I miti fondatori della politica israeliana
di Roger Garaudy
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2. (2a parte)Il mito della giustizia di Norimberga Le testimonianze Al processo di Auschwitz, che ebbe luogo a Francoforte dal 20 dicembre 1963 al 20 agosto 1965, in un grande teatro, come si conviene a un'operazione politica molto spettacolare, la formidabile messa in scena giudiziaria non poté evitare che nel dispositivo della sentenza la Corte d'assise fosse costretta a riconoscere che aveva elementi irrisori per emettere il verdetto.
"Sono mancati alla Corte quasi tutti i mezzi d'informazione di cui si dispone in un normale processo criminale per avere un'immagine fedele dei fatti, così come sono realmente accaduti al momento dell'omicidio. Sono mancati i cadaveri delle vittime, i rapporti d'autopsia, le conclusioni degli esperti sulle cause del decesso; sono mancate le tracce lasciate dai colpevoli, le armi del delitto, ecc. La verifica delle testimonianze non è stata possibile che in rari casi".
Fonte: Dispositivo della sentenza, p. 109
Pertanto l'arma del crimine era rappresentata, secondo gli accusatori, dalle "camere a gas" ed ecco che i giudici non ne avevano trovato "traccia"! Era senza dubbio sufficiente che un fatto fosse di "notorietà pubblica". Come ai tempi dei processi alle streghe, quando nessuno avrebbe osato mettere in dubbio il loro "commercio carnale" col diavolo senza rischiare di finire sul rogo.
Stephen S. Pinter, uno dei giuristi inviati dagli Stati Uniti a Da-chau, divenuto campo americano e centro di "processi contro i crimini di guerra", scrisse:
"Ho vissuto a Dachau per 17 mesi dopo la guerra come giudice militare degli Stati Uniti e posso testimoniare che non ci furono camere a gas a Dachau: quella che ai visitatori è presentata falsamente come una camera a gas è un forno crematorio. Allo stesso modo non ci fu alcuna camera a gas negli altri campi di concentramento tedeschi. Ci è stato detto che c'era una camera a gas ad Auschwitz, ma siccome il campo di Auschwitz si trovava in zona russa, non abbiamo, da parte dei russi, il permesso di visitarlo [...].
"Si è fatto così uso del vecchio mito propagandistico secondo il quale milioni di ebrei sono stati uccisi. Posso affermare, dopo 6 anni di dopoguerra passati in Germania e in Austria, che sono stati uccisi molti ebrei, ma che la cifra di un milione non è stata mai raggiunta e credo di essere più qualificato a questo riguardo di chiunque altro".
Fonte: Lettera di Stephen S. Pinter
al settimanale cattolico "Our Sunday Visitor", 14 giugno 1959, p. 15In mancanza di prove scritte, di documenti incontestabili, il tribunale di Norimberga dovette, come tutta la letteratura romanzesca e le successive opere cinematografiche, basarsi su "testimonianze".
I superstiti chiamati a testimoniare, che hanno confermato l'esistenza delle camere a gas, l'hanno fatto non in seguito a ciò che avevano visto, ma in seguito a quello che avevano "sentito dire".
Un esempio tipico e illustre è quello del dottor Benedict Kautsky, figlio di Karl e membro della direzione del partito socialdemocratico austriaco. Dopo aver dichiarato che ad Auschwitz si sopravviva al massimo per tre mesi (mentre lui stesso vi fu detenuto per tre anni), Kautsky scrisse Teufel und Verdammt (Il diavolo e il dan-nato), pubblicato in Svizzera nel 1946, nel quale a proposito delle "camere a gas" si legge: "Io personalmente non le ho mai viste, ma la loro esistenza mi è stata confermata da molte persone degne di fede".
"Ich will hier noch eine kurze Schilderung der Gaskammern ein-flechten, die ich zwar selbst nicht gesehen habe, die mir aber von so vielen glaubwürdig dargestellt worden sind".
Alcune testimonianze, specialmente quelle di Rudolf Höss, di Saukel e di Nyiszli (Medico ad Auschwitz), furono ritenute fondamentali. Il testimone chiave, che si rivelò perfetto per "provare" la tesi dei vincitori travestiti da giudici, fu Rudolf Höss, ex-comandante del campo di Auschwitz.
Il riassunto che fece del suo arresto, fulcro della sua deposizione a Norimberga, corrispondeva a tutto quello che il tribunale si aspettava da lui.
Ecco la dichiarazione, fatta sotto giuramento e firmata da Rudolf Höss il 5 aprile 1946: "Ho comandato Auschwitz fino al 1 o dicembre 1943 e ritengo che almeno 2.500.000 vittime vi siano state sterminate tramite gassazione e cremazione e che almeno un altro mezzo milione sia morto per fame e per malattia, per un totale di circa 3.000.000. La "soluzione finale" della questione ebraica significava lo sterminio di tutti gli ebrei d'Europa. Io ricevetti l'ordine di preparare lo sterminio ad Auschwitz nel giugno 1941. In quell'epoca c'erano già altri tre campi di sterminio nel governatorato generale: Belzec, Treblinka, Wolzek".
Non si potrebbe immaginare una conferma più perfetta delle tesi rese popolari dai media durante mezzo secolo. E intanto, in questo stesso testo, si trovano già tre controverità manifeste.
Il numero di 3 milioni di morti ad Auschwitz, necessario per giustificare il totale delle vittime ebraiche (6 milioni), ufficialmente proclamato all'inizio del gioco a Norimberga e che non ha smesso di essere il leitmotiv della storia ufficiale e dei media da allora, deve essere ridotto almeno di 2/3 come prova la nuova targa commemorativa di Auschwitz-Birkenau, che ha sostituito la cifra di 4 milioni con: un po' più di un milione.
I campi di Belzec e di Treblinka nel 1941 non esistevano. Essi non furono aperti che nel 1942.
Quanto al campo di Wolzek, non è mai esistito.
Come si è potuta registrare questa "testimonianza capitale" senza verifica preliminare? Höss stesso lo spiega: le prime dichiarazioni furono scritte sotto il controllo delle autorità polacche che lo avevano arrestato.
Il libro intitolato Commandant d'Auschwitz: l'autobiographie de Rudolf Höss, (Parigi, Juillard, 1959, e Maspéro, 1979) specifica: "Al momento del mio primo interrogatorio le confessioni furono ottenute picchiandomi. Non so che cosa c'è in quel rapporto benché io l'abbia firmato" (5.956).
(Nota a fondo pagina: "Un documento dattilografato di 8 pagine è stato firmato da Höss alle 2 e 30 del mattino il 14 marzo 1946. Non differisce essenzialmente da ciò che ha scritto e detto a Norimberga o a Cracovia").
Höss stesso descrive, nelle sue note manoscritte di Cracovia, le circostanze del primo interrogatorio, cui fu sottoposto dalla polizia britannica: "Sono stato arrestato l'11 marzo 1946 alle ore 23 [...]. La Field Security Police mi ha inflitto trattamenti durissimi. Mi hanno trascinato fino a Heide, proprio nella caserma in cui otto mesi prima ero stato rilasciato dagli inglesi. È lì che si è svolto il mio primo interrogatorio, per il quale si usarono argomenti sorprendenti. Io non conosco il contenuto del verbale, sebbene l'abbia firmato. Tanto alcool e tanti colpi di frusta sono stati troppo, anche per me [...]. Qualche giorno dopo sono stato portato a Minden-am-Weser, centro principale d'interrogatorio della zona britannica. Là mi hanno trattato ancora peggio, per mano di un procuratore pubblico, di un comandante".
Fonte: Documento NO - 1210
Solo nel 1983 si è avuta la conferma delle torture inflitte a Rudolf Höss per ottenere le prove dei "2 milioni e mezzo" di ebrei da lui sterminati ad Auschwitz a partire dal 1943. Il libro è scritto da Ruppert Butler e porta il titolo di Legions of Death (Le legioni della morte), Hamlyn Paperbacks. Contiene la testimonianza di Bernard Clarke (che arrestò Höss dopo aver ottenuto da sua moglie, minacciata di morte insieme con i figli, l'indirizzo della cascina in cui si nascondeva e in cui fu catturato l'11 marzo 1946). Butler racconta che furono necessari tre giorni di torture per ottenere una "dichiarazione coerente" (quella che abbiamo appena citato, firmata il 14 marzo 1946 alle 2 e 30 del mattino). Dal momento del suo arresto Höss fu picchiato al punto che "alla fine l'ufficiale sanitario intervenne con insistenza presso il capitano: ditegli di fermarsi o riporterete un cadavere".
Bisogna notare che Butler e il suo interlocutore Clarke sembravano molto soddisfatti di queste torture.
La commissione d'inchiesta americana, composta dai giudici Van Roden e Simpson, inviata in Germania nel 1948 per svolgere un'inchiesta sulle irregolarità commesse dal tribunale militare americano di Dachau che aveva giudicato 1.500 prigionieri tedeschi, condannandone a morte 420 , stabilì che gli accusati erano stati sottoposti a torture fisiche e psicologiche di ogni tipo al fine di ottenere le "confessioni desiderate".
Così, su 137 dei 139 casi esaminati, i prigionieri tedeschi avevano ricevuto, nel corso degli interrogatori, dei calci nei testicoli che avevano lasciato loro danni irreversibili.
Fonte: Intervista al giudice Edward L.Van Roden rilasciata
alla rivista "The Progressive" del febbraio 1949
Il processo di Auschwitz La sorte del principale accusato, l'ultimo comandante di Auschwitz Richard Baer, che doveva morire prima dell'inizio del processo, è particolarmente degna di interesse. Egli fu arrestato nel dicembre 1960 nei dintorni di Amburgo, dove viveva facendo l'operaio forestale. Nel giugno 1963 morì in prigione in circostanze misteriose.
Secondo diverse fonti, che hanno per origine i resoconti della stampa francese, Baer, nel corso della detenzione preventiva, si era ostinatamente rifiutato di confermare l'esistenza di camere a gas nel settore posto un tempo sotto la sua responsabilità.
Fonte: Hermann Langbein, Der Auschwitz Prozess,
Europäische Verlagsanstalt, Francoforte, 1965Il rapporto d'autopsia dell'istituto medico-legale dell'Università di Francoforte stabilì: "l'ingestione di un veleno inodore e non corrosivo [...] non può essere esclusa".
L'avvocato di Norimberga, Eberhard Engelhardt, cita questo passaggio del rapporto d'autopsia in una lettera indirizzata alla procura di Francoforte il 12 novembre 1973 e afferma che Baer è stato avvelenato durante l'inchiesta.
Secondo esempio: il rapporto Gerstein, ufficiale della Waffen SS, così visibilmente aberrante che fu rifiutato come prova dal Tribunale militare di Norimberga il 30 gennaio 1946, ma fu utilizzato al processo Eichmann a Gerusalemme nel 1961.
Questa "testimonianza" faceva salire il numero delle vittime (indicato in 60.000 al giorno in tre campi: Belzec, Treblinka e Sobibor) a 25.000.000!
Fonte: Cote PS 1553
Inoltre si sono viste da 700 a 800 persone ammucchiate in piedi in uno spazio di 25 metri quadrati (più di 28 per metro quadrato!)
Roques redasse una tesi che dimostrava l'inconsistenza del "rapporto Gerstein", ottenendo la menzione "molto bene". Alain Decaux, nel "Matin de Paris" del 13 dicembre 1986, scrisse che "tutti i ricercatori avrebbero dovuto ormai tenere conto di questo lavoro", aggiungendo che il professor Roques era "l'uomo [...] meglio informato sull'affare Gerstein".
Si cercarono quindi dei motivi amministrativi contro di lui.
Dato che aveva preparato la sua tesi a Parigi, sotto la direzione del professor Rougeot e la discussione della tesi era stata trasferita a Nantes, sotto la direzione del professor Rivière, in modo perfettamente regolare, egli non aveva pagato la sua iscrizione alla facoltà di lettere di Nantes! Fu così che Henri Roques si vide ritirare il titolo di dottore.
Terzo esempio, per limitarci ai "testimoni" più celebri: Miklos Nyiszli, medico ungherese deportato che scrisse Médecin à Auschwitz (pubblicato, a partire dal 1953, da Jean Paul Sartre su "Les Temps Modernes" e ristampato da Tibere Kremer, Parigi, Juillard 1961).
Le camere a gas, ci dice Miklos Nyiszli, erano lunghe 200 metri e, come precisa il documento prodotto a Norimberga, avevano una superficie di 210, 400 o 580 m2, con larghezze rispettive di metri 1,05, 2 o 2,90.
Secondo Miklos Nyiszli riuscivano a starvi e a circolarvi facilmente 3.000 persone, nonostante il fatto che vi fossero della colonne al centro e dei banchi ai lati.
È significativo che l'Encyclopaedia Judaica (1971) e l'Encyclo-paedia of the Holocaust (1990) non menzionino neppure quest'opera, di cui attestano senza dubbio il discredito che l'accompagna dopo la critica effettuata da Paul Rassinier.
La prima affermazione di Nyiszli è che, quando arrivò al campo (alla fine del maggio 1944), gli stermini col gas erano in atto da 4 anni. Ora, il documento di Norimberga (NO 4.401) indica che gli ordinativi per i crematori furono inoltrati solo nel 1942 e il documento 4.463 che essi furono pronti solo il 20 febbraio 1943.
Nell'agosto 1960 l'Istituto di storia contemporanea (Institut für Zeitgeschichte) di Monaco comunicava alla stampa:
"Le camere a gas di Dachau non sono mai state terminate né messe in funzione [...]. Gli stermini in massa degli ebrei sono cominciati nel 1941-42 e solamente in alcune zone della Polonia occupata, all'interno di installazioni tecniche previste a questo scopo, ma in nessun caso in territorio tedesco".
Fonte: "Die Zeit", 19 agosto 1960
Altri esempi:
Sauckel (uno dei principali accusati). Seduta del 30 maggio 1946 del Tribunale di Norimberga:
"Confermo che la mia firma figura in quel documento. Chiedo al tribunale il permesso di spiegare come fu ottenuta.
"Il documento mi fu presentato nella sua forma finale. Chiesi il permesso di leggerlo e di studiarlo per decidere se dovevo sottoscriverlo. Ciò mi fu rifiutato... Poi un poliziotto polacco o russo entrò e chiese: "Dov'è il foglio di Sauckel? Prenderemo Sauckel con noi, ma la sua famiglia sarà portata in territorio sovietico". Io sono padre di 10 bambini e firmai, pensando alla mia famiglia".
* * * Tra le testimonianze dei criminali quella del generale Ohlendorf è particolarmente rivelatrice. Egli diresse dall'estate 1941 all'estate 1942 le Einsantzgruppen incaricate di giustiziare i commissari politici dei partigiani nella Russia meridionale. Al processo del Tribunale Militare Internazionale, nel quale furono giudicati i più alti responsabili del regime hitleriano, egli dichiarò che aveva ricevuto degli ordini orali per aggiungere alle sue funzioni quelle di sterminare gli ebrei utilizzando i camion attrezzati per dare la morte anche alle donne e ai bambini.
Fonti: Trial of the Major War Criminals, cit., IV, pp. 311-355,
e XXII, pp. 478-480, 491-494, 509-510 e 538La testimonianza del generale Ohlendorf al momento dei processi minori di Norimberga è del tutto diversa: inizialmente, egli ritrattò le sue dichiarazioni precedenti sull'ordine orale di sterminio degli ebrei, riconobbe di avere ucciso degli ebrei e degli zingari, ma nel quadro della lotta contro i partigiani e non secondo un piano specifico di sterminio. Confessò anche di avere ucciso 40.000 persone e non 90.000 come aveva detto prima.
Fonte: Trials of the Criminals, Washington, DC, 1950, IV, pp. 223-312
Agli storici critici non fu opposta alcuna refutazione, alcuna discussione scientifica che li contraddicesse: purtroppo, nel migliore dei casi, fu loro opposto il silenzio e, nel peggiore, la repressione.
Silenzio, per esempio, sull'opera di Paul Rassinier storico ed ex deportato a Buchenwald e a Dora, quando questo fondatore della storia critica dei crimini hitleriani pubblicò Le mensonge d'Ulysse, Le drame des juifs européens, Le véritable procès Eichmann.
Poi silenzio e persecuzioni varie, in America, per l'ingegner Leuchter, specializzato in gassazioni in alcuni penitenziari americani, che fece una perizia puramente tecnica sulle "camere a gas" di Auschwitz nel corso del già citato processo di Ernst Zündel a Toronto.
Repressione contro il professor Robert Faurisson, cacciato dalla sua cattedra all'università di Lione, citato in giudizio e infine vittima di un tentativo di omicidio in cui fu gravemente ferito, per aver messo in discussione l'esistenza delle "camere a gas".
Nel marzo 1978 assassinio dello storico francese François Duprat da parte di un commando, per aver pubblicato l'opuscolo di un australiano che metteva in dubbio la cifra di 6 milioni di morti.
Repressione contro Henri Roques, cui fu anche rifiutato il titolo di dottore nonostante avesse ottenuto la menzione "molto bene" per la sua tesi, poiché si impegnava in un esame critico del Rapporto Gerstein.
Repressione contro l'editore Pierre Guillaume, per la pubblicazione delle Annales d'histoire révisionniste. Egli è stato obbligato a rinunciare alla sua rivista ed è stato rovinato finanziariamente dalle multe e dalla distruzione delle vetrine della sua libreria.
Repressione in Germania contro il magistrato Wilhelm Stäglich, che aveva fatto un esame critico delle testimonianze e dell'arma del crimine nei campi e aveva rilevato un certo numero di controverità con Le mythe d'Auschwitz (Parigi, La Vieille Taupe, 1978). Lo stesso titolo di dottore in diritto gli fu ritirato, essendo basato sulla legge hitleriana del 7 giugno 1939 (Codice del Reich, 1, p. 1326).
Repressione in America contro lo storico Arthur Butz, che cercava di situare in una giusta prospettiva ciò che era reale e ciò che era mitologico con The Hoax of the Twentieth Century (Torrance, IHR, 1976). La vendita del libro fu vietata in vari paesi tra cui la Germania e il Canada.
In quest'ultimo paese, processo di Toronto contro Zündel, per la pubblicazione dell'opera di Richard Harwood Did six millions really die? (Richmond, HRP, 1974 Ne sono davvero morti sei milioni?), mentre la risposta, anche quella ufficiale, a questa domanda è diventata negativa come la sua.
Questi silenzi, queste persecuzioni, queste repressioni contro una storia critica dei crimini hitleriani poggiavano su pretesti assolutamente diffamatori e menzogneri: sottolineare che gli enormi crimini di Hitler nei confronti degli ebrei, come di tutti i suoi nemici, comunisti tedeschi o slavi che dovevano sconfiggerlo, non avevano bisogno di alcuna menzogna per mostrare la loro atrocità era, secondo gli avversari della storia critica (che essi chiamavano "revisionista") "scagionare Hitler o almeno attenuare i suoi crimini"!
Mostrare che le scelleratezze dei nazisti non si riducevano a un grande pogrom contro i soli ebrei, ma che avevano fatto decine di milioni di morti nella lotta contro il fascismo, significava fare del "razzismo" che incoraggiava la discriminazione e l'odio razziale!
È contro una simile orchestrazione d'odio verso i ricercatori critici che noi oggi compiliamo questo dossier, con la speranza che servirà ad avviare una vera discussione sulle realtà obiettive di questo passato, senza prestare il fianco a quanti facciano il processo alle intenzioni, senza condannare a priori alla repressione e al silenzio i ricercatori critici.
Non è possibile preparare l'avvenire perpetuando gli odi e alimentandoli con la menzogna.
La critica delle testimonianze storicamente verificate e degli studi scientifici, che permette di dare all'opinione pubblica la possibilità di riflettere sui crimini di ieri per prevenire quelli di domani, è un obbligo morale oltre che scientifico.
* * * Fino ad ora ci sono state propinate cifre arbitrarie e falsità anche da parte di artisti di grande talento e in perfetta buona fede.
Da tutto ciò scaturirono autentici capolavori, come il romanzo di Robert Merle La mort est mon métier, che ricostruiva, in prima persona, l'itinerario di Höss, comandante di Auschwitz. Anche quando cita le cifre arbitrarie del falso testimone, Robert Merle raggiunge a volte uno stile degno di Stendhal:
"Il procuratore esclamò: Voi avete ucciso tre milioni e mezzo di persone!
Io domandai la parola e dissi: Vi chiedo scusa, non ne ho uccisi che due milioni e mezzo!
Ci furono allora dei mormorii in sala. Io non avevo fatto altro che rettificare una cifra inesatta".
Fonte: Robert Merle, La mort est mon métier,
Parigi, Gallimard, 1952, pp. 365-366In campo cinematografico un film artistico, ammirevole e delicato di Alain Resnais, Nuit et brouillard, dà un'immagine straziante e indimenticabile della barbarie e del martirio, ma viene sfigurato e snaturato dall'evocazione della cifra arbitraria di 8 milioni di vittime ebraiche, per di più nella sola Auschwitz!
Ma ben presto tutta una letteratura e soprattutto un'ondata cine-matografica e televisiva furono consacrate a questa inversione di senso del crimine hitleriano.
Quante volte fu proiettata, dopo la Liberazione, mentre tutta una generazione poteva testimoniare e giudicare le azioni di coloro che avevano più efficacemente lottato contro i nazisti, La bataille de l'eau lourde, che ricorda l'impresa decisiva di Joliot-Curie e della sua équipe per sottrarre, in Norvegia, gli accantonamenti di acqua pesante che avrebbero permesso a Hitler di costruire e di utilizzare per primo la bomba atomica? Quante volte La bataille du rail, che mostra il sabotaggio dei trasporti tedeschi da parte dei ferrovieri per paralizzare i concentramenti di truppe? O Paris brûle-t-il?, che mostra, nonostante l'attribuzione di un ruolo esagerato agli stati maggiori alleati, la rivolta del popolo di Parigi per liberare la città e catturare il governatore tedesco Von Choltiz costringendolo alla capitolazione?
Al contrario, quante volte ci sono stati propinati Exodus, Olocausto, Shoah e tanti altre storie romanzate, le cui immagini lacrimevoli inondano ogni settimana i nostri schermi, come se la sofferenza "sacrificale" di qualcuno fosse senza rapporto con la sofferenza di tutti gli altri e con le loro lotte eroiche?
Shoah di Lanzmann ci affligge per nove ore con immagini pietrificanti, con le visioni di interminabili convogli ferroviari dal rumore ossessionante e con testimonianze come quelle del parrucchiere di Treblinka, che sistemava in uno spazio di 16 metri quadrati 60 donne e 16 parrucchieri!
Per questo Shoah business i committenti sono stati generosi. E primo fra tutti lo Stato d'Israele. Menahem Begin aveva fatto destinare a Shoah 850.000 dollari, considerandolo "un progetto d'interesse nazionale".
Fonti: "Agence télégraphique juive", 20 giugno 1986,
e "The jewish journal", New York, 27 giugno 1986, p. 3Una delle opere che più hanno contribuito alla manipolazione dell'opinione pubblica mondiale, il telefilm Olocausto, "è un crimine contro la verità storica. Il tema generale era che un avvenimento così massiccio come lo sterminio di 6 milioni di ebrei non aveva potuto passare inosservato all'insieme del popolo tedesco. Se quindi i tedeschi non ne erano venuti a conoscenza era perché non avevano voluto sapere e perciò erano colpevoli".
Fonte: "Libération", 7 marzo 1979
Ed ecco i frutti velenosi che questi "breviari dell'odio" producono.
"Tutti questi agenti del nemico devono essere espulsi dal territorio metropolitano: sono due anni che noi chiediamo la possibilità di farlo. Quello che ci serve è molto semplice e molto chiaro: l'autorizzazione e barche a sufficienza. Il problema rappresentato dal far affondare queste barche non dipenderebbe più, ahimè, dal consiglio municipale di Parigi".
Fonte: Bollettino municipale ufficiale di Parigi,
seduta del consiglio municipale del 27 ottobre 1962, p. 637Si trattava di una proposta meditata. Moscovitch l'avrebbe confermata il 15 gennaio 1963, in occasione di un processo per diffamazione da lui stesso intentato: "Ho effettivamente rimpianto che i nemici della Francia non siano stati sterminati... e lo rimpiango ancora!" ("Le Monde", 17 gennaio 1963).
Il romanzo ha partecipato a questa mistificazione.
David Rousset, dopo una prima opera degna e sobria, scritta subito dopo la sua uscita dal campo di Buchenwald (L'universe concentrationnaire, Parigi, Éd. de Minuit, 1946), ha espresso, in forma letteraria e sottile, con Les jours de notre mort (Parigi, La Jeune Parque), la maggior parte dei luoghi comuni che sono andati a formare la mole della letteratura concentrazionaria. Fino a Au nom de tous les miens di Martin Gray (red. Max Gallo, Parigi, Laffont, 1971), che utilizza i servizi di un grande scrittore francese per descrivere un campo in cui non aveva mai messo piede.
Dai falsi archivi del ministero degli ex combattenti "scoperti" da Serge Klarsfeld, fino ai falsi apocalittici di Élie Wiesel (premio Nobel), che ha anche visto, "visto in prima persona", delle "fiamme gigantesche" salire da una fossa all'aria aperta "dove venivano gettati dei bimbi" (fiamme mai avvistate dagli aerei americani che non smettevano di sorvolare il campo). In un crescendo dell'atroce e del delirante egli aggiunge: "Più tardi ho saputo da un testimone che per mesi e mesi il suolo non aveva smesso di tremare e che ogni tanto schizzavano fuori geyser di sangue" (si tratta di una "testimonianza" su Babiyar).
Fonte: Elie Wiesel, Paroles d'étranger, Parigi, Seuil, 1982, pp. 192 e 86
L'apoteosi di questa letteratura romanzesca è il Diario di Anna Frank, bestseller mondiale. Il romanzo, meravigliosamente commovente, si sostituisce alla realtà e il mito si traveste da storia.
Lo storico inglese David Irving, intervenendo al processo di Toronto il 25 e 26 aprile 1988 (33.9399-9400) fece questa dichiarazione riguardo al Diario di Anna Frank: "Il padre di Anna Frank, col quale mi sono tenuto in corrispondenza per diversi anni, ha finalmente deciso di dare la sua approvazione affinché si sottoponga il manoscritto del diario a un esame di laboratorio, cosa che ho sempre ritenuto necessaria quando vi siano contestazioni a proposito di un documento".
Il laboratorio incaricato di questa perizia fu quello della polizia criminale tedesca, a Wiesbaden. Esso concluse che una parte del Diario di Anna Frank era stata scritta con una penna a sfera (questo genere di penne non fu commercializzato che nel 1951, mentre Anna Frank morì nel 1945).
La dichiarazione di David Irving continua: "La mia personale conclusione sul Diario di Anna Frank è che esso è scritto in gran parte da una bambina ebrea di una decina d'anni. I testi sono stati raccolti da suo padre, Otto Frank, dopo la tragica morte per tifo della figlia in un campo di concentramento: suo padre e altre persone, che non conosco, hanno corretto questo diario per dargli una forma vendibile, che arricchisse allo stesso tempo sia il padre sia la Fondazione Anna Frank. Ma come documento storico l'opera non ha alcun valore, perché il suo contenuto è stato alterato".
Questo Shoah business non utilizza che le "testimonianze" sulle diverse maniere di "gassare" le vittime, senza che mai ci vengano mostrate le modalità di funzionamento di una sola "camera a gas" (di cui Leuchter ha dimostrato l'impossibilità fisica e chimica), né uno solo di quegli innumerevoli camion che sarebbero stati utilizzati come "camere a gas ambulanti" grazie alle emanazioni del gasolio. Né le tonnellate di cenere dei cadaveri, nascoste dopo la loro cremazione.
"Non esiste alcuna fotografia delle camere a gas e i cadaveri sono svaniti in fumo. Restano i testimoni".
Fonte: "Le Nouvel Observateur", 26 aprile 1985
Il costante leitmotiv di Claude Lanzmann è costruito in questo modo. Lo stesso autore ci dice: "Bisognava fare questo film con niente, senza documenti d'archivio, inventando tutto".
Fonte: "Libération", 25 aprile 1985, p. 22
L'arma del crimine Se ci si fosse posti dal punto di vista dello scopo di un processo criminale, sarebbe stato di importanza primaria ascoltare qualche esperto che si pronunciasse su svariate questioni, se non altro per farsi un'idea della credibilità dei numerosi testimoni così come di qualche "documento". Permetteteci di formulare qui alcune di queste domande:
Quanto tempo era necessario al gas Zyklon B per agire e come si manifestavano i suoi effetti?
Per quanto tempo il gas restava attivo in un locale chiuso (sia senza aerazione, sia con un'aerazione immediatamente consecutiva al suo utilizzo)?
Era possibile, come è stato affermato, entrare senza maschera protettiva nei locali impregnati di Zyklon B solo mezz'ora dopo l'uso di questo gas?
Era possibile bruciare completamente i cadaveri in 20 minuti dentro un forno crematorio?
I forni crematori potevano funzionare giorno e notte senza interruzione?
È possibile bruciare dei cadaveri umani dentro fosse profonde diversi metri e, in caso affermativo, in quanto tempo?
Fino ad ora non è stato presentato nessun "corpo del reato".
Daremo soltanto due esempi:
a) quello delle "camere a gas mobili" ottenute dai camion;
b) quello del sapone fatto col grasso umano (frottola utilizzata già durante la guerra del 1914-18, come d'altronde la "gassazione" è una versione riciclata delle "gassazioni" dei serbi da parte dei bulgari nel 1916).
Fonte: "The Daily Telegraph", Londra,
22 marzo 1916, p. 7, e 22 giugno 1946, p. 5La storia dello sterminio con vere e proprie "camere a gas mobili" costituite da camion, nei quali migliaia di persone sarebbero state uccise, grazie all'orientamento verso l'interno del tubo di scappamento, è stata diffusa tra l'opinione pubblica occidentale per la prima volta dal "New York Times" del 16 luglio 1943, p. 7 (prima di allora il tema era stato sviluppato solo sulla stampa sovietica).
Anche in questo caso l'arma del crimine (le centinaia o migliaia di camion attrezzati per questi omicidi) è scomparsa. Nemmeno uno solo di essi ha potuto essere prodotto in alcun processo come corpo del reato. Si può anche notare che, se il piano di "sterminio" doveva restare un "segreto" assoluto, come dice Höss, sarebbe strano che lo si fosse comunicato a migliaia di autisti e ai loro assistenti funebri i quali dovevano prendere in consegna le vittime (senza ordine di missione), facendone sparire magicamente i cadaveri e restando unici depositari del "terribile segreto".
Wiesenthal si è incaricato di promuovere la leggenda del "sapone umano" in alcuni articoli pubblicati nel 1946 su "Der Neue Weg", giornale della comunità ebraica austriaca. In un articolo intitolato RIF egli scriveva: "Le terribili parole "trasporto per sapone" si udirono per la prima volta alla fine del 1942. Fu nel Governatorato generale (della Polonia) e la fabbrica si trovava in Galizia, a Belzec. Dall'aprile 1942 al maggio 1943 900.000 ebrei furono utilizzati come materia prima in questa fabbrica".
Dopo la trasformazione dei cadaveri in diverse materie prime, continuava Wiesenthal, "il resto, lo scarto grasso residuo, veniva impiegato per la produzione di sapone. Dopo il 1942 le persone all'interno del Governatorato generale sapevano molto bene cosa significasse il sapone RJF. Il mondo civilizzato non può immaginare la gioia che questo sapone procurava ai nazisti del Governatorato generale e alle loro donne. In ogni pezzetto di sapone essi vedevano un ebreo che era stato messo là magicamente e al quale si era impedito di diventare un secondo Freud, Ehrlich o Einstein".
Il Memoriale di Yad Vashem risponde molto ufficialmente che i nazisti non hanno fabbricato sapone con i cadaveri degli ebrei. Durante la guerra la Germania aveva sofferto di una penuria di materie grasse e la produzione di sapone fu supervisionata dal governo: i pezzi di sapone furono segnati con le iniziali RIF che significavano "Ufficio del Reich per l'approvvigionamento di grassi". Alcuni lessero per errore RJF: "puro grasso ebraico". Il clamore si estese rapidamente.
* * * Esistono tre documenti che permetterebbero, se discussi seriamente e pubblicamente, di mettere fine alle polemiche sulle "camere a gas": sono il Rapporto Leuchter (5 aprile 1988), la contro-perizia di Cracovia del 24 settembre 1990 e quella di Vienna.
Lo Zyklon B, a base di acido cianidrico, è considerato il prodotto che avrebbe gassato migliaia di detenuti: da prima della Grande Guerra è stato normalmente impiegato per la disinfezione di biancheria o di strumenti atti a propagare epidemie, particolarmente quella del tifo. Cionondimeno l'acido cianidrico fu utilizzato per la prima volta in Arizona, nel 1920, per l'esecuzione di un condannato. Altri Stati americani come la California, il Maryland, il Mississippi, il Missouri, il Nevada, il Nuovo Messico e la Carolina del Nord lo utilizzarono per le esecuzioni.
Fonte: Rapporto Leuchter (9.004)
[trad. it.: Parma, All'insegna del Veltro, 1993]L'ingegner Leuchter è stato consulente nel Missouri, in California e nella Carolina del Nord. Oggi tali Stati hanno per lo più rinunciato al metodo a causa del costo eccessivo non solo dell'acido cianidrico, ma anche del materiale di fabbricazione e della manutenzione, che in ragione delle misure di sicurezza richieste dal suo uso, ne fa una delle più costose tecniche di esecuzione. Inoltre la ventilazione necessaria dopo la fumigazione con lo Zyklon B esige un minimo di 10 ore, secondo le dimensioni del fabbricato (6.005). L'impermeabilità della sala necessita di un rivestimento di epossido o di acciaio inossidabile e le porte devono essere dotate di giunture d'amianto, di neoprene o di teflon (7.001).
Dopo i sopralluoghi e le analisi del materiale prelevato dalle presunte "camere a gas" di Auschwitz-Birkenau e di altri campi dell'Est, le conclusioni sono le seguenti: "L'ispezione sul posto indica che, se queste costruzioni fossero state concepite allo scopo di servire come camere a gas, sarebbero state molto pericolose e mal fatte. Nulla vi era previsto" (12.001 a proposito dei crematori I e II di Auschwitz).
"Il Crematorio I è adiacente all'ospedale SS di Auschwitz ed è dotato di tubi di drenaggio che si gettano nella principale fognatura del campo, cosa che avrebbe permesso al gas di infiltrarsi in tutti i suoi edifici" (12.002). Quanto a Majdanek: "L'edificio non poteva essere utilizzato allo scopo che gli si attribuisce e non soddisfa nemmeno le necessità minime di una camera a gas".
Leuchter ha concluso che non era stata realizzata nessuna delle condizioni richieste per delle camere a gas omicide. Chiunque vi avesse lavorato avrebbe rischiato la propria vita e quella di tutti coloro che gli stavano intorno (32.9121). Non c'era alcun sistema di ventilazione né di distribuzione dell'aria, nessun sistema per aggiungere il materiale necessario allo Zyklon B (33.145).
"Dopo aver passato in rassegna tutta la documentazione e ispezionato tutti gli impianti di Auschwitz, Birkenau e Majdanek, l'autore delle perizie considera che le prove sono schiaccianti: in nessuno di questi posti ci sono state delle camere a gas per le esecuzioni".
Fonte: Rapporto di Fred Leuchter Jr, ingegnere capo,
depositato a Malden, Massachusetts, il 5 aprile 1988Al processo di Toronto l'avvocato Christie ha messo in evidenza quanto le testimonianze contrastassero con le reali possibilità chimiche e tecniche. Ed ecco tre esempi:
a) Rudolf Höss, in Commandant d'Auschwitz, cit., p. 198, scrive:
"La porta veniva aperta una mezz'ora dopo l'adduzione del gas e dopo che la ventilazione aveva rinnovato l'aria. Il lavoro di rimozione dei cadaveri cominciava subito".
"Si eseguiva questo compito con indifferenza, come se esso facesse parte di un lavoro quotidiano. Trascinando i cadaveri, gli uomini mangiavano o fumavano".
"Dunque non indossavano delle maschere?" domanda l'avvocato Christie (5-1123).
Non è possibile maneggiare dei cadaveri, che siano stati in contatto con lo Zyklon B, durante la mezzora seguente e ancora meno mangiare, bere o fumare. Sono necessarie almeno dieci ore di ventilazione perché non ci sia più pericolo.
b) L'avvocato Christie presentò il documento PS 1553 di Norimberga con molte fatture in appendice. Hilberg dovette ammettere che la quantità di Ziklon B inviata a Oranienburg era la stessa inviata ad Auschwitz nello stesso giorno.
Hilberg indica che Oranienburg era un campo di concentramento e un centro amministrativo dove, a sua conoscenza, "nessuno era stato gassato". I prelievi e la perizia di Leuchter mostrano anche come le tracce di acido cianidrico dello Zyklon B siano molto più rilevanti nei locali in cui si è certi che avvenisse la disinfezione, piuttosto che nelle presunte "camere a gas".
"Ci si sarebbe potuti aspettare la rivelazione di un tasso più elevato di cianuro nei campioni prelevati dalle prime camere a gas (a causa della maggiore quantità di gas utilizzato, secondo le fonti, in questi luoghi) che nel campione di controllo. Siccome è vero il contrario, bisogna concludere che queste installazioni non erano delle camere a gas per le esecuzioni".
Fonte: Rapporto Leuchter, cit., 14.006
Questa conclusione è confermata dalla contro-perizia effettuata dal-l'Istituto di analisi medico-legale di Cracovia tra il 20 febbraio e il 18 luglio 1990, i cui risultati sono stati comunicati al Museo con una lettera datata 24 settembre, nello stesso momento in cui veniva tolta la targa commemorativa dei "4 milioni".
Fonti: Relazione dell'Istituto, 720.90;
Relazione del Museo 1-8523/51/1860.89È vero che si mostra ai turisti, se non il funzionamento, almeno la ricostruzione, eseguita più o meno bene, delle "camere a gas" anche laddove, come a Dachau, è appurato che non hanno mai funzionato.
c) Leuchter ha esaminato i luoghi che, secondo le mappe ufficiali di Birkenau, erano stati usati come "fosse di cremazione" per sbarazzarsi dei cadaveri. La maggior parte della letteratura olocaustica le descrive come fosse di circa 6 piedi di profondità... Il fatto più notevole al riguardo è che il livello dell'acqua era a un piede o a un piede e mezzo di profondità dalla superficie: Leuchter ha sottolineato che sarebbe stato impossibile bruciare dei corpi sott'acqua. E non vi era alcun motivo di pensare che le cose fossero cambiate dopo la guerra dal momento che la letteratura sull'olocausto descrive i campi di Auschwitz e Birkenau come costruiti su una palude (32.9100-9101). Eppure, nell'esposizione, ci sono le foto di queste pretese "fosse di cremazione".
Per quanto concerne i crematori all'aria aperta, all'interno di "fosse di cremazione": "Birkenau è costruito su una palude, tutte le installazioni avevavo dell'acqua a circa 60 cm. dalla superficie. L'opinione dell'autore di questo rapporto è che a Birkenau non ci sono mai state fosse di cremazione" (14.008).
Una fonte preziosa per lo studio obiettivo a partire da documenti incontestabili del complesso di Auschwitz-Birkenau e in particolare delle sue famose cremazioni all'aria aperta, il cui fumo "oscurava tutto il cielo" secondo numerose testimonianze, sarebbero state le foto aeree scattate dall'aviazione statunitense e pubblicate dagli americani Dino A. Brugioni e Robert C. Poirier (The Holocaust revisited: A retrospective analysis of the Auschwitz Birkenau extermination complex. Washington, DC, CIA, febbraio 1979).
A dispetto del commento degli analisti della CIA, che si vuole ortodosso, su queste foto non si trova niente che corrisponda a quell'inferno di fuoco in cui le fiamme divoravano, come hanno osato dirci, fino a a 25.000 cadaveri al giorno tra il maggio e l'agosto 1944, soprattutto in seguito alla deportazione degli ebrei ungheresi. Le foto aeree (del 26 giugno e 25 agosto 1944) non rivelano la minima traccia di fumo. Né, d'altra parte, di concentrazione di folle o di qualche attività particolare.
L'album di Auschwitz, raccolta di 189 fotografie scattate anche nel campo di Birkenau nello stesso periodo, pubblicato con un'introduzione di Serge Klarsfeld e un commento di J.-C. Pressac, mostra 189 scene di vita concentrazionaria al momento dell'arrivo di un convoglio di deportati dall'Ungheria. Anche qui nulla, rigorosamente nulla, che attesti uno sterminio massiccio e sistematico.
Al contrario, le molteplici fotografie, che permettono una visione d'insieme del posto, non solo non evidenziano niente che confermi questo sterminio, ma escludono che esso abbia potuto avere luogo, contemporaneamente, in qualche parte "segreta" del campo. Mentre il commento di J.-C. Pressac, a causa delle estrapolazioni manifeste cui egli si lascia andare, rende visibile e palpabile il processo di fabbricazione.
Fonte: L'Album d'Auschwitz, Parigi, Seuil, 1983
Ma il canadese John C. Ball, specializzato nell'interpretazione di foto aeree, sembra aver riunito la maggior parte dei documenti fotografici originali e condotto con competenza un'analisi rigorosa. Le sue conclusioni sono in totale disaccordo con la storia ufficiale.
Fonte: Air Photo Evidence,
Ball Resource Service, 1992,Il complesso delle questioni tecniche è stato sollevato al momento del processo di Ernst Zündel a Toronto, nel quale le parti si sono potute esprimere completamente e liberamente. Il resoconto di questo processo è quindi una fonte eccezionale per ogni storico onesto, perché consente di venire a conoscenza delle tesi in presenza e di tutti gli elementi della controversia. Le dichiarazioni degli uni e degli altri sono tanto più preziose e significative, per il fatto che ognuno parlava sotto il controllo della critica immediata della parte avversa.
Un dettaglio che sembra di importanza decisiva: il 5 e 6 aprile 1988 Yvan Lagacé, direttore del crematorio di Calgary (Canada), di tipo molto simile a quelli di Birkenau costruiti nel 1943, poté esporre l'insieme dei problemi tecnici e di manutenzione di questa particolare muffola d'incinerazione. Egli parlò della necessità di una pausa di raffreddamento tra le cremazioni e il momento dell'introduzione di un corpo, in mancanza della quale si sarebbero danneggiati i rivestimenti ignifughi dei forni stessi.
Si chiese a Lagacé di esprimere il suo punto di vista su come Raul Hilberg nella Destruction des juifs européens (seconda edizione, p. 978) valuta il rendimento dei 46 forni nei 4 crematori di Birkenau.
Hilberg afferma: "Il rendimento teorico giornaliero dei 4 crematori di Birkenau era di più di 4.400 cadaveri, ma, con le interruzioni e i rallentamenti, praticamente il limite era inferiore".
Lagacé dichiarò che questa affermazione era "assurda" e "irreale". Pretendere che 46 forni potessero bruciare più di 4.400 corpi al giorno è grottesco. Basandosi sulla propria esperienza Lagacé affermò che a Birkenau era possibile cremare 184 corpi al giorno.
Fonte: 27- da 736 a 738
Non è certo un libro come quello di Pressac, Les crématoires d'Auschwitz. La machinerie du meurtre de masse (1993), che alle "camere a gas" consacra solo un capitolo di 20 pagine (su 147) senza citare nemmeno il Rapporto Leuchter, al quale ha dedicato nel 1990 (sempre finanziato dalla fondazione Klarsfeld) una "confutazione" rimasta senza alcuna eco, a poter controbilanciare le analisi di Leuchter.
Fin tanto che non avrà avuto luogo, tra specialisti di uguale competenza, un dibattito scientifico e pubblico sul rapporto dell'ingegner Leuchter, sulle controperizie di Cracovia e di Vienna che lo confermano e sull'insieme delle discussioni sulle "camere a gas", esisteranno il dubbio e lo scetticismo.
Finora i soli argomenti impiegati nei confronti di chi contesta la storia ufficiale sono stati il rifiuto della discussione, l'attentato, la censura e la repressione.
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Roger GARAUDY, I miti fondatori della politica israeliana, Graphos, 1996, Traduzione di Simonetta Littera e Corrado Basile.
Graphos, Campetto 4, 16123 Genova.