di Arnaud de Lassus 1
postato: 23 maggio 2013
Sopra: immagine propagandistica americana in cui è scritto:
«Vendicate Pearl Harbor. Lo faranno le nostre pallottole».
«Pearl Harbor fu un momento di sorpresa storica [...] in cui lo stato di guerra si estese improvvisamente al mondo intero, per la prima e unica volta nella Storia» 2.
Cinquant'anni fa, il 7 dicembre 1941 3, una forza navale giapponese attaccò di sorpresa la base americana di Pearl Harbor, nelle Isole Hawaii 4. Ciò provocò l'entrata in guerra degli Stati Uniti, a fianco della Gran Bretagna e dell'Unione Sovietica, contro le forze dell'asse (Giappone, Germania e Italia). Di questo avvenimento capitale della Storia contemporanea, il grande pubblico conserva in generale la seguente immagine: i giapponesi hanno attaccato a tradimento gli americani; quattro anni più tardi, essi sono stati puniti per il loro misfatto con una sconfitta esemplare. Un'immagine in parte inesatta e che è il risultato di una notevole opera di disinformazione.
È utile sostituirla con la realtà dei fatti, come si evidenzia dalle inchieste e dagli studi storici effettuati fin dal 1941; emergono così certe spiegazioni preziose sugli obiettivi della politica americana durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale e sugli inizi della marcia verso il mondialismo. Ora esamineremo i fatti, la spiegazione dei fatti e le lezioni che possono essere tratte da questa vicenda.
I
I FATTI
I fatti conosciuti
All'alba del 7 dicembre 1941, la forza navale giapponese avente il nome in codice Kido Butai (sei portaerei, scortate da corazzate, da incrociatori, da sottomarini e da navi più leggere), attaccò, senza essere stata individuata - e in assenza di una dichiarazione di guerra - la base americana di Pearl Harbor, situata nelle Isole Hawaii. Diciotto navi americane furono affondate o gravemente danneggiate, tra cui otto corazzate 5; 188 aerei americani furono distrutti, la maggior parte al suolo; 2.403 uomini rimasero uccisi. Da parte giapponese, le perdite furono deboli 6. L'indomani, Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), presidente degli Stati Uniti, si indirizzò al Congresso con queste parole 7: «Ieri, 7 dicembre 1941 - una data che sarà contrassegnata sempre da una nota d'infamia - gli Stati Uniti d'America sono stati attaccati in modo improvviso e deliberato...». Subito, il Congresso votò una risoluzione in cui si dichiarava lo stato di guerra tra gli Stati Uniti e il Giappone... una decisione che, a causa delle alleanze in vigore, comportò lo stato di guerra anche tra gli Stati Uniti e la Germania. Così, il governo degli Stati Uniti si impegnò nella Seconda Guerra Mondiale rispettando la promessa che era stata fatta da Roosevelt al popolo americano all'epoca della sua campagna elettorale nel 1940: «Noi non invieremo il nostro esercito, la nostra marina e la nostra aviazione a combattere in Paesi stranieri situati al di fuori dell'America, tranne il caso in cui fossimo attaccati». Da parte americana, tre fattori hanno contribuito al successo giapponese:
Le forze americane delle Isole Hawaii sono state colte interamente di sorpresa;
Poiché le istruzioni generali ricevute da Washington insistevano sui rischi di sabotaggio, gli aerei erano stati parcheggiati gli uni vicino gli altri per facilitarne la sorveglianza, costituendo così un bersaglio ideale;
La flotta era allineata sulla banchina, pronta a rifornirsi in previsione di un'eventuale spedizione.
I fatti meno conosciuti
Dal 1941 al 1946, otto inchieste ufficiali su Pearl Harbor furono intraprese dalle autorità militari o civili. Esse sembrano essere state condotte nell'intento di nascondere certi fatti. Col tempo, certe realtà ignorate finiscono per liberarsi del camuffamento che hanno subìto; i testimoni parlano; le loro testimonianze vengono raccolte. Nel caso di Pearl Harbor, alcuni libri come quello dell'Ammiraglio Robert A. Theobald (1884-1957), intitolato The Final Secret of Pearl Harbor (1954) 8, o quello - già citato - di John R. Toland (1912-2004) intitolato Infamy: Pearl Harbor and its Aftermath (1982) 9, permettono di comprendere meglio ciò che è realmente accaduto 10.
Robert A. Theobald John R. Toland Infamy: Pearl...
Le notizie di cui disponeva Washington
Parecchi mesi prima di Pearl Harbor, i servizi speciali americani e britannici avevano decodificato i principali codici di comunicazione giapponese (battezzati «Purple», J-19 e AN dagli americani, e corrispondenti al codice diplomatico, al codice dei consolati e al codice della marina). Le informazioni così ottenute avevano presso gli americani il nome «Magic». Dunque, Roosevelt e il suo Stato Maggiore conoscevano nel dettaglio i piani giapponesi e potevano seguirne l'esecuzione e le modifiche giorno per giorno.
Essi furono informati in particolare delle istruzioni giapponesi del 4 dicembre 1941 che davano alle ambasciate e ai consolati giapponesi localizzati negli Stati Uniti e in Inghilterra l'ordine di distruggere i loro codici, il che significava una decisione di entrare in guerra a brevissimo termine. Grazie agli ascolti radio effettuati dalle navi commerciali, essi poterono seguire la marcia della forza navale Kido Butai 11. E dunque, per i dirigenti di Washington l'attacco su Pearl Harbour non poteva essere una sorpresa.
l Le notizie di cui disponeva il comando delle Isole Hawaii
Non andava allo stesso modo nelle Isole Hawaii. I capi militari locali, l'Ammiraglio Husband E. Kimmel (1882-1968) e il Generale Walter Campbell Short (1880-1949), furono tenuti sistematicamente all'oscuro sullo stato delle discussioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e il Giappone, sulle misure prese dal Giappone in previsione di un attacco e sui movimenti della forza navale Kido Butai.
Essi applicarono le consegne provenienti da Washington che gli ingiungevano essenzialmente di proteggersi contro eventuali sabotaggi, di preparare un intervento della flotta nel Sud-Est asiatico e di non prendere nessuna misura che potesse mettere in subbuglio la popolazione locale 12; tutto questo li condusse ad adottare le disposizioni già segnalate... il che facilitò il compito dei giapponesi:
Concentrare gli aerei su un'area ristretta per meglio assicurare la loro vigilanza;
Mantenere le navi alla banchina per le operazioni di rifornimento.
Citiamo la testimonianza dell'Ammiraglio della flotta William Frederick Halsey (1882-1959) 13, che nel dicembre 1941 era uno dei tre principali subordinati dell'Ammiraglio Kimmel: «Tutte le informazioni di cui disponevamo mostravano la probabilità di un attacco giapponese nelle Filippine, nella parte meridionale della Malaysia o nell'Indonesia. Anche se l'ipotesi di un attacco su Pearl Harbor non era esclusa, l'insieme delle notizie che c'era stato comunicato indicava un'altra direzione. Se fossimo stati avvertiti del continuo e scrupoloso interesse di cui facevano prova i giapponesi per le aree esatte e per i movimenti delle nostre navi a Pearl Harbor, interesse manifestato dai messaggi "Magic", non comunicati al comando locale, avremmo evidentemente concentrato le nostre riflessioni sull'atteggiamento pratico da tenere di fronte ad un attacco certo della base» 14.
Husband E. Kimmel Walter Campbell Short William F. Halsey
L'occultamento dei fatti
I dirigenti di Washington - il presidente Roosevelt, l'Ammiraglio Harold Rainsford Stark (1880-1972), capo delle operazioni navali, il Generale George Catlett Marshall (1880-1959), capo di Stato Maggiore dell'esercito - cercarono di coprirsi a vicenda nascondendo i fatti (lo stato di guerra facilitava un tale camuffamento) e lasciando accusare di grave negligenza nel servizio («dereliction of duty») l'Ammiraglio Kimmel e il Generale Short. Tutti i mezzi furono utilizzati: commissioni d'inchiesta oltraggiosamente parziali, testimoni essenziali scartati o sui quali vennero esercitate pressioni affinché non parlassero...
La storia di queste falsificazioni della giustizia ordinata dall'autorità suprema è dettagliatamente descritta nel libro di John Toland; essa porta una prova supplementare - e sorprendente - della realtà dei fatti. L'Ammiraglio Halsey conclude così la prefazione che ha fatto per il succitato libro dell'Ammiraglio Theobald The Final Secret of Pearl Harbor («Il segreto finale di Pearl Harbor»): «Ho sempre considerato l'Ammiraglio Kimmel e il Generale Short come ottimi ufficiali che furono gettati in pasto ai lupi come capri espiatori per avvenimenti che non dipendevano da loro. Essi agirono in base a quanto era stato dato loro di sapere. Sono i nostri martiri militari "fuori serie"» 15.
Harold Rainsford Stark George Catlett Marshall
Roosevelt voleva la guerra con il Giappone
Il presidente Roosevelt conosceva in anticipo l'operazione messa in moto dai giapponesi contro Pearl Harbor, un'operazione rischiosa (l'obiettivo era localizzo a più di 6000 km dal loro punto di partenza) 16, e che poteva riuscire solamente se la base fosse stata colta di sorpresa: «All'avvicinarsi del 4 dicembre (1941) - spiega John Toland - Roosevelt e un piccolo gruppo di consiglieri che comprendevano Stimson, Knox e Marshall, dovevano scegliere tra tre opzioni. Potevano annunciare al Giappone e al mondo intero l'avvicinarsi di Kido Butai, il che avrebbe obbligato quasi certamente i giapponesi a fare marcia indietro. Seconda opzione: potevano informare Kimmel e Short che le portaerei giapponese erano a Nord-Ovest delle Hawaii e dar loro l'ordine di inviare tutti gli aerei di pattuglia a lunga distanza disponibili alla ricerca di questa forza navale. Un attacco così concepito nel segreto poteva riuscire solamente se la sorpresa fosse stata completa; una volte scoperta prima di essere a portata del suo obiettivo, Kido Butai avrebbe dovuto fare retromarcia. (Terza opzione) Un mese prima dell'ultimatum consegnato tramite Hull 17 al Giappone 18, Ickes (segretario di Stato agli interni) aveva scritto nel suo diario: "Da molto tempo ero persuaso che il miglior modo per noi di entrare in guerra sarebbe stato di farlo per mezzo del Giappone" 19. La prima bomba caduta su Oahu 20 avrebbe definitivamente risolto il problema di impegnare l'America - Paese di cui metà della popolazione voleva la pace - nella crociata contro Hitler. La terza opzione avrebbe permesso di ottenere questo risultato: essa consisteva nel lasciare all'oscuro Kimmel, Short e tutti gli altri - ad eccezione di alcuni iniziati - dell'avvicinarsi della forza aeronavale Kido Butai, in modo che i giapponesi proseguissero nella loro operazione fino al punto di lancio senza sapere che erano stati scoperti. Ciò avrebbe reso l'attacco giapponese certo. Se Kimmel, Short e gli altri avessero conosciuto questo segreto, le loro eventuali reazioni avrebbero potuto rivelare ai giapponesi che il loro piano d'attacco era stato svelato» 21. Roosevelt adottò la terza opzione, il che prova che voleva la guerra con il Giappone. Volontà che condivideva insieme ai suoi principali collaboratori, come il già citato segretario di Stato agli esteri Harold Lill Ickes (1874-1952), o il segretario di Stato alla guerra Henry Lewis Stimson (1867-1950), che scrisse nel suo diario in data 25 novembre 1941: «La questione è di sapere come li potremo (i giapponesi) manovrare in modo che essi sparino per primi, senza che ciò comporti troppi pericoli per noi; una faccenda difficile» 22. Su questa volontà di fare la guerra al Giappone, ecco altre due testimonianze: «Posso dire che prima del 7 dicembre 1941, era evidente, anche per me, che mettevamo il Giappone con le spalle al muro. Le condizioni che gli erano state imposte - evacuare la Cina, ad esempio - erano così dure che sapevamo che sarebbero state rifiutate. Non volevamo che il Giappone le accettasse» 23. «Il Giappone è stato spinto ad attaccare l'America a Pearl Harbor 24. É falsificare la Storia affermare che l'America è stata costretta ad entrare in guerra» 25. Dopo un mezzo secolo di disinformazione, questi fatti cominciano a venire allo scoperto, o in modo prudente o in modo aperto: «Roosevelt ha cercato deliberatamente l'attacco su Pearl Harbor per fare entrare l'America in guerra»? 26. A questa domanda che pone alla fine del suo libro Back Door to War: the Roosevelt Foreign Policy (1933-1941), lo storico americano Charles C. Tansill risponde affermativamente, da quel è il contesto del libro, ma è un «sì» appena suggerito... Nel suo articolo del Figaro-Magazine, del 30 novembre 1991, Jean (1924-2006) è più affermativo: «Così, la decisione presa ai più alti livelli dal 6 al 7 dicembre, a Washington, quella di lasciare Pearl Harbor subire senza preavviso l'attacco giapponese, ha scatenato la guerra».
Harold Lill Ickes Henry Lewis Stimson Charles C. Tansill
II
UNA PRIMA SPIEGAZIONE DEI FATTI
Una volta conosciuti i fatti quale spiegazione dare loro? Quella proposta più spesso può essere così riepilogata: Roosevelt pensava che il fine giustifica i mezzi. Egli voleva salvare l'Europa dal nazismo e far trionfare le democrazie. Malgrado diversi attacchi americani a sommergibili tedeschi nell'Atlantico, non era riuscito ad ottenere che la Germania dichiarasse guerra agli Stati Uniti. In queste condizioni, non gli restava che un modo per far entrare gli Stati Uniti in guerra contro la Germania: farsi attaccare dal suo alleato, il Giappone.
Questa è la tesi che sostiene Jean-Jacques Servan-Schreiber nel succitato articolo pubblicato sul Figaro-Magazine: «La decisione di lasciare che Pearl Habor subisse, senza preavviso, l'attacco giapponese, ha trasformato la guerra e ha partorito molto più tardi una vittoria così aleatoria e così impreparata di quelle che con un certo disprezzo venivano chiamate le "democrazie", alle quali un notevole sforzo bellico offrì un'immensa rinascita per un certo periodo di tempo». I due motivi evocati nella precedente spiegazione furono veramente quelli che spinsero Roosevelt ad entrare in guerra ad ogni costo?
- Salvare l'Europa dal nazismo
Fin dalla sua elezione, Roosevelt fece di tutto per aiutare la Russia sovietica, un Paese che permise il trionfo temporaneo del nazismo in Europa mediante i suoi accordi con Hitler del 1939 (Patto Ribbentropp-Molotov); Roosevelt non fece quasi nulla per aiutare nel 1939 la Polonia schiacciata congiuntamente dai tedeschi e dai sovietici, e nel 1940 la Francia e la Gran Bretagna.
- Far trionfare le «democrazie»
É possibile qualificare in questo modo i risultati della guerra intrapresa da Roosevelt che nel 1944 lo portò consegnare metà dell'Europa al comunismo sovietico e - poco più tardi - tutta la Cina al comunismo maoista?
III
UNA SECONDA SPIEGAZIONE DEI FATTI
Ecco una spiegazione che quadra meglio con i fatti fornita dal giornalista e storico britannico Douglas Reed (1895-1976) 27 nel suo libro The Controversy of Zion: «L'ammiraglio Kimmel e il Generale Short furono rimossi dalle loro funzioni per nascondere al grande pubblico, approfittando delle condizioni di confusione e di segreto create dalla guerra, i vero responsabili del disastro di Pearl Harbor. Ma, piuttosto che martiri "fuori serie" (come li ha definiti l'Ammiraglio Halsey), essi furono "i primi" di una serie di martiri militari. Una serie - che ora si fà lunga - di capi dell'esercito e della marina americana che fecero esperienza di una cosa completamente nuova nella storia della loro professione e della loro patria. Essi scoprirono che rischiavano la rimozione se avessero cercato di vincere la guerra tramite i mezzi militari più idonei o se si fossero opposti ad una strategia imposta dall'alto e chiaramente svantaggiosa per la vittoria militare. Le loro operazioni dovevano conformarsi ad un piano superiore di cui afferravano a mala pena la natura, ma il cui fine differiva dallo scopo che era sempre stato presentato loro come sola ragion d'essere del soldato: la vittoria militare nell'interesse della nazione. Qual'era dunque questo "piano superiore" al quale tutto lo sforzo militare americano si è dovuto conformare da Pearl Harbor a Jalta e oltre? Era in l'"estensione" della Rivoluzione, come Lenin la concepiva. La storia di questi tre anni e mezzo (da Pearl Harbor a Jalta) non si spiega se non alla luce di questa estensione. Durante la Prima Guerra Mondiale, l'entrata in guerra dell'America coincise con la Rivoluzione russa, e subito il Colonnello House 28 fece comprendere al presidente Wilson che bisognava "fornire tutto il supporto possibile alla 'nuova democrazia' (sovietica) in campo finanziario, industriale e morale": Durante la Seconda Guerra Mondiale, l'invasione della Polonia da parte di Hitler e del suo complice moscovita fu seguita da una ripetizione di avvenimenti molto simili tra loro; e, prima di Pearl Harbor, l'America era già impegnata nella guerra sostenendo a fondo la 'nuova democrazia': in realtà, l'aiuto in materia 'finanziaria, industriale e morale' allo stato rivoluzionario (sovietico) grazie agli accordi di prestito, fu messo in piedi e raggiunse dimensioni che nessuno avrebbe mai potuto credere possibili. Nel 1917, il supporto americano non poteva avere altro effetto che l'instaurazione del comunismo in Russia. Nel 1941 [...], il comunismo era al potere da molti anni. L'aiuto, a partire dal momento in cui era stato dato senza limiti, non poteva avere per oggetto che l'estensione del comunismo, secondo la famosa espressione di Lenin. L'aiuto apportato fu così prodigioso che permise al comunismo di estendersi su una vasta zona e di prepararsi ad una nuova guerra 29» 30.
Douglas Reed The Controversy of Zion
Tale è in definitiva la spiegazione più conforme ai fatti di Pearl Harbor. Per Roosevelt e per i suoi collaboratori, si trattava far entrare in guerra un Paese che non voleva la guerra, e ciò essenzialmente per un doppio fine:
Salvare la Russia sovietica del pericolo tedesco;
Fornigli i mezzi per una nuova espansione nel mondo.
IV
CONCLUSIONE
- Si noterà l'efficacissima disinformazione di cui hanno «beneficiato» gli avvenimenti di Pearl Harbor. Disinformazione condotta a due livelli:
Primo livello: si nascondono i fatti; si ignorano le informazioni di cui disponeva Roosevelt; e si spiega l'avvenimento accusando di imperizia i capi militari locali.
Secondo livello: quando i fatti finiscono per venire a galla, si dà loro una spiegazione rassicurante: Roosevelt voleva salvare l'Europa dal nazismo e far trionfare le «democrazie».
Per attuare una tale disinformazione, si trattava di nascondere, per quanto possibile, i motivi reali: la collusione tra il potere «capitalista» e lo Stato americano da una parte e il comunismo europeo e asiatico dall'altra.
- Questa collusione, che a partire dal 1945 fu abbellita da misure dette di «containment» 31, ha costituito, per oltre mezzo secolo a partire dagli anni '30, una delle costanti della politica estera americana. É noto che quest'ultima è diretta dal potentissimo Council on Foreign Relations (CFR) 32, il cui il ruolo è stato così descritto da Douglas Reed: «Costituito (nella sua forma definitiva) nel 1921, il Council on Foreign Relations è divenuto nel corso dei cinquant'anni successivi il governo invisibile degli Stati Uniti [...]. Esso ha orientato la politica statunitense verso questa "convergenza con il comunismo" che costituisce una realtà nascosta, realtà che è stata mascherata dalle proteste ufficiali di antagonismo nei confronti del comunismo. Il Council on Foreign Relations è divenuto il pupillo delle dinastie finanziarie. Questo governo invisibile ha fornito gli uomini che hanno occupato quasi tutti i posti di comando dell'amministrazione americana negli ultimi quarantacinque anni. Da qui l'orientamento generale della politica statunitense» 33. Tutto sommato, comportandosi come ha fatto a Pearl Harbor, Roosevelt è rimasto fedele a questo orientamento generale di «convergenza con il comunismo» che era stato definito prima di lui e che fu prolungato dopo di lui dal Council on Foreign Relations.
- Quale fu lo scopo di questa collusione a profitto di un'espansione «contenuta» del comunismo? Visibilmente, una delle forme di marcia verso il Governo Mondiale. I mondialisti avevano bisogno di una certa espansione comunista per dividere il mondo in due blocchi, mantenerlo in stato di guerra permanente, socialistizzarlo e, per mezzo del comunismo, distruggere poco a poco il fattore nazionale, un preliminare indispensabile all'instaurazione di un Governo Mondiale. Dunque, è possibile affermare che la vicenda di Pearl Harbor costituisce una delle migliori introduzioni allo studio del mondialismo.
Sopra: il presidente Franklin Delano Roosevelt in Loggia con i paramenti massonici. Egli era stato iniziato alla Massoneria l'11 ottobre 1911, e apparteneva all'Holland Lodge No. 8, con sede a New York City.
Note
1 Traduzione dall'originale francese Pearl Harbor. La leçon politique d'une défaite programmée («Pearl Harbor. La lezione politica di una disfatta programmata»), a cura di Paolo Baroni. Articolo apparso sulla rivista Action Familiale et Scolaire (nº 99, 1991).
2 Cfr. O. Friedrich, Pearl Harbor, Day of Infamy («Pearl Harbor, giorno dell'infamia»),in Time, del 2 dicembre 1991.
3 Ora di Washington; l'8 dicembre, ora di Tokio.
4 Isole situate a 7000 km dal Giappone.
5 Si trattava di vecchie navi. Furono tutte rimesse in servizio, tranne due: l'Arizona e l'Oklahoma.
6 Cfr. J. Toland, Infamy: Pearl Harbor and its Aftermath («Infamia: Pearl Harbor e le sue conseguenze»), pag. 14.
7 Ricordiamo che il Congresso è l'insieme delle due camere americane (Camera dei rappresentanti e Senato).
8 The Devin Adair Company, Old Greenwich, Connecticut.
9 Berkley Books, New York.
10 Bisognerebbe segnalare anche il libro più recente (1991) Betrayal at Pearl Harbor («Tradimento a Pearl Harbor»), degli autori britannici James Rusbridger ed Eric Nave. Esso conferma e completa i numerosi dati di base forniti dai libri precedenti, pur sviluppando nella sua conclusione una tesi poco verosimile (e scarsamente puntellata): nella questione di Pearl Harbor, Roosevelt sarebbe stato ingannato da Churchill.
11 Cfr. J. Toland, op. cit., cap. XIV «The Tmcking of Kido Butai. November 26 - December 6».
12 Ibid., pag. 314.
13 L'Ammiraglio W. F. Halsey comandò la flotta americana che ottenne la vittoria di Leyte sui giapponesi, nei giorni 22-27 ottobre 1944; fu la più grande battaglia aeronavale della Seconda Guerra Mondiale.
14 Così l'Ammiraglio W. F. Halsey nella prefazione al libro dell'Ammiraglio Theobald The Final Secret of Pearl Harbor, pag. VII.
15 Ibid., pag. IX.
16 Dall'ancoraggio di Tankan Bay, nel Nord delle Isole Kouriles, situate a 3.150 miglia nautiche da Pearl Harbor.
17 Cordell Hull (1871-1955), segretario di Stato.
18 Ultimatum del 26 novembre 1941, in cui si esigeva in particolare che il Giappone ritirasse le sue truppe dalla Cina e dall'Indocina, e rompesse la sua alleanza con la Germania e con l'Italia.
19 «For a long time, I have believed that our best entrance into the war would be by way of Japan».
20 La principale delle Isole delle Hawaii in cui si trovava la base di Pearl Harbor.
21 Cfr. J. Toland, op. cit., pag. 333.
22 Cfr. H. Stimson, On Active Service in Peace and War («In servizio attivo in pace e in guerra»), 1947; cit. in D. Reed, The Controversy of Zion («La controversia di Sion»), pag. 354.
23 Così Frank Beatty, collaboratore del segretario di Stato della Marina; cit. in J. Perloff, «Pearl Harbor», in The New American, dell'8 dicembre 1986.
24 «Japan was provoked into attacking America at Pearl Harbor».
25 Così Oliver Lyttleton, ministro britannico della produzione; dichiarazione del 1944 cit. in J. Perloff, art. cit.
26 Cfr. C. C. Tansill, Back Door to War: the Roosevelt Foreign Policy (1933-1941), pag. 651.
27 Douglas Reed è uno dei migliori scrittori politici della nostra epoca. Il suo libro The Controversy of Zion, scritto nel 1956, è paragonabile alle opere di Mons. Jouin o di Léon de Poncins. Egli li completa citando fonti inglesi, americane ed ebraiche generalmente poco conosciute.
28 Edward Mandell House (1858-1938), consigliere del presidente Wilson.
29 Il comunismo doveva essere «contenuto» nei limiti fissati dalla conferenza di Jalta (1945). Vedi sotto, nota nº 31.
30 Cfr. D. Reed, The Controversy of Zion, pag. 357. Nel seguito del suo testo, Reed mostra che questo aiuto gigantesco superava abbondantemente gli effettivi bisogni della guerra.
31 Parola americana la cui traduzione (insufficiente) è «contenimento». Sostenere il comunismo e allo stesso tempo impedirgli di superare certi limiti (contenerlo), come nel caso della Corea, di Berlino, di Cuba... Questa fu una delle principali caratteristiche della politica estera americana negli anni 1945-1980, in cui la parte «sostegno» era nascosta, mentre non lo era la parte «containment» («limitazione»). Il «containment» è considerato come un principio essenziale dell'Establishment americano negli anni 1945-1980, e dunque «un principio fondamentale della politica americana» (cfr. W. Isaacson-E. Thomas, The Wise Men, pag. 30); esso può essere compreso se lo si separa dall'azione correlativa di sostegno. Su quest'ultimo punto, vedi il succitato libro di Douglas Reed The Controversy of Zion, e quello di Ivor Benson intitolato The Zionist Factor.
32 Sul Council on Foreign Relations vedi il libro di Douglas Reed e l'opera di James Perloff The Shadows of Power («Le ombre del potere»), edito da Western Islands, Boston.
33 Cfr. D. Reed, The Grand Design («Il grande disegno»), Dolphin Press, 1976, pagg. 33,