loro. L'8 marzo
successivo ne impiccarono 19: questa volta
l'esecuzione ebbe luogo nel Tunnel e soltanto i
Kommando del Tunnel ne furono testimoni. I 19
condannati furono disposti su una fila di faccia
alla Hall 32. Un grande paranco al quale erano
fissate 19 funi scese lentamente sopra le loro
teste. Il Lagerschutz passò i 19 nodi
scorsoi, poi il paranco risalì adagio
adagio: oh, gli occhi dei disgraziati che si
spalancavano e i loro poveri piedi che cercavano
di tenere il contatto col suolo! La Domenica
delle Palme ne impiccarono 57, otto giorni prima
della liberazione, quando già avevano
sentito vicinissimo il cannone alleato e l'esito
della guerra non poteva lasciare dubbi alle
SS.
Accadeva anche questo,
che le SS scoprivano per conto proprio un certo
numero di atti di sabotaggio (nel 1945, e fin
dalla metà del '44, era diventato
impossibile a chiunque, dentro o fuori dei
campi, vivere senza sabotare), ma la
H-Führung gliene segnalava senza
pietà un numero ancora maggiore. Del
resto, ci si potrà fare un'idea giusta di
quello che poteva essere questa H-Führung
quando si saprà che alla liberazione, al
momento dei trasporti di evacuazione, tutti i
tedeschi che ne facevano parte, rossi o verdi,
ci inquadravano, col bracciale bianco e il
fucile carico sotto il braccio. Tutti i
tedeschi, dico, con quali occhi pieni di invidia
guardati dagli altri, russi, polacchi o cechi, i
servizi dei quali erano stati in precedenza
rifiutati.
Inutile insistere sul
costo dell'impresa in vite umane! Il 1o giugno
1944 la popolazione del campo era quasi
esclusivamente costituita da gente arrivata in
marzo o dopo. Si potevano ancora incontrare
sette detenuti le cui matricole erano comprese
tra i numeri 13.000 e 15.000: erano arrivati in
800 il 28 luglio 1943. Se ne potevano contare
una dozzina nei 20 e 21.000: erano arrivati in
1.500 in ottobre. Degli 800 presi nei 30-31.000
arrivati in dicembre-gennaio ne restava una
cinquantina, dei 1.200 presi nei 38-44.000 in
febbraio-marzo ne sopravvivevano tre o
quattrocento. Le matricole da 45 a 50.000,
arrivati nel mese di maggio, erano ancora
suppergiù al completo: non per
molto.
NOTE
1. Per cinque! Per cinque! Idioti!
2. Erano lavabi a forma di bacino circolare, con
i rubinetti al centro [ndt].
3. Qui siamo a Dora! Idioti!
4. Presto! Presto! Qui siamo a Dora!
5. Siamo a Dora, caro mio!
6. Costruttori di strade.
7. Alzarsi!Alzarsi!Lavarsi in fretta!
8. Andiamo, gente! Andiamo, lavarsi!
9. Adagio, adagio... adagio, idiota!
10. Andiamo, andiamo! Presto, uomini! Vi dico:
lavatevi!
11. Come va?
12. Adagio, adagio.Molto adagio! Guardi un po'
queste canaglie: che ne facciamo?
13. Attenzione!Attenzione!
14. Fine della giornata.
15. Zoccoli di legno.
16. Rompete le righe!
17. Spidocchiamento, disinfestazione.
18.Tutti là dentro!
19. Spogliarsi!
20. Giusto.
21. Niente, fila.
22. Non occorre! Fila, cretino!
23. Il tuo coltello.
24. Il tuo numero?
25. Senti, camerata, i tuoi pacchi non saranno
mai più derubati. Te lo dico io. Ora
va'!
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