Uno sguardo sulla potente Lobby Ebraica
Di Mark Weber
Mark Weber è il direttore del Institute for Historical
Review.
Ha studiato storia all'università dell'Illinois (Chicago), all'Università
di Monaco di Baviera, alla Università statale di Portland e
all'Indiana
University (M.A.,1977). Per nove anni è stato editore della
prestigiosa
rivista dell' IHR il Journal of Historical Review.
Institute for Historical Review
Http://www.ihr.org
Per decenni Israele ha violato i principi codificati del diritto
internazionale e sfidato numerose risoluzioni
delle Nazioni Unite a proposito dei territori palestinesi occupati,
delle uccisioni extra giudiziarie e dei suoi
ripetuti atti d'aggressione militare. Gran parte del mondo considera
la politica israeliana, e specialmente
la sua oppressione dei Palestinesi, come vergognosa e criminale.
Questa opinione comune internazionale
è riflessa, per esempio, in numerose risoluzioni dell'ONU che
condannano Israele e che sono state approvate
da schiaccianti maggioranze.
"Il mondo intero" - ha recentemente affermato il segretario generale
delle Nazioni Unite Kofi Annan - "chiede
che Israele si ritiri (dai territori palestinesi occupati). Ed io
non credo che il mondo intero... possa essere in
errore." (1)
Solo negli Stati Uniti i politici ed i media sostengono ancora
fedelmente Israele e la sua politica. Per decenni
gli Stati Uniti hanno fornito ad Israele un cruciale sostegno
militare, diplomatico e finanziario oltre ad un aiuto
economico annuo di più di tre miliardi di dollari. Perché gli Stati
Uniti restano il solo bastione di supporto per
Israele? Il Vescovo del Sud Africa Desmond Tutu, che fu insignito
nel 1984 del premio Nobel per la Pace,
ha candidamente illustrato la ragione:
"Il governo d'Israele è posto su di un piedistallo (negli Stati
Uniti) e la sua critica è immediatamente sospettata
d'antisemitismo. La gente di questo paese ha paura di dire pane al
pane e vino al vino perché la lobby ebraica
è potente, molto potente."
(2)
Il Vescovo Tutu dice il vero. Sebbene gli ebrei costituiscano solo
circa il tre per cento della popolazione degli
Stati Uniti, essi controllano un immenso potere ed esercitano
un'influenza molto maggiore di quella d'ogni altro
gruppo etnico o religioso.
Come l'autore ebreo e professore di Scienze Politiche Benjamin
Ginsberg ha argutamente mostrato:
"Dagli anni sessanta gli ebrei sono arrivati a detenere una
considerevole influenza in
America sull'economia, la cultura, la vita politica ed
intellettuale. Gli ebrei hanno giocato un ruolo centrale nella
finanza americana durante gli anni ottanta ed essi sono stati i
maggiori beneficiari di fusioni e riorganizzazioni
economiche. Oggi, sebbene appena il 2% della popolazione nazionale
sia ebraica, quasi la metà dei suoi
miliardari è ebrea. I vertici degli uffici esecutivi dei tre
maggiori network televisivi e i quattro maggiori proprietari
degli studios cinematografici sono ebrei come i proprietari dei più
influenti giornali, il New York Times... Il ruolo e
l'influenza degli ebrei nella politica americana è egualmente
significativo...
Gli ebrei sono meno del tre per cento della popolazione nazionale ma
comprendono l'undici per cento di quello
che gli studi definiscono l'élite nazionale. Inoltre gli ebrei
costituiscono più del 25% delle élite giornalistica e
editoriale, più del 17% dei leader d'importanti organizzazioni di
volontariato ed interesse pubblico e più del 15%
degli alti ranghi dell'amministrazione statale."
(3)
Stephen Steinlights ex-direttore del National Affairs of the
American Jews Committeee similmente rilevava "lo
spropositato potere politico" degli ebrei che è "senza dubbio il più
grande rispetto ad ogni altro gruppo
etnico/culturale in America." Egli proseguiva spiegando che "il
potere e l' influenza economica degli ebrei sono
concentrate in modo spropositato a Hollywood, nella televisione e
nell'industria mediatica."
(4)
Due ben noti scrittori ebrei, Seymour Lipset ed Earl Raab scrivevano
nel loro libro
Jews and the New American
Scene
del 1995:
"Durante gli ultimi tre decenni, gli ebrei (negli Stati Uniti) hanno
superato il 50% tra i maggiori 200 intellettuali...
il 20% tra i professori nelle università più prestigiose... il 40%
tra i soci dei maggiori studi legali a New York e
a Washington... il 59% dei direttori, scrittori, e dei produttori
delle 50 maggiori pellicole cinematografiche dal 1965
al 1982, e il 58% dei direttori, scrittori e produttori in due o più
serie televisive di prima serata." (5)
L'influenza dell'ebraismo americano a Washington, notava il
quotidiano israeliano Jerusalem Post "è largamente
sproporzionata rispetto alle dimensioni della comunità, ammettono i
leader ebrei ed americani. Ma così è
l'ammontare della somma di denaro che essi elargiscono per le
campagne (elettorali)." Uno dei membri dell'influente
Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations
"stimava che gli ebrei hanno da soli
contribuito con il 50% dei fondi per la campagna di rielezione del
Presidente Bill Clinton del 1996." (6)
"E' completamente privo di senso cercare di negare la realtà del
potere ebraico ed il suo predominio nella cultura
popolare" ammette Michael Medved un noto scrittore e critico
cinematografico ebreo "Ogni lista dei più
influenti produttori cinematografici produrrebbe una preponderante
maggioranza di riconoscibili nomi ebraici." (7)
Una delle persone che ha più attentamente studiato questo argomento
è Jonathan J. Goldberg, adesso editore
dell'influente settimanale della comunità ebrea Forward.
Nel suo libro Jewish Power del 1996 scriveva:
"Nei settori chiave dei media, specialmente negli studi
cinematografici di Hollywood, gli Ebrei sono così
numericamente dominanti che definire questi affari sotto controllo
ebreo è poco più che un'osservazione statistica...
Hollywood alla fine del ventesimo secolo è ancora un'industria con
una pronunciata coloritura etnica. Praticamente
tutti i capi delle produzioni cinematografiche sono ebrei.
Scrittori, produttori, e anche i meno evoluti direttori
sono in larga maggioranza ebrei - un recente studio ha mostrato come
superino il 59% tra i produttori di film a
budget più elevato. Il peso di tanti ebrei in una delle più lucrose
ed importanti industrie americane conferisce
loro uno straordinario potere politico.
Essi sono la maggior riserva di denaro per i candidati Democratici."
(8)
Specularmente alla loro forte presenza nei media americani gli ebrei
sono abitualmente descritti come molto
intelligenti, altruistici, degni di fede, compassionevoli e
meritevoli di simpatia e sostegno. Mentre milioni di
americani si adattavano prontamente a queste immagini stereotipate
qualcuno non si lasciava impressionare.
"Sono molto arrabbiato con qualcuno degli ebrei" - dichiarava
l'attore Marlon Brando in un intervista del 1996 - "essi
sanno perfettamente che tipo di responsabilità possiedono...
Hollywood è governato dagli ebrei, ed essi dovrebbero
manifestare una grande sensibilità per la gente che sta soffrendo."
(9)
A Well-Entrenched Factor
Il potere d'intimidazione della "lobby ebraica" non è un fenomeno
recente, ma è stato da molto tempo un
importante fattore della vita sociale americana.
Nel 1941 Charles Lindbergh parlò della pericolosità del potere
ebraico nei media e nel governo. Il timido trentanovenne
- famoso in tutto il mondo per il suo primo ed epico volo
transatlantico del 1927 da New York a Parigi, - si rivolgeva
a settemila persone a Des Moines, Iowa, l'undici settembre del 1941
illustrando il pericolo del coinvolgimento
degli Stati Uniti nella guerra che si stava svolgendo in Europa.
Egli spiegò che i tre più importanti gruppi di pressione
che spingevano gli Stati Uniti verso la guerra erano i britannici,
gli ebrei e l'amministrazione di Roosevelt.
A proposito degli ebrei egli disse: "Il più grande pericolo per
questo paese sta nelle loro immense proprietà e nella
loro grande influenza nel nostro cinema, sulla nostra stampa, la
nostra radio e il nostro governo."
E aggiunse:
"Per ragioni che sono comprensibili dal loro punto di vista,
che non è il nostro per il motivo che essi non sono
americani, desiderano coinvolgerci nella guerra. Noi non possiamo
biasimarli poiché essi perseguono quelli che
ritengono essere i loro interessi ma dobbiamo difendere i nostri.
Noi non possiamo seguire le naturali pulsioni e
i pregiudizi degli altri popoli per condurre il nostro paese alla
distruzione."
Nel 1978, l'autore ebreo americano Alfred M. Lilienthal scrisse nel
suo dettagliato studio The Zionist Connection scrisse:
"Come è stata imposta la volontà sionista al popolo americano?... E'
la 'Jewish connection', la solidarietà
tribale tra correligionari, l'incredibile vantaggio sui non ebrei,
che ha forgiato questo potere senza precedenti... Nelle
grandi aree metropolitane la 'Jewish-Zionist connection' pervade
completamente gli influenti circoli finanziari,
commerciali, sociali e ricreativi." (10)
Il risultato del dominio ebraico sui media, scriveva Lilienthal, è
che la copertura informativa delle notizie sul conflitto
Israelo - Palestinese nella televisione e sulla stampa americana è
inesorabilmente a favore d'Israele. Ciò si manifesta
per esempio nel deformante ritratto del "terrorismo" palestinese.
Come puntualizza Lilienthal: "I reportage
unilaterali sul terrorismo, in cui la causa non è mai relazionata
all'effetto, sono possibili perché la più efficiente parte
della 'Jewish connection' è probabilmente il controllo dei media."
One - sided 'Holocaust' History
Il controllo ebraico della vita culturale ed accademica ha avuto un
profondo impatto sul modo in cui gli americani
guardano al loro passato. In nessun posto più che nella campagna
mediatica sull'Olocausto e sul destino
degli ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale la visione
giudeo - centrica della storia è più radicata.
Lo storico israeliano Yehuda Bauer professore all'università ebraica
di Gerusalemme ed esperto dell'Olocausto
ha notato:
"Sia se presentato realisticamente o in modo inautentico, sia se
compatibile con i fatti storici o in
contraddizione con questi, sia se rappresentato con empatia e
comprensione o come un monumento al kitsch,
l'olocausto è diventato un simbolo dominante della nostra cultura.
Difficilmente trascorre un mese senza una
nuova produzione televisiva, un nuovo film, un nuovo spettacolo, dei
nuovi libri di prosa o poesia commercializzino
il tema, e il flusso è in crescita più che in diminuzione."
(11)
Le sofferenze dei non-ebrei non meritano le stesse attenzioni. Fuori
dal focus della vittimizzazione ebraica sono,
per esempio, i milioni di vittime del colonialismo, quelle della
Russia stalinista, più di dieci milioni di vittime del
regime maoista in Cina e dai 12 ai 14 milioni di tedeschi, vittime
della fuga e delle espulsioni dal 1944 - 1949 in
cui circa due milioni persero la vita.
La ben finanziata campagna mediatica ed 'educativa' sull'Olocausto è
di cruciale importanza per gli interessi di Israele.
Paula Hyman professore di storia ebraica moderna all'università di
Yale ha osservato:
"Con i ringraziamenti d'Israele, l'Olocausto può essere usato per
prevenire le critiche politiche e sopprimere il
dibattito; esso rinforza il senso degli ebrei di essere un popolo
assediato che può difendersi solo facendo
affidamento solo su se stesso. L'invocazione delle sofferenze patite
dagli ebrei sotto i nazisti,spesso, occupa
il posto delle argomentazioni razionali ed è usato per convincere i
dubbiosi della legittimità dell'attuale politica
del governo d'Israele." (12)
Norman Finkelstein, autore ebreo che insegna scienze politiche
all'università di New York (Hunter College),
scrive nel suo libro, The Holocaust Industry [ed. italiana
"'industria dell'Olocausto" Rizzoli 2002] "invocare
l'Olocausto" è "un espediente per delegittimizzare ogni critica
rivolta agli ebrei". (13) "Attraverso
il conferimento delle
totale impunità degli ebrei, il dogma dell'Olocausto immunizza
Israele e l'ebraismo americano da ogni legittima
censura... L'ebraismo organizzato ha sfruttato l'olocausto nazista
per deviare le critiche rivolte ad Israele e la sua
moralmente indifendibile politica." Egli scrive della vergognosa
"estorsione di denaro" fatta alla Germania, alla
Svizzera e ad altri paesi da Israele e dalle organizzazioni ebraiche
"per estorcere miliardi di dollari." "L'Olocausto"
- predice Finkelstein - "può trasformarsi nella più grande rapina
della storia del genere umano."
"Gli ebrei in Israele si sentono liberi di effettuare ogni atto di
brutalità contro gli arabi"- scrive il giornalista israeliano
Ari Shavit - "credendo con certezza assoluta, che ora, con la Casa
Bianca, il Senato e molti dei media americani
nelle loro mani, la vita degli altri non conta come quella ebraica."
(14)
L'Ammiraglio Thomas Moorer, ultimo presidente del US Joint Chiefs of
Staff, ha parlato con schiettezza esasperata
della supremazia ebraico-israeliana negli Stati uniti:
"Non ho mai visto un presidente - non importa chi egli sia - che
li abbia contrastati (gli israeliani). E'difficile anche
solo immaginarlo. Essi hanno sempre ottenuto quello che vogliono.
Gli israeliani sanno sempre quello che succede.
Arrivai al punto che mi era impossibile scrivere qualcosa
sull'argomento. Se il popolo americano capisse che tipo
di dominio questa gente ha sul nostro governo insorgerebbe in armi.
I nostri cittadini certamente non hanno nessun
idea di quello che succede." (15)
Oggi il pericolo è più grande che mai. Israele e le organizzazioni
ebraiche, in collaborazione con le lobby filo-sioniste
di questo paese stanno incitando gli Stati Uniti - la maggior
potenza mondiale militare ed economica - ad una
nuova guerra contro i nemici d'Israele. Come ha recentemente
riconosciuto l'ambasciatore francese a Londra,
Israele - che egli ha definito "that shitty little country" - è una
minaccia per la pace mondiale. "Perché il mondo
dovrebbe rischiare a causa di questa gente la terza guerra
mondiale?" (16)
Riassumendo: gli ebrei controllano un immenso potere ed esercitano
una pesante influenza negli Stati Uniti.
"La lobby ebraica" è un fattore decisivo per il sostegno
statunitense ad Israele. Gli interessi ebraico-sionisti non
sono identici agli interessi americani. Nei fatti, spesso, sono in
conflitto. Fino a che la potentissima lobby ebraica
rimarrà al suo posto non ci sarà fine alla sistematica distorsione
degli avvenimenti presenti e della storia, alla
dominazione ebraico - sionista del sistema politico degli Stati
Uniti, all'oppressione sionista in Palestina, al
sanguinoso conflitto tra ebrei e non-ebrei nel Medio Oriente e alla
minaccia israeliana alla pace.
NOTE
1. Citato da Forward (New York City), 19 Aprile 2002, p.11.
2. D. Tutu, "Apartheid in the Holy Land", The Guardian
(Gran Bretagna), 29 Aprile 2002.
3. Benjamin Ginsberg, The Fatal Embrace: Jews and the State
(Università di Chicago, 1993), pp.1, 103.
4. S. Steinlight, "The Jewish Stake in America's Changing
Demography: Reconsidering a Misguided Immigration
Policy", Center for Immigration Studies, Novembre 2001.
Http://www.cis.org/articles/2001/back1301.html
5. Seymour Martin Lipset e Earl Raab, Jews and the New American
Scene (Harvard Univ. Press, 1995), pp. 26-27.
6. Janine Zacharia, "The Unofficial Ambassadors of the Jewish
State", The Jerusalem Post (Israele), 2 Aprile 2000.
Ristampato in "Other Voices", Giugno 2000, p. OV-4, un supplemento
al The Washington Report on Middle
East Affairs.
7. M. Medved, "Is Hollywood Too Jewish?", Moment, Vol. 21,
No. 4 (1996), p. 37.
8. Jonathan Jeremy Goldberg, Jewish Power: Inside the American
Jewish Establishment (Addison - Wesley, 1996),
pp. 280, 287, 288. Vedi anche pp. 39-40, 290-291.
9. Intervista con Larry King, CNN network, 5 Aprile 1996. "Brando
Remarks", Los Angeles Times, 8 Aprile 1996,
p. F4 (OC). Poco tempo dopo Brando fu obbligato a chiedere scusa per
le sue considerazioni.
10. Lilienthal, The Zionist Connection (New York: Dodd,
Mead, 1978), pp.
206, 218, 219, 229.
11. Da una conferenza del 1992, pubblicata in: David Cesarani, ed.,
The Final Solution: Origins and Implementation
(London e New York: Routledge, 1994), pp. 305, 306.
12. Paula E. Hyman, "New Debate on the Holocaust", The New York
Times Magazine, 14 Settembre 1980, p. 79.
13. Norman G. Finkelstein, The Holocaust Industry (London,
New York: Verso, 2000), pp.130, 138, 139, 149
ed. italiana: L'industria dell'Olocausto, Milano, Rizzoli, 2002.
14. The New York Times, 27 Maggio 1996. Shavit è un
giornalista di Ha'aretz, un quotidiano israeliano in lingua
ebraica, "da cui questo articolo è adattato."
15. Intervista con Moorer, 24 Agosto 1983. Citata in: Paul Findley,
They Dare to Speak Out: People and Institutions
Confront Israel's Lobby (Laurence Hill, 1984, 1985), p. 161.
16. D. Davis, "French Envoy to UK: Israel Threatens World Peace",
Jerusalem Post, 20 Dicembre 2001.
L'ambasciatore francese citato è Daniel Bernard.