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Milizie Ebraiche:
Quindici anni (e piu')
di
Terrorismo in Francia

 

Una denuncia apparsa in Francia (giugno 1995)

sotto la responsabilità del prof. R. Faurisson 


Il mensile Le Choc du mois pubblicava, nel suo fascicolo del giugno 1991, uno studio intitolato: «Milizie ebraiche - Quindici anni di terrorismo», del seguente tenore: «Gruppo ebraico d'azione, Organizzazione ebraica di combattimento, Organizzazione ebraica di difesa Attivisti ebrei, sotto queste diverse sigle, da quindici anni non cessano di seminare il terrore nella più completa impunità. Provocazioni che non hanno altro fine che quello di provocare rappresaglie. Come se qualcuno volesse che la comunità ebraica si debba sentire minacciata».
Lo studio passa in rassegna, dal 19 giugno 1976 al 20 aprile 1991, cinquanta casi di aggressioni fisiche commesse da gruppi di ebrei organizzati. Non sono dunque menzionate le aggressioni fisiche, comunque assai rare, commesse da singoli ebrei.

Nei cinquanta casi passati in rassegna da Le Choc du mois, le vittime si contano a centinaia. Si sono riscontrati: omicidi, ferimenti seguiti da coma profondo, infermità permanenti, così come gravi postumi per ustioni da vetriolo, «compimento d'atti di barbarie», perdite di occhi, pestaggi in piena regola in presenza di guardie o agenti di polizia che si sono rifiutati d'intervenire, numerosi ricoveri ospedalieri, numerosi agguati -- di cui almeno uno con la complicità degli organi di stampa (il caso del quotidiano Libération). Queste aggressioni sono state per lo più taciute dai media o brevemente annotate. Alcune sono state approvate da pubblicazioni o da organizzazioni ebraiche che, in generale, dopo vaghe frasi di condanna, davano ad intendere che le vittime avevano meritato la loro sorte, che è «naturale e normale» e che non ci si deve attendere, per l'avvenire, nessuna indulgenza se mai di nuovo si suscitasse la «collera» degli ebrei.

Degno di nota è il fatto che, in compenso, non un solo ebreo è stato vittima di un solo attacco da parte di un solo gruppo cosiddetto «d'estrema destra» o «revisionista» (poiché, dopo tutto, la stampa ha fatto tutt'uno tra «revisionismo» ed «estrema destra», mentre il revisionismo storico è, in realtà, un fenomeno che interessa tutti i gruppi di pensiero, dall'estrema sinistra all'estrema destra, passando per tutti i partiti, escluso quello comunista, senza contare gli apolitici (Paul Rassinier, fondatore del revisionismo storico in Francia, era socialista).
Tra gli attacchi e le aggressioni compiute da milizie od organizzazioni ebraiche, ci limiteremo a citare quelle di cui sono stati vittima, di volta in volta, François Duprat, un convegno del GRECE, Marc Fredriksen, Charles Bousquet, ancora Marc Fredriksen, Michel Caignet, Pierre Sidos, Olivier Mathieu, Pierre Guillaume, gli «Amici di Saint-Loup» e Robert Faurisson. Si potrebbero citare molti altri casi, dal 1976 (quando, il 2 novembre, lo stabile in cui abitava JeanMarie Le Pen fu interamente distrutto dopo essere stato lesionato su cinque piani da un attentato dinamitardo rivendicato da un «Gruppo della memoria ebraica») fino al 1991 (quando, il 2 aprile, Fabrice Benichou, strillone di un giornale di Jean-Edern Hallier, morì nella sua casa dopo essere stato brutalmente pestato nel quartiere ebraico del Sentier a Parigi).

 

François Duprat

Membro della direzione del Fronte Nazionale, autore e diffusore di scritti revisionisti, F.è stato ucciso il 18 marzo 1978 nella sua auto dall'esplosione di un sofisticato ordigno. Sua moglie è rimasta gravemente ferita. L'attentato è stato rivendicato da un «Commando della Memoria». Patrice Chairoff aveva pubblicato, nel Dossier neo-nazismo (Ramsay, 1977), d'accordo con Serge e Beate Klarsfeld, il nome e l'indirizzo di F.insieme a quello di numerose altre persone sospettate di fascismo, neo-nazismo o revisionismo (Le Monde, 23 marzo 1978, p. 26 aprile 1978, p.-9).

Nel Le Droit de vivre, organo della Lega contro il razzismo e l'antisemitismo (LICA, divenuta in seguito LICRA), Jean Pierre-Bloch, direttore di quest'organo e di questa pubblicazione, commenta l'assassinio di F.senza neanche un accenno alla sorte della signora Duprat. Il suo commento riflette una mentalità cabalistica: J.-Pierre-Bloch finge di condannare un crimine «inqualificabile» ma, per lui, questo crimine è dovuto al fatto che -- a sentir lui -- fra il 1977 e il 1978 in Francia si sarebbe instaurato un clima di «anarchia» e il «regno dei regolamenti di conti politici»; inoltre, in quegli stessi anni «appelli criminali vengono lanciati contro gli immigrati, gli ebrei o gli zingari». Si sarà notato che J.-Pierre-Bloch mette qui a confronto delle incontestabili azioni criminali con degli «appelli criminali» di cui non indica né il tenore, né le reali conseguenze. Ancor più rivelatore è il seguente passaggio della sua dichiarazione: «si, è vero: noi siamo pronti a batterci e a morire per permettere ai nostri avversari di dire ciò che pensano in tutta libertà, a meno che non facciano apologia di reato o non alimentino l'odio razziale». Collocate nel contesto di un preciso assassinio, queste parole costituiscono un avvertimento verso coloro che potrebbero risultare sgraditi agli ebrei seguendo l'esempio di F. (Le Monde, 7/8 maggio 1978).

D'altronde, qualche mese più tardi, J.-Pierre-Bloch, descrivendo il professor Faurisson come un emulo di Louis Darquier de Pellepoix, già commissario generale agli Affari ebraici nel Governo di Vichy, annunciava: «Darquier sarà estradato. Coloro che ricalcano le sue orme non vivranno a lungo. Presto o tardi troveranno gli antirazzisti sulla loro strada» (Le Droit de vivre, dicembre 1978, p.-23). La LICRA è stata fondata nel 1927 da Bernard Lecache, con il nome di «Lega contro i pogrom», per difendere un ebreo russo che, l'anno precedente, aveva assassinato a Parigi il generale ucraino Simon Petlioura. Il baccano fatto in favore dell'assassino condurrà alla sua assoluzione; lo stesso genere di baccano doveva più tardi condurre ad altre assoluzioni di assassini (per esempio, il 5 maggio 1976, l'assoluzione dell'assassino Pierre Goldman).

In una cronaca di Le Monde il giornalista Pierre Viansson-Ponté s'abbandonerà ad una operazione puramente delatoria nei confronti di un opuscolo revisionista inglese che era stato diffuso in Francia da F. in questa cronaca non faceva alcun riferimento all'assassinio di F. («Le mensonge - seguito», Le Monde, 3/4 settembre 1978, p.-9).

 

Un convegno del GRECE

Il 9 dicembre 1979, il XIV convegno nazionale del GRECE (Gruppo studi e ricerche sulla civilizzazione europea) viene attaccato da un centinaio di individui muniti di caschi che saccheggiano gli stands dei libri. Questi individui sfoggiavano degli strisconi con il nome dell' «Organizzazione ebraica di difesa» (OJD); una quindicina di partecipanti rimangono feriti, uno di loro perderà un occhio. Diversi assalitori sono arrestati dalla polizia, ma la sera stessa vengono rilasciati per l'intervento di Jean-Pierre Pierre Bloch, figlio di J.-Pierre-Bloch e amico di Jacques Chirac. Jean-Pierre Pierre-Bloch è stato, e sarà in seguito, implicato in altre aggressioni o in altri interventi in favore di identici aggressori.

 

Marc Fredriksen

Il 19 settembre 1980, un commando dell' «Organizzazione ebraica di difesa» (OJD) attacca al Palazzo di giustizia di Parigi simpatizzanti di Marc Fredriksen, responsabile della FANE (Federazione d'azione nazionalista ed europea). Si contano sei feriti, di cui due gravi. In questa come in tutte le altre circostanze identiche, le guardie del Palazzo di giustizia, pur incaricate di mantenere l'ordine, in pratica lasciano agire le milizie ebraiche più o meno liberamente. Quanto a Jean Pierre-Bloch, questi dichiarerà: «La legge del taglione potrebbe tornare [] Se uno solo dei nostri viene toccato, noi applicheremo la formula "occhio per occhio, dente per dente" [] Se bisogna organizzarsi militarmente, lo faremo» (Le Monde, 1 ottobre 1980). La formula «Se uno solo dei nostri viene toccato» significa che nei fatti mai un solo ebreo è stato toccato. Ciò che era vero nel 1980 lo resta nel 1995. Nel quadro della loro lotta contro i nazionalisti o i revisionisti, gli ebrei toccano, feriscono o uccidono ma non sono né toccati, né feriti, né uccisi; se ciò fosse accaduto, i media di tutto il mondo avrebbero pubblicato con tutta evidenza le didascalie delle fotografie (non sospette) che avrebbero attestato lo stato delle vittime: ebrei accecati, con la faccia sfigurata dal vetriolo, in coma, dilaniati, ospedalizzati, portati all'obitorio, etc. Qualcuno riesce a immaginare come e quanto sarebbero stati sfruttati questi orrori nei cinque continenti?

 

Charles Bousquet
Marc Fredriksen

Il 3 ottobre 1980, a Parigi, un attentato contro la sinagoga di rue Copernic causa quattro morti e ventisette feriti. I quattro morti sono semplici passanti; tra questi si trova un' israeliana la cui presenza non è mai stata chiarita. Il giorno stesso, Christian Bonnet, ministro degli Interni, riceve informazioni che gli permettono di identificare nella circostanza un attentato palestinese, ma, sotto la pressione delle organizzazioni ebraiche e d'intesa con la grande stampa, lascia credere ad un'azione dell'estrema destra. Si saprà poi che l'attentato è stato effettivamente compiuto da un palestinese venuto da Cipro. La sera stessa dell'attentato, i locali della FANE sono devastati e la Librairie française, in rue de l'AbbéGrégoire, è fatta oggetto di un nuovo tentativo d'incendio. Questa libreria, di proprietà di Jean-Gilles Malliarakis, subirà in pochi anni più di dieci attacchi o attentati. La sede dell'_uvre française di Pierre Sidos viene mitragliata. Scene di linciaggio si svolgono a Parigi dove gruppi di manifestanti ebrei se la prendono con giovani passanti isolati, purché alti, biondi e con i capelli corti (Le Monde, 9 ottobre 1980, p.-12).

Il 7 ottobre, a Neuilly, Charles Bousquet, 84 anni, è attaccato e vetrioleggiato in casa sua da un gruppo di sconosciuti che lo avevano verosimilmente confuso con il militante nazionalista Pierre Bousquet (fra i due non esiste alcun rapporto). Dovrà essere ricoverato per un mese all'ospedale Foch nel reparto grandi ustionati, e riporterà postumi delle ferite. Bousquet rinuncia a sporgere denuncia perché suo figlio Pierre, professore di Storia all'Università Paris-IV, gli chiede di farlo «a causa degli israeliti»: «Quelli che l'hanno fatto sono a Gerusalemme o a Tel-Aviv. Sarà tutto inutile. Voglio dimenticare» (intervista concessa a R.il 2 maggio 1984).

Il 12 ottobre 1980, Marc Fredriksen viene pestato e ricoverato, in gravi condizioni, all'ospedale di Rambouillet. In sua assenza il suo appartamento viene devastato. In terapia a Berk-sur-Mer per fratture multiple, rischia di subire una nuova aggressione: tre giovani si presentano e domandano di vederlo; la loro descrizione corrisponde a quella del gruppo Aziza che, pochi mesi dopo, colpirà col vetriolo un ragazzo di 26 anni, Michel Caignet (vedere sotto).

Il 20 ottobre, lo scrittore André Figueras è attaccato nella sua casa.

 

Michel Caignet

Il 29 gennaio 1981 lo studente Michel (Miguel) Caignet, 26 anni, che sta preparando un dottorato di linguistica anglo-tedesca, lascia la sua abitazione di Courbevoie per recarsi all'Università quando quattro individui lo affrontano, lo gettano a terra e lo immobilizzano: uno gli cosparge di vetriolo il volto e la mano destra.

M.era stato nel FANE ed era revisionista. Era stato denunciato dal settimanale VSD. In seguito all'azione devastante del vetriolo il suo volto è diventato così orribile che soltanto due giornali hanno osato pubblicarne la fotografia. L'autore principale dell'aggressione, Yves Aziza, studente di medicina, figlio di Charles Aziza (aiuto farmacista a Montreuil), è stato individuato dalla polizia subito dopo l'attentato, ma la polizia e la giustizia francesi, in condizioni scandalose delle quali sono conosciuti anche i dettagli, hanno lasciato a Y.tutto il tempo di fuggire verso la Germania e di qui verso Israele. Al ministero della Giustizia, un certo Main, appartenente alla direzione degli Affari criminali (direttore Raoul Béteille), glissa con tono sarcastico su tutte le domande relative al notevole ritardo (quattordici giorni) nell'apertura di un'inchiesta giudiziaria. Fra i corrispondenti di Y.-Aziza, si scopre il nome di Daniel Ziskind, figlio di Michèle Ziskind, sorella di Jean-Pierre Pierre-Bloch, lui stesso figlio di Jean Pierre-Bloch.

 

Pierre Sidos

Il 18 settembre 1981, duecento membri dell" «Organizzazione ebraica di combattimento» (OJC) dettano legge al Palazzo di giustizia di Parigi dove si tiene il processo per diffamazione intentato da Pierre Sidos, presidente dell'_uvre française, contro Jean Pierre-Bloch. Gli ebrei, come al solito, si dedicano al pestaggio di diversi spettatori.

Il 25 novembre, i locali della libreria Etudes et documentations sono incendiati da un commando.

L'8 maggio 1988, in piazza Saint-Augustin a Parigi, commandos della OJC attaccano a sprangate i militanti dell'_uvre française che partecipano al tradizionale corteo in onore di Giovanna d'Arco; fanno una quindicina di feriti, di cui due molto gravi. Quattro aggrediti devono essere ricoverati in ospedale; un settantenne rimarrà in coma per diverse settimane. Dieci membri dell'OJC sono interrogati dalla polizia. La sera stessa, Jean-Pierre Pierre-Bloch interviene in loro favore presso la polizia giudiziaria. Alcuni procedimenti penali sono intentati nei confronti di qualche aggressore: vengono abbandonati con la seguente motivazione del giudice istruttore: «Istruttoria inopportuna». Altri aggressori sono processati non senza che pressioni venute dal più alto livello politico siano state esercitate sulla Procura della Repubblica. In totale, solo tre aggressori saranno giudicati e condannati a due anni di prigione con il beneficio della condizionale!

 

Olivier Mathieu

Il 6 febbraio 1990, milioni di telespettatori hanno potuto assistere all'aggressione commessa sulla persona di Olivier Mathieu durante una trasmissione condotta da Christophe Dechavanne. Jean-Pierre Pierre-Bloch è in platea con un gruppo di militanti dell'OJC. Mathieu ha giusto il tempo di gettare un grido: «Faurisson ha ragione!». Una decina di energumeni lo picchiano insieme alla sua fidanzata e a Marc Botrel. E` presente un esponente di spicco delle milizie ebraiche: Moshe Cohen, vecchio tenente dell'esercito israeliano, all'epoca responsabile del Tagar, vale a dire l'organizzazione studentesca del Betar (59, boulevard de Strasbourg, Paris Xème). Le aggressioni continuano fuori della platea e fin nella strada. Uno degli aggressori sarà interrogato dalla polizia e rilasciato qualche ora più tardi per l'intervento di JeanPierre Pierre-Bloch.

 

Pierre Guillaume

Pierre Guillaume, di estrema sinistra, è il responsabile della casa editrice La Vieille Taupe, che ha pubblicato opere revisioniste di svariati autori e, in particolare, del professor Faurisson. Guillaume è stato vittima di numerose aggressioni, sia contro la sua persona -- alla Sorbona, nella sua libreria di rue d'Ulm, al Palazzo di giustizia di Parigi (dove gli agenti in servizio non sono intervenuti) -- sia contro i suoi beni (depositi di libri, materiale video e librario). Nel 1991, gruppi di manifestanti, principalmente ebrei, hanno regolarmente assediato la sua libreria in rue d'Ulm ed hanno finito per ottenerne la chiusura nel 1992 dopo numerose violenze (rottura di vetrine, imbrattamento dei locali, tentativi d'incendio, intimidazioni fisiche ed altro).

 

Gli «Amici di Saint-Loup»

Il 20 aprile 1991, alla «Maison des Mines», a Parigi, una cinquantina di individui definitisi appartenenti al Gruppo d'azione ebraica (GAJ), armati di spranghe di ferro e di mazze da baseball, attaccano in occasione di un incontro organizzato in onore dello scrittore Saint-Loup (Marc Augier). Si contano tredici feriti, in maggior parte persone anziane, di cui due gravi. Juliette Cavalié, 67 anni, trasportata all'ospedale Beaujon, rimarrà in coma per circa tre mesi; dopo aver ripreso conoscenza, sarà condannata per il resto dei suoi giorni a non poter più mangiare da sola, né a camminare. Il giornalista Alain Léauthier, di Libération, parente del deputato socialista e massimalista ebreo Julien Dray, ha assistito, passo dopo passo, ai preparativi e alla perpetrazione dell'attacco. Ne fornisce un rendiconto ironico e soddisfatto («Un commando sionista si invita a un meeting neonazista», Libération, 22 aprile 1991, p.-28).

 

Robert Faurisson

Il professor Faurisson è stato vittima di dieci aggressioni fisiche tra il 20 novembre 1978 e il 31 maggio 1993 (due a Lione, due a Vichy, due a Stoccolma e quattro a Parigi). Sette di queste aggressioni sono dovute ad organizzazioni o a milizie ebraiche francesi (due a Lione, una a Vichy, una a Stoccolma da parte di ebrei francesi venuti in aereo da Parigi ed unitisi a ebrei svedesi, una alla Sorbona ed una al Palazzo di giustizia di Parigi).

La prima di queste sette aggressioni ha avuto luogo il 20 novembre 1978: è stata annunciata su Libération-Lyon dal giornalista ebreo Bernard Schalscha, che ha indicato il giorno, il luogo e l'ora del corso tenuto dal professore. Membri dell'Unione degli studenti ebrei venuti in treno da Parigi, in prima classe, attaccano il professore all'Università; il dottor Marc Aron, cardiologo, presidente del comitato di coordinamento delle istituzioni e delle organizzazioni ebraiche di Lione, è presente sulla scena.

La seconda aggressione ha avuto luogo quando il professore, qualche settimana più tardi, ha tentato di riprendere i suoi corsi; quel giorno il dottor Marc Aron era di nuovo presente all'università.

Il 12 settembre 1987, alla Sorbona, membri di una milizia ebraica hanno attaccato Henry Chauveau (ferito gravemente), Michel Sergent, Pierre Guillaume e Freddy Storer (belga), nonché il professor Faurisson, ferendo tutti. Le guardie della Sorbona hanno arrestato uno degli aggressori, ma un responsabile della polizia, in borghese, ha fatto rilasciare l'aggressore ed ha espulso con violenza il professore dall'aula dell'università. Ricordiamo che R.aveva insegnato alla Sorbona.

Il 16 settembre 1989, R.è stato vittima di un'imboscata vicino a casa sua, in un parco di Vichy, da un gruppo di tre giovani: senza l'intervento di un passante, sarebbe stato finito a calci in testa. Ferito, ha dovuto subire una lunga operazione chirurgica; l'inchiesta della polizia giudiziaria confermerà che l'aggressione era imputabile a «giovani attivisti ebraici parigini». La sera dell'aggressione, R.aveva notato con sorpresa la presenza, in prossimità del parco, di un certo Nicolas Ullman (nato nel 1963); il 12 giugno 1987, quest'ultimo aveva violentemente colpito il professore allo Sporting-Club di Vichy. Alla polizia giudiziaria, N.-Ullman, interrogato sulle ragioni della sua presenza nei luoghi sopraddetti, forniva risposte vaghe e contraddittorie; inoltre, pretendeva di aver partecipato, lo stesso giorno dell'aggressione, ad un «ballo mascherato» che avrebbe avuto luogo a Parigi -- di qui l'evidente impossibilità per chiunque, se non per il suo amico e ospite, di confermarne per quel giorno la presenza a Parigi. Si deve notare che il giudice istruttore di Cusset (vicino Vichy), Jocelyne Rubantel, non ha mai convocato il professore per ascoltarlo: lo ha ricevuto nel suo ufficio come un criminale, solo per informarlo che avrebbe chiesto un non luogo a procedere, che infatti ha finito per ottenere. Non c'è stata alcuna perquisizione alla sede del Betar-Tagar a Parigi. Una tale perquisizione avrebbe provocato troppa «collera» nella comunità ebraica.

Il 16 ottobre 1989, giusto un mese dopo l'attentato di Vichy, una bomba esplode, devastandoli, davanti ai locali del periodico Le Choc du mois di Parigi. L'attentato è rivendicato dall'OJC e da gruppi di estrema sinistra. Eric Letty, che aveva dedicato un articolo al caso del professor Faurisson, sarebbe stato ucciso dalla bomba se non avesse, per miracolo, scoperto in tempo l'imminenza dell'esplosione.

Ci manca lo spazio per elencare qui tutte le altre aggressioni di cui il professore è stato bersaglio.

Altri casi

Si potrebbero citare molti altri casi di attacchi o di aggressioni in gruppo perpetrati da ebrei: bisognerebbe prendere in considerazione, oltre ai casi elencati nell'articolo di Le Choc du mois per gli anni 1976-1991, quelli non citati e, infine, quelli avvenuti dopo il 1992.

Ripetiamo: il totale delle vittime ammonta a diverse centinaia mentre, per contro, non un solo ebreo è mai stato bersaglio di attacchi fisici concertati.

Il 14 gennaio 1988, a Lione, il professor Jean-Claude Allard è stato ricoverato in ospedale dopo l'attacco di un gruppo rivendicato dall'OJC che gli aveva teso un'imboscata nel parcheggio dell'università di Lyon-III; nel giugno 1985, egli aveva presieduto la commissione esaminatrice della tesi del revisionista Henri Roques su «Le confessioni di Kurt Gerstein» (la discussione della quale è stata annullata, fatto senza precedenti negli annali dell'Università francese, sotto la pressione degli ebrei «in collera»).

Il 13 aprile 1994, durante l'interruzione di una seduta del processo agli «hooligans del Parco dei Principi» (di cui almeno uno appartenente alla comunità ebraica), miliziani ebrei armati si abbandonano a nuove violenze; tuttavia questi hooligans avevano fatto vittime tra la polizia e non tra degli ebrei. I miliziani si erano introdotti nel Palazzo di giustizia con armi e spranghe di ferro. «Dettaglio interessante: non è stata decisa alcuna inchiesta per chiarire questa vicenda ed il solo arresto compiuto è stato nei confronti di uno dei "militanti nazionalisti" aggrediti e che aveva osato difendersi» («Le milizie ebraiche dettano legge», Le Libre Journal, 27 aprile 1994, p. vedere anche «Il Betar detta legge al Palazzo di Giustizia», Rivarol, 22 aprile 1994, p.-5).

Il 28 aprile 1994, il tedesco Ludwig Watzal, invitato ufficiale dell'Università di Nanterre, è colpito da membri di organizzazioni ebraiche o di sinistra.

Numerosi sono i saccheggi di librerie: oltre ai casi di Bleu-Blanc-Rouge, di Ogmios, della Libreria francese, della Libreria della Vieille Taupe, si possono contare quelli della Libreria Gregori e della Joyeuse Garde (in quest'ultimo caso, rottura di vetrine, colla per bloccare la saracinesca, escrementi, etc.). Uffici, immobili, una chiesa (Saint-Nicolas-du-Chardonnet, a Parigi, il 21 dicembre 1978), alcune esposizioni, un deposito di libri -- sono stati tutti bersaglio di attentati rivendicati dalle organizzazioni ebraiche.

Il luogo più pericoloso di Francia:
il Palazzo di giustizia di Parigi e le sue vicinanze

La città più pericolosa, per le vittime designate di queste milizie, è Parigi. E, a Parigi, uno dei distretti più pericolosi è il primo distretto. Qui, il punto più pericoloso è il Palazzo di giustizia e le sue immediate vicinanze. Tuttavia questo luogo è sotto particolare sorveglianza di polizia perché il Palazzo ha un suo proprio «presidio» dotato di centinaia di guardie armate, dal momento che di fianco al Palazzo si trova il «Quai des Orfèvres», sede della polizia giudiziaria. Ma proprio guardie e polizia, durante questi ultimi anni, lasciano che vengano perpetrate numerose violenze, in particolare contro i revisionisti convocati in tribunale o venuti ad assistere ai processi.

Quando una milizia ebraica decide di fare irruzione al Palazzo, lo scenario è invariabilmente il seguente: i sicari, il cui comportamento ne tradisce le bellicose intenzioni, non sono in alcun modo tenuti lontani dalle guardie dalle vittime designate; nessun ufficiale delle guardie tenta di prendere contatto con i capi di queste squadre d'assalto per notificargli che nessuna violenza sarà tollerata; si lascia che gli assalitori insultino, provochino e poi colpiscano; alcune guardie si sforzano di proteggere le vittime; se un militante si segnala per qualche atto eclatante di violenza, tre guardie lo portano via precipitosamente, poi lo liberano; le vittime, sulle quali piovono i colpi, non possono far fermare i bruti, ne conoscere la loro identità. Una volta che la milizia ha fatto il suo lavoro e che si eclissa, le guardie si dirigono verso le vittime peste o sanguinanti e simulano un comportamento da tate in lacrime.

Il 9 maggio 1995, un processo al professor Faurisson si è svolto senza la presenza delle suddette milizie. Niente di sorprendente in questo, poiché l'avvocato Jean-Serge Lorach, rappresentante delle associazioni delle parti civili, dichiarava nella sua arringa di aver chiesto ai «sopravvissuti» (e ai giornalisti) di non venire ad assistere al processo. Ma, nei fatti, il responsabile del Betar-Tagar, Moshe Cohen in persona, era presente con qualche complice davanti alla XVII camera correzionale. Poi, all'uscita del Palazzo di giustizia, sorvegliava con altri quattro uomini, di cui uno munito di telefonino, il professor Faurisson, il suo avvocato e le persone che li accompagnavano. Questa squadra aveva a disposizione un'auto «civetta» (una R19 targata 356 JEK 75) accostata sul marciapiede della grande cancellata del Palazzo (in posizione di partenza). Moshe Cohen, l'uomo di tutti i bassi traffici del Betar-Tagar, era dunque là con l'autorizzazione del commissario del primo distretto di Parigi, Robert Baujard, e con il consenso del colonnello Roger Renault, comandante delle guardie del Palazzo, le quali avevano per consegna di rispondere ai curiosi che quella vettura apparteneva «alla polizia».

 

Collusioni tra il ministero degli Interni e le milizie ebraiche

La signora Françoise Castro e suo marito, Laurent Fabius, sono entrambi ebrei. Nel 1986, all'epoca in cui L.era primo ministro di Francia, F.ha rivelato che il ministero degli Interni e le milizie ebraiche lavoravano in piena intesa. Ha dichiarato: «Straordinaria novità nel comportamento politico, la sinistra ha permesso a milizie ebraiche di installarsi in alcuni quartieri di Parigi, come anche di Tolosa, Marsiglia e Strasburgo [e di avere] contatti regolari con il ministero degli Interni» (Le Monde, 7 marzo 1986, p.-8).

Per una sorta di consenso generale sembra convenuto che in Francia gli ebrei debbano essere trattati come una minoranza privilegiata, di cui si deve perdonare la «collera» (questa parola ritorna in maniera tormentosa nella stampa). Le loro milizie sono le sole in Francia a beneficiare del diritto di essere armate (il 14 ottobre 1986 il giornale Libération pubblicava a p.la fotografia di un ebreo armato di una pistola mitragliatrice sul tetto di un immobile in rue de Nazareth). La polizia giudiziaria francese è paralizzata nelle sue inchieste sui crimini commessi da queste milizie («i giovani attivisti ebrei parigini», come si è arrivato pudicamente a definirli).

In Francia, queste milizie godono di una garanzia d'immunità almeno parziale. Il peggio che i suoi membri possano temere è di rimanere per qualche tempo in esilio in Germania o in Israele.

 

Gli apologeti della violenza ebraica

Simone Veil, già segretario generale del Consiglio superiore della magistratura ed ex ministro, rappresenta l'esempio stesso di quegli esponenti della comunità ebraica francese che incitano all'assassinio. Nel 1985 ha dichiarato a proposito di Klaus Barbie: «Guardate, molto sinceramente penso che non sarei stata scioccata da un'esecuzione sommaria [di Klaus Barbie]» (Le Monde, 24 dicembre 1985, p.-14). E` stata recidiva il 22 aprile 1992 durante una trasmissione del secondo canale televisivo consacrato a «Vichy, la memoria e l'oblio», dove ha dichiarato, a proposito del processo Touvier del quale era rimasta delusa (malgrado la condanna all'ergastolo di un ottuagenario malato di cancro): «Se si voleva un processo nel quale si parlasse veramente delle cose, e che non finisse come il processo Touvier, allora, ci sarebbe voluto in fondo che qualcuno, come me per esempio, in un momento qualsiasi assassinasse freddamente qualcuno». Questo assassino sarebbe allora stato in grado, secondo S.-Veil, di spiegare pubblicamente le ragioni del suo atto. S.è stata recidiva una seconda volta in occasione dell'omicidio di René Bousquet, compiuto da un illuminato inebriato dagli appelli alla vendetta che si moltiplicavano su tutta la stampa francese e negli ambienti ebraici, allorché ha dichiarato: «D'altronde, se ne avessi avuto il coraggio, sarei andata io stessa ad ucciderlo» (Globe Hebdo, 11-17 maggio 1994, p.-21).

Il 14 dicembre 1992, sulle onde di una radio americana, si è potuto ascoltare il professor Pierre Vidal-Naquet dichiarare in inglese: «Io odio Faurisson. Se potessi lo ucciderei personalmente».

Lunga sarebbe la lista delle dichiarazioni incendiarie dei responsabili ebrei francesi che si appellavano alla violenza fisica. L'assassinio politico è una pratica che non ripugna affatto gli ebrei. Si può leggere, sul soggetto, la recente opera di Nachman Ben-Yehuda, Political Assassination by Jews. A Rhetorical Device for Justice (New York, State University of New York Press, 1993, XXII+527 pagg.). E` conosciuto il considerevole ruolo giocato dagli ebrei nella Rivoluzione bolscevica: Lenin e Trotsky altro non essendo se non i due ebrei più sanguinari della polizia politica dei bolscevichi. In Francia, l'inno dei partigiani è stato scritto da due ebrei, Joseph Kessel (1898-1979) e Maurice Druon, entrambi divenuti poi membri dell'Accademia Francese; il ritornello di quest'inno è ben noto: «Ohe! Assassini con la pistola o con il coltello-/ Uccidete velocemente!».

 

Il caso dei coniugi Klarsfeld

Nel suo Lettera a un kepi bianco (Robert Laffont, 1975), Bernard Clavel scrive: «La guerra avvelena lapace. Guardate questa tedesca, Beate Klarsfeld, che passa la sua vita nell'odio, che non vive se non per la vendetta» (p.-93).

In seguito all'incriminazione di Kurt Lischka, a Colonia, il 24 luglio 1978 Serge Klarsfeld dichiarava, nel corso di una conferenza tenuta a Parigi: «Noi non cerchiamo la vendetta. Se tale fosse il nostro fine, ci sarebbe stato facile abbattere tutti i criminali nazisti di cui si fosse trovata traccia». Alla domanda: «E se il tribunale di Colonia rifiutasse di processare Lischka?», Serge Klarsfeld rispondeva: «Avrebbe in qualche modo firmato la sua condanna a morte» (Le Monde, 26 luglio 1978, p.-4).

Nel 1982, i Klarsfeld lodavano i servigi di un sicario, un socialista boliviano di origine indiana e di nome Juan Carlos, per uccidere Klaus Barbie (Life, febbraio 1985, p.-65), ma l'operazione doveva fallire.

Nel 1986, Beate Klarsfeld si abbandona a rivelazioni su di un giornale americano: «[Racconta] come lei abbia dato la caccia ad almeno tre vecchi nazisti fino a che essi non sono morti o si sono suicidati; come abbia organizzato tentativi di rapirne altri; come abbia fatto ricorso a trucchi per ottenere dalla stampa grossi titoli che permettessero di trascinare in tribunale persone convinte che il mondo si fosse dimenticato di loro e di rovinare la loro carriera [] di come abbia schiaffeggiato in pubblico il cancelliere [tedesco] Kurt Kiesinger nel 1968 []. Una volta, con altri amici, aveva deciso di rapire Kurt Lischka» ma la vettura prevista sfortunatamente aveva due soli sportelli invece che quattro. Quanto a Ernst Ehlers «tormentato dalle manifestazioni che i Klarsfeld organizzavano davanti alla sua casa, prima si è dimesso dalla sua carica [di giudice] poi si è suicidato». I Klarsfeld avevano trovato traccia di Walter Rauff in Cile: manifestarono davanti alla sua casa e ruppero le sue finestre. L'uomo «morì qualche mese più tardi. Ero felice perché questa gente, vivendo per cosi tanto tempo, rappresentava un'offesa alle loro vittime [] Mio marito ed io non siamo dei fanatici [] Un giorno, mio marito ha messo una pistola alle tempie di Rauff solo per mostrargli che noi potevamo ucciderlo, ma non ha premuto il grilletto» (The Chicago Tribune, 2 giugno 1986).

Nel 1988 S.dichiarava: «Nessuno si è mai veramente mobilitato contro Le Pen. Si sarebbe dovuto affrontarlo per [] fargli portare all'estremo le sue posizioni» (Le Soir, Bruxelles, ed in seguito Rivarol, 1 giugno 1988, p.-5).

Nel 1990, in occasione dell'assemblea dell'Unione degli studenti ebrei di Francia tenutasi a Lione dove aveva insegnato il professor Faurisson, S.dichiarava agli studenti: «Nella vostra vita di ebrei, passate all'azione per difendere la memoria, per difendere lo Stato ebraico» (Le Progrès de Lyon, 2 novembre 1990, p.-6).

Nel 1991, Beate Klarsfeld s'introduceva in Siria con documenti falsi per rinnovare, davanti al presunto domicilio di Alois Brunner (già sfigurato e senza più due dita per l'esplosione di lettere-bomba), il tipo di operazione condotto davanti alle case di vecchi nazionalsocialisti o davanti alla casa (scassinata, saccheggiata e devastata) di Paul Touvier nel 1972.

Nel 1992, i Klarsfeld organizzavano ciò che Le Monde doveva chiamare «La squadra selvaggia del Betar a Rostock»«seminando il terrore sulla piazza centrale del municipio di Rostock, drappelli sparsi di francesi ed ebrei, trattando i passanti come "sporchi tedeschi, sporchi nazisti(Le Monde, 21 ottobre 1992, p.-4).

In seguito Beate Klarsfeld approvava l'assalto al Goethe Institut di Parigi compiuto dal Betar, e vi ravvisava una «violenza legittima», i poliziotti di Rostock essendo colpevoli di aver interrogato qualche aggressore, per poi rilasciarlo (Der Standard, Vienna, 23 ottobre 1992). Si erano contati nove feriti fra i poliziotti; molti di essi, colpiti con mazze da baseball e spranghe di ferro e irrorati di gas «da difesa», avevano dovuto farsi ricoverare in ospedale.

L'8 giugno 1993, René Bousquet, già segretario generale della Polizia ai tempi del governo di Vichy, poi deportato dai tedeschi, veniva ucciso nella sua abitazione da un illuminato; quest'ultimo, rigurgitante dei propositi alla Klarsfeld, spiegava il suo gesto come quello di un giustiziere che, prima, aveva tentato di uccidere Paul Touvier. Annick Cojean, del giornale Le Monde, scriveva a proposito di Serge Klarsfeld: «Non era poi lui che faceva lo spaccone nei confronti di Bousquet? Colui che gli ha dato la caccia, che lo ha perseguitato, attaccato e costretto a dimettersi da tutte le sue responsabilità tra il 1978 e il 1989? E non gli hanno così rubato [per questo assassinio] un processo atteso, preparato da lunga data? L'avvocato sorride dolcemente: "Perché negarlo? Ciò che oggi provo è soprattutto un senso di sollievo. E tanto peggio se ciò va contro gli interessi della causa! Io non posso desiderare la vita di quella gente. E` più forte di me(Le Monde, 10 giugno 1993, p.-28).

Già il 16 settembre 1989, apprendendo la notizia dell'attentato perpetrato contro il professor Faurisson, S.aveva dichiarato sulle onde di Radio-J (la «J» sta per «Juive»): «Non è poi così sorprendente, perché qualcuno che provoca da tanti anni la comunità ebraica si deve attendere questo genere d'eventi. Non si può insultare la memoria delle vittime senza subirne le conseguenze. E` qualcosa, direi, forse di increscioso, ma anche di normale e naturale».

Da parte sua, Beate Klarsfeld affermava: «Cosa c'è di più normale che in qualche giovane sia cresciuta una tale collera e che abbia deciso di dare una lezione a Faurisson?» (Le Monde, 19 settembre 1989, p.-14).

L'avvocato S. Klarsfeld, ufficiale dell'Ordine nazionale del Merito, non ha mai nascosto il suo gusto per l'azione violenta da quando ritiene di avere a che fare con coloro che lui chiama dei «criminali». Il suo ricorso alla menzogna e al ricatto non lo nasconde neanche (vedere Arno Klarsfeld, «Perché sono ebreo», Information juive, giugno 1994, p. e Serge Klarsfeld, «Lettera a François Mitterrand», Libération, 12 settembre 1994, p.-6, dove si legge la seguente frase diretta al Presidente della Repubblica: «Da dove mi è venuta l'insolenza di evocare il Suo passato a Vichy e di manipolarLa [con un'informazione falsa] per dirigerLa nel senso giusto: a una vera lettura dei crimini consentiti da Vichy?»).

Nel 1989, in seguito all'attentato di cui era stato vittima a Vichy, il professor Faurisson aveva confidato allo Choc du mois (dicembre 1989, pp.-42-43) delle riflessioni che, a distanza di tempo e, in particolare, dopo l'assassinio di R.-Bousquet, hanno un certo rilievo come, per esempio, questa: «[] è facile [per i Klarsfeld o per un certo consigliere dell'ambasciata israeliana a Parigi] eccitare gli animi e suscitare l'azione dei giustizieri». Il professore concludeva: «Penso [] che esista un terrorismo ebraico; è "lamentoso"; le lamentele coprono i colpi e le grida delle vittime []. Per farmi tacere, bisognerà uccidermi. Allora, in Francia e all'estero, una schiera di revisionisti mi darà il cambio».

 

Violenze non solo fisiche

La presente relazione è incentrata sulle violenze fisiche perpetrate dalle milizie ebraiche. Prova che, nel nostro paese, la comunità ebraica, «felice come Dio in Francia» (proverbio yiddish), beneficia di privilegi esorbitanti.

Questi privilegi sarebbero anche ben illustrati dal resoconto di violenze non certo fisiche. Prendiamo solo due esempi: Robert Faurisson all'Università di Lyon-II, e Bernard Notin all'Università di Lyon-III, avevano entrambi il diritto -- incontestabile agli occhi della legge -- di esercitare la loro professione e di riprendere i loro corsi. Il dr.Aron ha deciso altrimenti, e, con lui, le organizzazioni come l'Unione degli studenti ebrei di Francia che, cinicamente, hanno dichiarato che, per loro, questi insegnanti non dovrebbero mai più lavorare. A questo perentorio ordine si sono piegati, senza profferir parola, tutti i futuri presidenti della Repubblica, tutti i primi ministri, tutti i ministri per l'educazione, tutti i rettori dell'università e tutti i sindacati. R.ha saputo, a mezzo posta ordinaria, molti mesi dopo la decisione e senza alcuna spiegazione, che la cattedra d'insegnamento, di cui era titolare, era stata soppressa. Quando, nel giugno 1994, Bernard Notin ha creduto di trovare una via d'uscita e quando Le Monde ha annunciato: «Bernard Notin va ad insegnare in Marocco» (9 giugno 1994,p.-14), si è potuto leggere che l'annuncio della sua partenza per l'Università di Oujda «aveva provocato una reazione "scandalizzata" dell'Unione degli studenti ebrei di Francia che domandava l'annullamento della convenzione siglata tra le due istituzioni [marocchina e francese] e "la definitiva radiazione di Notin dal corpo insegnante"» (Le Monde, 11 giugno 1994, p.-6). Non si è levata una sola voce, tra la grande stampa, per sottolineare che il dr.Aron e le sue istituzioni o organizzazioni ledevano gravemente i diritti dei funzionari, impedivano la libera esplicazione della professione e causavano un danno considerevole non solo ad alcune persone, ma anche al normale funzionamento delle istituzioni di questo paese. Il dr.Aron e le sue milizie si fanno obbedire seminando il terrore et la paura. In un primo tempo, vigilano sul fatto che i professori che suscitano la loro «collera» non potessero più fare il loro lavoro; in un secondo tempo, possono contare sul Canard enchaîné per denunciare lo scandalo di questi professori che sono pagati (lo stretto necessario) e invece non lavorano!

I rappresentanti della comunità ebraica e i loro organi di comunicazione trionfano nella repressione giudiziaria o mediatica. «La forza ingiusta della legge» si esercita a profitto di questa comunità e a spese di persone tacciate di essere «anti-ebrei»; questi, per la minima parola, per il minimo pensiero giudicato eretico, si vedono condannare pesantemente. Ammende, pagamenti per risarcimento di danni, pene detentive spezzano le vite, distruggono le famiglie, opprimono i figli. I media, le cui ghiandole velenifere non si seccano mai, danno il loro contributo a questa isteria vendicativa.

All'estero, il terrorismo ebraico sembra presentare le medesime caratteristiche: gli ebrei, eccezion fatta per il particolare quadro della guerra tra israeliani e palestinesi, si comportano da aggressori senza essere, da parte loro, aggrediti fisicamente da alcun gruppo anti-ebreo o ritenuto tale.

 

Conclusione

Nel periodo qui preso in esame (1976-1995), la Francia non ha mai conosciuto gruppi, commandos, milizie che abbiano esercitato violenze fisiche sugli ebrei (gli attentati arabo-palestinesi sono un'altra cosa). Ma tanta evidenza sembra sfuggire agli osservatori politici di tutte le tendenze. Il bilancio, sin qui, è il seguente: da una parte, una cinquantina di aggressioni organizzate e perpetrate da milizie armate con, come risultato, centinaia di vittime, e, dall'altro lato, zero aggressioni fisiche subìte!

Con il Betar-Tagar, la minoranza ebraica francese possiede, d'accordo con il ministero degli Interni, formazioni paramilitari di cui non esiste l'equivalente per nessun'altra parte della popolazione francese e per nessun'altra minoranza straniera sul suolo di Francia.

Così come notava lo Choc du mois nel suo dossier su tali milizie (giugno 1991, p.-11), il quinto canale della televisione francese diffondeva, il 4 aprile 1990, un servizio sui militanti del Betar-Tagar. Si vedeva uno studente pestato dai «Tagarim» all'uscita della Facoltà di Assas, a Parigi. Il 18 maggio dello stesso anno, il solito canale televisivo diffondeva un secondo servizio consacrato all'addestramento, «ricalcato su quello del soldato israeliano», che i militanti del Betar-Tagar ricevevano due volte alla settimana in un castello nei pressi di Sarcelles (periferia di Parigi): esercitazioni paramilitari e addestramento al combattimento corpo-a-corpo sotto gli ordini del drappello israeliano. Prese a sé, esercitazioni di questo tipo possono costituire, per gli spiriti deboli, una sorta di rappresentazione o forse «cinema», ma, con il Betar-Tagar queste attività trovano espressione sia negli attentati criminali, sia nelle azioni di commandos che beneficiano dell'appoggio del ministero degli Interni, del sostegno (nei fatti se non nelle parole) delle leghe o organizzazioni cosiddette antirazziste e di un trattamento di favore da parte dei media.

Già nel 1990 Annie Kriegel denunciava «una insopportabile polizia ebraica del pensiero» (Le Figaro, 3 aprile 1990, p.e L'Arche, aprile 1990, p.-25). Effettivamente, questa polizia ha forza della legge -- grazie al rabbino Sirat, colui che ha lanciato l'idea di una legge antirevisionista (Bulletin de l'Agence télégraphique juive, 2 giugno 1986, p.-1), e grazie a Laurent Fabius che ne ha a giusto titolo rivendicato l'iniziativa del voto in sede parlamentare. La ripugnante montatura mediatica organizzata intorno alla profanazione delle tombe ebraiche nel cimitero di Carpentras (profanazione in cui sembra implicato il f1glio di un officiante della sinagoga) ha poi paralizzato ogni opposizione al voto f1nale della legge Sirat-Fabius-Gayssot.

Ma, a fianco di questa insopportabile polizia del pensiero, esiste in Francia una insopportabile polizia armata, di stile israeliano, che si esercita alla forza aperta.

Il 7 maggio 1995, a Toronto (Canada), l'abitazione del revisionista Ernst Zündel è stata devastata da un incendio criminale. Qualche giorno dopo, lo stesso E.-Zündel riceveva un pacco-bomba (finalmente consegnato alla polizia che lo ha fatto esplodere). Ci sarebbero da segnalare molti altri esempi di questa violenza -- preceduti da un'odiosa campagna di stampa. Sul soggetto, si può leggere l'opuscolo di Mark Weber: The Zionist Terror Network. Background and Operations of the Jewish Defense League and other Criminal Zionist Groups. A Special Report (Institute for Historical Review, P.O. Box 2739, Newport Beach, Ca. 92659, USA, Revised and Updated Edition 1993). In Francia tali violenze rischiano di moltiplicarsi, se la minoranza ebraica continua a disporre di milizie armate.

Noi reclamiamo la fine dei privilegi di cui beneficia questa minoranza.

Nell'attesa che venga presa una decisione politica in questo senso, noi esigiamo, come prima misura d'urgenza, che il Palazzo di giustizia di Parigi e le sue immediate vicinanze siano interdette a tutti i gruppi o tutti i responsabili di gruppi (à la Moshe Cohen) dei quali siano chiare le intenzioni terroristiche. E` inammissibile che una certa categoria di persone in attesa di giudizio e chi le accompagna debbano aver paura di passare direttamente dai dintorni della XVII camera correzionale (presieduta da Martine Ract-Madoux e da Jean-Yves Monfort) o della XI camera della corte d'appello (presieduta da Françoise Simon e da Violette Hannoun) all'ospedale. E` odioso che responsabili delle milizie si accampino al Palazzo con tutti i privilegi accordati ai membri dei differenti corpi della polizia nazionale. «I piccoli nazistaldi hanno ricevuto la bastonatura che si meritavano davanti al Palazzo di giustizia», sentenziava nel 1980 Jean Pierre-Bloch a proposito dei linciaggi avvenuti dentro e davanti al Palazzo di giustizia (Libération, 24 settembre 1980). Nessuno può pretendere di ignorare queste violenze f1siche che il presidente della LICRA approvava pubblicamente quindici anni fa, e che, dopo quindici anni, si ripetono con la complicità delle forze dell'ordine. Dopo quindici anni, né i magistrati, né gli avvocati e neppure i loro rispettivi sindacati sono stati capaci di esigere la fine di questo stato di fatto che disonora la giustizia francese. Quanto al summenzionato Moshe Cohen, sarebbe tempo di ricordargli le dichiarazioni che ha fatto a L'Evénement du jeudi (26 settembre 1991), secondo le quali ogni ebreo avrebbe le sue radici e il suo avvenire in Israele e così sarebbe, in Francia, «una persona fuori posto» [profugo - NdT] (sic). Dopo mezzo secolo, M.che, nel momento stesso in cui noi scriviamo, è in Israele in attesa di tornare in Francia, avrebbe tutte le ragioni per compiere definitivamente il suo aliyah, sarebbe a dire la sua «ascesa» (sic) in Israele.

Il presente testo ha valore puramente informativo. E` stato indirizzato alle autorità francesi e, in particolare, a quelle citate di seguito. Tradotto in inglese, è stato diffuso presso le organizzazioni internationali.


Destinatari:

Jacques CHIRAC, Presidente della Repubblica

Jacques TOUBON, ministro della Giustizia

Jean-Louis DEBRÉ, ministro degli Interni

Pierre DRAI, primo presidente della Corte di Cassazione di Parigi

Myriam EZRATTY, primo presidente della Corte d'appello di Parigi

Colonnello Roger RENAULT, comandante militare del Palazzo di giustizzia di Parigi

Robert BAUJARD, commisario di polizia del primo distretto di Parigi

Moshe COHEN, responsabile del Betar-Tagar

Henri HAJDENBERG, presidente del Consiglio dei rappresentanti delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF)

Jean-Marc SAUVÉ, segretario generale alla Censura e del governo.




Orion,
nr 155, agosto 1997, p. 23-39.


"Israele come stato ebraico costituisce un pericolo non solo per se stesso e per i suoi abitanti, ma per tutti gli ebrei e per tutti gli altri popoli e stati del Medio Oriente e anche altrove."

- Prof. Israel Shahak, ebreo israeliano e direttore della lega israeliana per i diritti umani e civili


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